Nuove terapie per l’ALD X-linked

L’adrenoleucodistrofia X-linked (ALD) è la più frequente malattia demielinizzante ad ereditarietà monogenica ed il più frequente tra i difetti del metabolismo perossisomiale che si conosca. La sua incidenza totale (emizigoti ed eterozigoti) è stimata intorno a 1/16.800/anno nella popolazione generale, con una incidenza di emizigoti di 1/42.000 considerando l’intera popolazione e di 1/20.000 maschi.

Introduzione
La malattia si manifesta con diversi fenotipi clinici, senza nessuna correlazione tra genotipo e fenotipo, per cui nella stessa famiglia possono esserci soggetti con espressione più o meno grave della patologia. La classificazione clinica attuale comprende sei fenotipi, distinti in base all’età di esordio ed alla gravità clinica:
1) ALD cerebrale infantile (31-35%): rappresenta il fenotipo clinico più grave. I bambini affetti esordiscono tra i 2 ed i 10 anni di età, con insufficienza surrenalica e deterioramento neurologico rapidamente progressivo. I sintomi iniziali sono spesso labilità emotiva, calo del rendimento scolastico, disturbi uditivi e visivi, in 2-4 anni il bambino arriva allo stato vegetativo.
2) ALD adolescenziale e dell’adulto (6-12%): i sintomi esordisco tra gli 11 ed i 21 anni, con le stesse caratteristiche della forma infantile, ma un decorso in genere più lento.
3) Adrenomieloneuropatia (AMN): (40-46% AMN pura – 20-23% AMN con coinvolgimento cerebrale): esordisce tra la seconda e la quarta decade di vita, con sintomi prevalenti a carico del midollo spinale, (paraparesi spastica, alterata sensibilità vibratoria, disturbi sfinteriali, impotenza). Nei due terzi dei casi è presente iposurrenalismo, nella metà disturbi anche a carico del sistema nervoso centrale.
4) Fenotipo Addison only (10-20%): la sua frequenza diminuisce con il progredire dell’età, questi pazienti manifestano infatti di solito iposurrenalismo isolato durante l’età infantile, ma in età adulta si sviluppa AMN in una elevata percentuale di casi.
5) Soggetti emizigoti asintomatici: maschi geneticamente affetti, ma privi di sintomatologia neurologica e di iposurrenalismo. La frequenza diminuisce con l’età, ma sono descritti soggetti asintomatici anche nella sesta decade di vita.
6) Fenotipo clinico nelle femmine eterozigoti: circa il 50% delle donne eterozigoti per ALD presentano, in genere a partire dalla quarta decade di vita, un coinvolgimento neurologico, molto simile all’AMN, ma con manifestazioni più modeste e progressione più lenta.
Il difetto genetico responsabile è stato identificato nella mutazione del gene ABCD1 (ATP Binding Cassette Transporter subfamily D member 1 gene) che codifica per una proteina perossisomiale transmembrana, detta ALDP. La malattia è caratterizzata da un abnorme accumulo a livello del plasma, del surrene, delle gonadi e del sistema nervoso, di acidi grassi a catena molto lunga (very long chain fatty acids: VLCFA), dovuto ad un difetto della beta ossidazione perossisomiale. L’accumulo di VLCFA nel cervello provoca una progressiva demielinizzazione della sostanza bianca del sistema nervoso centrale. L’ALD cerebrale infantile rappresenta la percentuale più elevata delle forme di ALD che esordisce in bambini di 5-8 anni e che progredisce in uno stato vegetativo e decesso nel giro di circa 2-3 anni.
Strategie terapeutiche innovative

Trapianto di cellule staminali
Il trapianto allogenico di cellule staminali (HCT) in una fase precoce si è dimostrato l’unico approccio terapeutico in grado di arrestare o far regredire le lesioni di demielinizzazione cerebrale per questa grave e prevalente forma della malattia ALD. Tuttavia tale approccio terapeutico non si è dimostrato scevro da morbilità e mortalità ed i pazienti senza un donatore compatibile non possono avvantaggiarsi di questa terapia. Per questa ragione è in corso di sviluppo avanzato da parte del gruppo diretto dal ricercatore Patrick Aubourg, dell’Unità INSERM 745 di Parigi in Francia, una terapia genica che consiste nel trapianto di cellule staminali autologhe (quindi del paziente steasso) CD34+ geneticamente corrette ex vivo con un lentivirus, in grado di trasdurre il gene esente da mutazioni in cellule staminali che non di dividono come sono le cellule staminali ematopoietiche (HSCs).

Riduzione degli acidi grassi a catena molto lunga nel cervello
La terapia con olio di Lorenzo (Lorenzo’s oil: LO) è stato per anni l’unico trattamento disponibile per i pazienti con ALD dimostrandosi solo parzialmente efficace nel tentativo di abbassare i VLCFA nel sangue e nel cervello, particolarmente per quelli con la forma grave ad esordio tardo-giovanile della malattia. Esso è stato ampiamente utilizzato sia nel trattamento dei maschi emizigoti affetti dalle forme più gravi, sia nelle femmine eterozigoti sintomatiche. L’olio è costituito da una miscela di glicerolo trioleato e glicerolo trierucato in rapporto 4:1. La miscela riduce i livelli circolanti di VLCFA inibendo competitivamente l’elongasi che forma i VLCFA, il cui accumulo è riconosciuto come causa di ALD. Va però considerato che l’acido erucico (contenuto nel glicerolo triurecato) passa con difficoltà la barriera emato-encefalica, lasciando aperto il dubbio sulla sua reale efficacia a livello del sistema nervoso centrale. Il gruppo diretto dall’endocrinologo Dr. Marco Cappa dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma ha messo a punto ed iniziato a studiare pazienti con altro acido grasso in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e potenziare la beta ossidazione perossisomiale dimostrando un’azione sinergica con l’LO. Oltre all’accumulo di VLCFA, il blocco della beta ossidazione perossisomiale, presente nell’ALD, conduce ad un ridotto catabolismo degli eicosanoidi ad azione proinfiammatoria e dei prodotti tossici delle perossidazione lipidica. Questo acido grasso agirebbe come molecola antinfiammatoria ed antiossidante, mediante l’incremento della beta ossidazione perossisomiale. Esso sarebbe in grado di accelerare il catabolismo degli eicosanoidi e dei prodotti dello stress ossidativo. La rapida incorporazione di questo acido grasso a livello dell’encefalo garantirebbe la sua attività a livello del sistema nervoso centrale

Enrico Bertini
Responsabile del laboratorio dell’Unità di Medicina Molecolare. Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma
Membro comitato scientifico Comitato Italiano Progetto Mielina
Marco Cappa
Primario dell’Unità operativa complessa Endocrinologia e Diabetologia
presso Ospedale Pedriatico Bambino Gesù di Roma

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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