Quale riforma per la Sanità?

Antonio Irlando

Gli Italiani hanno a disposizione un portafoglio Sanità inferiore del 34% rispetto a quello dei cittadini dell’Europa. Su questo scenario si affaccia una serie di ipotesi e prospettive sulla possibile riorganizzazione sanitaria dei Paesi europei. Un’azienda farmaceutica multinazionale ha sponsorizzato uno studio dell’ ”Economist  Intelligence Unit” per delineare i possibili scenari dell’assistenza sanitaria in Europa nei prossimi anni.

La necessità di una riforma sanitaria è diventata improrogabile. Nel 2012, il premier Monti aveva lanciato l’allarme: “Se non si individueranno nuove modalità per servizi e prestazioni, la sostenibilità futura del nostro Sistema Sanitario potrebbe non essere garantita”. Subito dopo è arrivata la riforma Balduzzi. Avrebbe dovuto rivoluzionare la Sanità italiana: portare i medici di base ad associarsi con studi aperti tutto il giorno, riordinare l’attività intramoenia dei medici ospedalieri, rivedere i livelli essenziali di assistenza, riorganizzare, infine, gli standard ospedalieri. Il decreto Balduzzi è legge dal novembre scorso, ma non sono ancora effettivi oltre 20 decreti attuativi, sui quali Regioni e Governo si stanno dando battaglia. Le Regioni contestano i tagli e l’impianto stesso della riforma. Secondo dati recenti dell’Università Tor Vergata, gli Italiani hanno a disposizione un portafoglio Sanità inferiore del 34% rispetto a quello dei cittadini dell’Europa a 10. Su questo scenario caotico, e per certi versi inquietante, si affaccia una serie di ipotesi e prospettive sulla possibile riorganizzazione sanitaria dei Paesi europei. Un’azienda farmaceutica multinazionale ha sponsorizzato uno studio dell’”Economist Intelligence Unit” per delineare i possibili scenari dell’assistenza sanitaria in Europa nei prossimi anni. La prima possibilità, etichettata “Trionfo della Tecnologia”, prevede che il 20% del PIL europeo venga investito nel progresso tecnologico. La Sanità diventerà un investimento più che un costo e l’economia stessa spingerà il mondo dell’imprenditoria; le industrie farmaceutiche rappresenteranno il volano della crescita. Perseguendo questo modello, si è stimato che, nel 2030, si potranno curare molte malattie croniche legate all’età, mentre la diagnosi precoce compirà grandi progressi. La rete sanitaria informatica sarà in grado di monitorare costantemente la salute dei cittadini e di affiancare il medico curante nelle decisioni e nelle prescrizioni. Accordi tra industria e Governi volgeranno a favore del progresso tecnologico. I finanziamenti deriveranno da imposte e premi assicurativi più elevati, ma il costante aumento della produttività e la contribuzione di una vita lavorativa più lunga favoriranno la crescita; inoltre, l’attrazione dei mercati azionari e dei loro capitali verso l’industria sanitaria incentiverà gli investimenti privati riducendo quelli pubblici. A questa ipotesi si potrebbe obiettare che soluzioni high-tech non sono sempre sufficienti per risolvere problemi sanitari complessi e che l’industria, attratta da interessi economici, potrebbe privilegiare maggiormente la cura di patologie tipiche di Paesi ricchi a scapito di quelli poveri.
Una seconda ipotesi di riforma prevede l’istituzione di un Sistema Sanitario pan-europeo per razionalizzare i costi, uniformare i modelli di finanziamento ed equilibrare gli standard di assistenza. Il modello European Healthcare System, con sede a Bruxelles, ha il compito di creare dei Centri di Eccellenza, ognuno specializzato nella cura di specifiche patologie: i pazienti potranno recarsi presso i rispettivi centri di riferimento per ricevere cure mediche di alta qualità e poi accedere al controllo tramite sistemi di e-health on-line. Si dismetteranno, così, numerosi ospedali, con grande risparmio di risorse e successivo utilizzo della forza lavoro modificandone i compiti e le aree di interesse. I professionisti saranno incoraggiati a lavorare nei Centri di Eccellenza più rispondenti alle loro competenze. I finanziamenti di questo modello deriveranno da aumenti dei premi assicurativi a carico dei cittadini. La critica a questo scenario potrebbe essere che le decisioni politiche nei singoli Paesi risulterebbero sicuramente sgradevoli, che il ruolo dei medici di base diventerebbe fortemente secondario e che molti pazienti potrebbero continuare a preferire cure mediche erogate vicino alla propria abitazione.
