India e Pakistan, due Stati nucleari di nuovo in un sanguinoso conflitto al confine nel conteso Kashmir

Il Presidente russo Vladimir Putin la chiamò “operazione militare” quella attuata in Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022. Anche il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu l’ha definita così quella scagliata contro i palestinesi di Hamas nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023; oggi addirittura le ha dato il nome di operazione “I carri di Gedeone”, con la quale – riprendendo la storia della Bibbia – incita ancor di più a liberare il popolo ebreo e la Striscia di Gaza dai vicini mussulmani sunniti.

Anche la risposta del Primo Ministro indiano Narendra Modi all’attentato del 22 aprile 2025 nel Kashmir indiano assume questa denominazione: “Operazione Sindoor” (o sindur), in riferimento alla polvere rosso vermiglio che le donne hindu si mettono lungo la scriminatura dei capelli per indicare che sono sposate.

Non la chiamano ‘guerra’. La chiamano ‘operazione’, reazione militare. E questo di oggi è un terribile scontro tra i due Paesi vicini – India e Pakistan – entrambi dotati di armi nucleari, e per di più non aderenti al Trattato di Non Proliferazione nucleare. 

Il Kashmir – regione contesa tra hindu indiani e musulmani pachistani da oltre 70 anni, sin dalla partizione dell’India britannica nel ‘47 – è a maggioranza musulmana. I ribelli pachistani del Fronte di Resistenza (Resistance Front, TRF) – affiliati al gruppo armato estremista islamista pachistano “Lashkar-e-Taiba” (LeT), frangia di Al-Qaeda, che vuole l’indipendenza o l’unione con il Pakistan – due settimane fa hanno attaccato diversi turisti a Pahalgam, una città del Kashmir controllata dall’India, uccidendone 26 – tutti maschi, quasi tutti indiani hindu – e ferendone tanti altri. Seppur il Pakistan abbia negato il coinvolgimento, le tensioni non si sono affievolite, anzi. Il governo nazionalista hindu di Nuova Delhi oggi ha reagito, sganciando missili contro la parte del Kashmir amministrato dal Pakistan, uccidendo anche civili e bambini. A sua volta, il governo di Islamabad ha risposto colpendo obiettivi indiani lungo la Linea di Controllo – che divide il Kashmir sotto controllo dell’India dal Kashmir sotto controllo del Pakistan. 

I media indiani hanno dichiarato che “April 22 is to India what Oct 7 was to Israel” (il 22 Aprile è per l’India quello che il 7 ottobre è stato per Israele) e pullula sui social l’hashtag #WeWantRvenge (noi vogliamo vendetta). 

In seguito al massacro in Kashmir del 22 aprile, gli hindu hanno protestato per le strade sostenendo che “the killing of innocent people is always wrong” (l’uccisione di persone innocenti è sempre sbagliato). Lo stesso ora dovrebbe valere con questa nuova “operazione”. Si poteva non reagire? L’intensificazione della violenza era da aspettarsela? C’è il rischio di un’escalation nucleare? È l’ennesimo evento di una violenza che sempre più si diffonde. Una cosa Trump l’ha detta giusta: speriamo che finisca molto presto. 

Lucia Valentini

Lucia Valentini è giornalista pubblicista. È laureata in Comunicazione giornalistica, pubblica e d’impresa (laurea magistrale), Comunicazione e Giornalismo (master) e Scienze Internazionali e Diplomatiche (laurea triennale). Scrive in merito a questioni geo-sociali dei PVS e del Medio Oriente. Si interessa delle religioni e delle criticità dei paesi in guerra. 

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