Bambini “in ostaggio”

“Chi uccide uno di noi uccide il futuro”, cita il Documento collettivo dei bambini dell’Istituto Manin. Lo stesso appello di solidarietà viene lanciato da tempo da Social News consapevole che le condizioni e i drammi che vivono i minori rapiti e le loro famiglie offendono anche ogni speranza evolutiva del genere umano

Per lo più le immagini che abbiamo dei bambini sono immagini serene e piuttosto stereotipate di piccoli che ci circondano d’affetto, giocano in schiere gioiose ai giardinetti e all’uscita dalla scuola; immagini che sono perfette soprattutto quando ci sorridono dagli spot televisivi o dai giornali illustrati. Esiste invece, purtroppo anche nel nostro paese, un’altra realtà, un’altra infanzia che non vediamo perché è stata sottratta agli affetti famigliari, alla scuola, ai giochi. è la realtà dei bambini scomparsi nell’ombra, di cui non si sa più nulla e nemmeno si osa immaginarne la fine di segregazione o di morte. “Chi uccide uno di noi uccide il futuro”, cita il Documento collettivo dei bambini dell’Istituto Manin, letto da Simona Wu il 17 ottobre 2004 a Montecitorio nell’ambito della Conferenza delle donne parlamentari per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza durante la quale si è parlato delle condizioni nelle quali vivono molti minori occultati, sfruttati, abusati in tutto il mondo. Sono i minori “in ostaggio”, fatti sparire, le cui fotografie compaiono nei siti web della polizia o nei disperati annunci dei familiari che per loro invocano il diritto alla vita in un ambiente che li protegga dal male e li faccia crescere sereni. Lo stesso appello di solidarietà viene lanciato da tempo da Social News consapevole che le condizioni e i drammi che vivono i minori rapiti e le loro famiglie offendono anche ogni speranza evolutiva del genere umano. Per questi minori, sospesi tra cielo e terra, lontani da ciò di cui ogni essere umano ha bisogno per poter crescere, si vuole, con questo numero tematico, testimoniare il forte impegno della rivista affinché la società possa ritrovare un briciolo di speranza.

La fonte più autorevole per comprendere l’incidenza delle segnalazioni di ricerca sul territorio nazionale, ancora senza esito positivo, è il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e in particolare la “Sezione Minori” che negli ultimi anni ha curato l’analisi del fenomeno sotto il profilo statistico, sociale e di polizia giudiziaria. I dati sono da brivido e raccontano di piccoli esseri, bambini ed adolescenti innocenti e pieni di vita, che improvvisamente scompaiono. I numeri sembrano raccontare una realtà lontana dalla quotidianità di ciascuno, quasi fosse il frutto di una fantasia perversa, la trama di un film da Oscar dell’orrore di serie B. Invece, ciascuna cifra testimonia una storia vera in cui agli affetti più cari, a tante madri e padri, è stato sottratto il figlio o la figlia. A fronte delle circa 3000 ricerche avviate in Italia ogni anno, i casi ancora senza esito sono troppi e nulla fa presagire una loro diminuzione nonostante la maggiore attenzione della comunità internazionale. In questa direzione dal 2002 l’Europa ha accolto l’idea di una giornata dedicata ai bambini scomparsi giunta dagli Stati Uniti che nel 1983 scelsero il 25 maggio per commemorare la scomparsa del piccolo Ethan Patz, rapito a New York proprio il 25 maggio del 1979 e mai ritrovato. Con questa iniziativa, affidata simbolicamente ad un fiore, il myosotis, il “non ti scordar di me”, si vuole non solo “incoraggiare i cittadini a pensare a tutti i bambini scomparsi e sfruttati a scopo sessuale in Europa e nel mondo” ma “soprattutto promuovere, accanto alla speranza ed alla solidarietà per chi non ha più notizie dei propri bambini, una conoscenza più vigile del problema” (dall’articolo del 26.05.2006 del vicepresidente della Comunità Europea Franco Frattini).