Altro ipotetico scenario è quello del “Wellness”, la massima attenzione dei Paesi europei alle cure per tutelare il benessere psico-fisico dei cittadini. Si ambirà alla riduzione delle patologie collegate a comportamenti salutisticamente scorretti ed all’innalzamento della produttività lavorativa. Già con la riforma sanitaria del 2014 si potrebbe privilegiare la prevenzione delle malattie cardiovascolari, respiratorie e del diabete; si darebbe priorità assoluta alle campagne vaccinali, alle cure per gestanti e neo-mamme, ai programmi nutrizionali, alla costruzione di strutture sportive ed abitative a massima efficienza e sicurezza ed all’abbattimento dell’inquinamento. Gli alimenti ricchi di grassi, zuccheri e sale e gli alcolici verranno pesantemente tassati. Programmi benessere realizzati su larga scala forniranno a tutti un supporto per l’adozione di stili di vita salutari. Le previsioni indicano che il costo sostenuto nel 2008 dalla UE per la cura delle malattie cardiovascolari, circa 192 miliardi di dollari USA, nel 2030 risulterà dimezzato; si ridurrà, inoltre, significativamente, la frequenza di obesità, ipertensione arteriosa, elevazione del colesterolo. L’età pensionabile si eleverà da 70 a 72 anni. I finanziamenti del sistema avverranno in forma tradizionale (fiscalità e/o assicurazione), ma la tassazione dei prodotti alimentari potenzialmente dannosi sarà addebitata direttamente al servizio sanitario; i cittadini in buona salute saranno premiati con riduzione delle imposte e dei premi assicurativi. Qui le critiche derivano dalla probabile lentezza nel raggiungimento degli obiettivi e dal fatto che il sistema sarebbe troppo dipendente dalla cooperazione attiva dei cittadini.
Un altro quadro di riforma sanitaria possibile prevede l’investimento di gran parte delle risorse per la salvaguardia dei gruppi più vulnerabili della società, ovvero anziani, poveri, persone con disturbi mentali, minoranze etniche, coinvolgendo anche interi Paesi dell’Est con basse aspettative di vita. Il progetto parte dalla legge europea per il supporto alla vulnerabilità (EASV), naturale proseguimento del programma “Determine 2007-2010” finanziato dalla UE. Si è stimato che le disparità esistenti tra i 25 Stati membri, determinate da basso reddito, disoccupazione, basso livello di istruzione, ambiente degradato, riducano l’aspettativa di vita sana di circa 5,1 anni. Per i gruppi vulnerabili, le cure mediche rientreranno in uno spettro più ampio di servizi, tra i quali l’assistenza a domicilio e la promozione dell’integrazione sociale. I benefici saranno minori per i soggetti non identificati come vulnerabili i quali, oltretutto, dovranno stipulare assicurazioni private. Le criticità del sistema dipendono dal rischio di discriminare interi settori della popolazione, mentre ci si potrebbe imbattere nel rifiuto dei medici di curare solo individui selezionati.
Da ultima, la riforma che prevede la privatizzazione completa: la Sanità sarà finanziata dall’assicurazione privata, in maniera simile al Medicaid statunitense. Dal 2030 il settore privato subentrerà totalmente nel finanziamento, nella gestione e nell’erogazione delle cure sanitarie. Tutti i Paesi europei si affideranno a provider privati, mentre solo una piccola parte dell’organizzazione sanitaria resterà a carico dello Stato, per sostenere le fasce più povere della popolazione. I Governi si occuperanno, soprattutto, di migliorare i livelli di istruzione sanitaria dei cittadini. Si renderà obbligatoria l’assicurazione sanitaria per tutti, anche per i soggetti portatori di patologie croniche e rischi elevati, in genere esclusi da queste polizze. Le compagnie assicurative, inizialmente frammentate, andranno incontro a fusioni ed acquisizioni, tanto che si prevede che, dal 2030, l’80% delle risorse sarà gestito solo da 5 grandi imprese. Queste compagnie investiranno i loro capitali nell’acquisto di ospedali e provider di cure. In questo sistema, la criticità potrebbe dipendere dal fatto che i giovani e le persone sane, per risparmiare denaro, sarebbero tentate di sfuggire all’obbligo dell’assicurazione privata, ci sarebbe il rischio di ridurre l’innovazione nei settori medici tradizionali e potrebbero verificarsi difficoltà ad affrontare eventuali pandemie.
In conclusione, il lavoro dell’Economist ci propone scenari futuri in apparenza lontani dalla nostra realtà. È molto probabile, però, che proprio uno di questi permetterà alla nostra salute di non soccombere sotto il peso della crisi e dei tagli alla spesa.

Antonio Irlando
Dirigente medico Ass4 Medio Friuli

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