Città assediata

«Ai posti di blocco sorridi. Perché il sorriso è l’inizio della pace», dice Anton, il secondo che incontriamo sulla nostra strada. Ma è difficile credere che possa bastare. A Trincomalee, la città assediata che raggiungiamo dopo aver attraversato una terra di nessuno popolata solo da soldati, formicai e bufali, con posti di blocco e fortini disseminati ovunque, c’è un clima da guerra civile. Nel day after dell’omicidio del leader locale delle Tigri tamil Kaushalyan, freddato assieme ad un ex parlamentare e ad altri 4 uomini a pochi chilometri da Batticaloa, vicino a dove si trova la Croce rossa italiana, esplode quasi una nuova intifada, con la gente che si sdraia per strada per protesta e prende a sassate i soldati (quasi 20mila catapultati a “Trinco” nel giro di poche ore) alla vigilia dello sciopero generale. Con Giorgia Eranio, volontaria genovese del Cesvi a Irrakkandy e con la svizzera Francine, aspettiamo che le acque si calmino, nel cortile del Medway hotel. «Il tuo miglior lasciapassare è la tua faccia bianca», ripete Anton. Ed ha ragione. Perché la sua faccia scura di tamil porta solo miseria e soprusi. La miseria che vediamo nel campo profughi separato solo da una sottile striscia d’acqua dall’albergo della nostra Protezione civile. Niente tende: qui 550 persone dormono sulla sabbia, sotto un telo. E nella tendopoli presidiata dai soldati dell’Ltte, dove vivono 320 famiglie, ci sono bambini di 9 mesi con tumori grandi come il loro braccio e piccoli tamil di 2 anni e mezzo con le pance come otri, invase dal fegato ingrossato. Il refugees camp leader Ahilan chiede cibo e medicine. E Guru Paran, della Tamil rehabilitation organizzation ci mostra le immagini della distruzione, che ha raso al suolo villaggi come Mullaitivu. I tamil stanno ricostruendo una trentina di case, ma solo sulla terra del tempio, perché il governo, dice la guida, non concede altri terreni.

Camilla De Mori

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