Sul piano internazionale un esempio concreto dell’ intenzione di segnalare l’entità e gravità della situazione ed accrescere le azioni di contrasto al problema dei minori scomparsi, è rappresentato dall’istituzione di un numero unico europeo, il 116000. Con l’ intento di accrescere gli aspetti di prevenzione, il sito italiano per la ricerca dei bambini scomparsi, attivato ufficialmente nel 2000 (www.bambiniscomparsi.it), contiene un’area dedicata ai “consigli utili” rivolti sia agli adulti che ai minori. Insieme ad indicazioni per modificare o migliorare i comportamenti familiari quotidiani, molti suggerimenti sono rivolti ad accrescere il legame adulto-minore all’interno della famiglia quale principale risorsa e protezione per il bambino. In chiave preventiva il genitore è invitato a partecipare attivamente alla co-costruzione della relazione con i propri figli attraverso un dialogo reciproco che valorizzi la discussione e motivi i No come i Sì dei comportamenti sociali propri e altrui. Il minore viene invitato a valorizzare il gruppo, a fare insieme ad amici o familiari le attività quotidiane e straordinarie. Il termine famiglia non è però circoscritto ai fratelli e genitori ma comprende la famiglia allargata, fatta di zii, nonni, cugini e anche amici stretti. Coloro che tentano di contrastare il fenomeno dei bambini scomparsi chiedono ai minori di confidarsi con gli adulti creando un ambiente relazionale favorevole, ben sapendo che ciò rappresenta la strada più efficace per prevenire la loro scomparsa e proteggere tempestivamente i più piccoli.

Tutto ciò in chiave preventiva, ma quando un proprio caro sparisce, qual è la via migliore per aiutare le famiglie colpite da un tale accadimento? Quando si sperimenta la morte di un adulto o bambino, il dolore può trovare una lenta accettazione, una rassegnazione aiutata dal trascorrere del tempo; ma quali sostegni si possono trovare se la perdita è incerta? Se il dolore deve essere “congelato” per mantenere viva la speranza di un ritrovamento ed allontanare la rassegnazione di un affetto mancante? L’incertezza, il dubbio di trovarsi di fronte ad una assenza temporanea o ad una perdita definitiva è paralizzante ed impedisce la scelta dei comportamenti e strategie soddisfacenti per la gestione dell’angoscia. Né continuare la propria vita come nulla fosse cambiato né affrontare il lutto può essere vissuto come la scelta migliore in grado di risolvere l’incertezza. La drammatica tradizione di alcuni paesi del sud america quali Cile e Argentina, nei quali la scomparsa di giovani fu pratica di stato, mostra come l’associazionismo delle famiglie colpite da una tale tragedia fu ed è una risorsa importante per costruire un senso dell’accaduto. è dimostrato, infatti, che l’appartenenza ad un gruppo lenisce il dramma dei singoli perchè viene vissuto attraverso l’esperienza di altri membri che condividono la tragedia attraverso la realizzazione di rituali e cerimonie utili per trovare un senso all’incerta perdita. Un esempio di condivisione dell’esperienza di separazione e di aiuto nell’elaborazione del lutto si coglie leggendo “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupèry. La sua opera da tempo offre un lenimento alle mogli degli aviatori dispersi attraverso i suoi numerosi riferimenti all’ambiguità della presenza e dell’assenza di chi scompare in volo come in effetti è capitato all’autore. Trasformare il dubbio della perdita in un’esperienza capace di rafforzare le risorse personali, di accettare l’instabilità e l’incertezza della condizione umana è un pellegrinaggio che può trovare sostegni nella religione, nell’arte, nelle relazioni sociali e familiari; certamente fragili appigli ma in grado tutti insieme di portare un po’ di chiarezza nella drammatica ambiguità di una scomparsa, di un bambino invisibile nella sua amorevole presenza.

Cristina Castelli
Professore ordinario di psicologia.
Direttore del CROSS (Centro Ricerca Orientamento Sviluppo
Scolastico-professionale). Università Cattolica Milano
Davide Scotti
Collaboratore dipartimento di psicologia Università Cattolica

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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