Cosa hanno in comune queste due distanti e unite parole? Che ritmi misteriosi scatenano?
L’amore accende la fiamma, il dolore l’alimenta nel cuore dell’uomo, ma entrambi sono capaci di un canto e di una rivolta dentro al nostro cuore. Credo che un’esistenza senza questi elementi sovrani sia un corpo senza cuore.
Amando si vede la spina di chi soffre e soffrendo si misura l’amore.
Ed è il dolore che ispira gli artisti, Beethoven sordo, Rubens atrofizzato nelle mani, Schuman che si vede impazzire, Leopardi gobbo, Byron zoppo, Verlain colpito da delirium tremens e via dicendo.
Ma il dolore è uno strappo al cuore che cerca l’accordo, con la musica, con la poesia, con la creatività.
Io posso parlare della musica che per me ha avuto più di ogni altra arte il potere magico di tradurre le cose inespresse, là dove la parola non arriva Franch e Schuman, Chopin e Bach, Wagner e Beethoven ci parlano dell’amore, del dolore e delle loro trasfigurazioni.
La musica trova accordi imprevisti tra i suoi ritmi più intimi e le sinfonie più accese. Io ho avuto la fortuna ed il dono di cantare le musiche di questi autori e mi sono accorta di provare ciò che loro volevano trasmettere scrivendo quelle meravigliose composizioni che non sempre venivano ispirate dalla serenità e gioia bensì dal dolore.
Franz Schubert scriveva ad un amico che le opere create dalla sua sofferenza erano quelle che rallegravano maggiormente la gente. Cosa dire di Bach che dopo aver perso tredici figli, divenuto ormai quasi cieco dettò un Corale di grande pace, e Ludwig van Beethoven sordo e malato senza amici e amore scriveva il sublime inno alla gioia della “Nona sinfonia”.
Che pensiero ti porta tutto questo?
Bisogna dunque avere sempre una luce accesa davanti ad ogni dolore? Credo di sì, quella luce è la speranza, è l’amore, accendiamola anche noi piccole e semplici persone per le nostre oscurità quotidiane e pensiamo che domani va sempre atteso con un sentimento di fiducia.
Loredana Cappellaro
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