Talamo e coscienza di essere sé stessi

Un pezzo del cervello presente in tutti i vertebrati e sviluppato nell’uomo

Da La Ragione

La coscienza è la capacità della mente di acquisire consapevolezza della realtà. È ciò che ci permette di interpretare gli stimoli sensoriali, formulare pensieri e prendere decisioni. Non è prerogativa dell’uomo – con diverse specificità è presente in ogni animale, dagli insetti ai primati – ma è proprio nell’homo sapiens che si è maggiormente sviluppata. L’area del cervello identificata come determinante per lo stato di coscienza è il talamo: una struttura situata nella parte centrale del cervello ‘primitivo’ presente in ogni vertebrato, perfino nei rettili. Questa funge da stazione di smistamento per tutti i flussi neurologici che attraversano il sistema nervoso centrale: informazioni motorie, sensoriali e cognitive. Regola il ritmo sonnoveglia, filtra e modula le informazioni in modo che solo quelle più rilevanti siano trasmesse alla corteccia cerebrale per l’elaborazione finale. Per questo motivo le ricerche sullo stato di coscienza si sono concentrate nello studio delle connessioni fra il talamo e una zona corticale determinante per il processo decisionale e le funzioni esecutive: la corteccia prefrontale. In questa zona vengono regolate l’attenzione, le risposte emotive, il comportamento etico e sociale.

Il primo lavoro sull’argomento è quello di Karl Fri-ston sugli stati alterati di coscienza indotti dalla psilocibina, pubblicato nel 2009 su “Frontiers in Psychology”. Questo studio evidenzia una diminuzione dell’attività del talamo durante l’assunzione di sostanze psichedeliche. Nel 2019 uno studio pubblicato sulla rivista “Science” ha evidenziato come la stimolazione del talamo potesse risvegliare soggetti in stato di coma. Venne utilizzata la stimolazione cerebrale profonda (Dbs) per attivare specifiche aree talamiche, riuscendo in questi pazienti a ripristinare parzialmente lo stato di coscienza. 

Un’ulteriore ricerca dell’Università del Michigan, pubblicata il 9 settembre scorso sulla rivista “Nature Communications” suggerisce che la coscienza potrebbe dipendere dall’attività del talamo. Nello studio è stato approfondito l’effetto di un forte anestetico che induce la perdita di coscienza: il propofol. I ricercatori hanno così scoperto che durante la sedazione profonda si verifica una drastica riduzione dell’attività delle cellule della matrice, una particolare zona del talamo adibita a inviare le informazioni sensoriali alla corteccia prefrontale. Questi risultati suggeriscono che durante il trattamento farmacologico la ricezione e la presa in carico degli input neurologici permane ma che questi non vengono più integrati, rielaborati e trasmessi. L’anestesia così indotta impedisce che il flusso nervoso prosegua dal talamo alla corteccia. Sulla base di queste scoperte potranno essere sviluppate nuove terapie per il trattamento del coma o degli stati vegetativi ma anche di patologie neurologiche come l’epilessia, dove l’interruzione del flusso sensoriale può portare a stati di coscienza parzialmente o completamente alterati.

Ma il concetto di coscienza è studiato anche in campi non biologici. Un nuovo modello computazionale suggerisce che la coscienza artificiale è una tappa naturale nell’evoluzione tecnologica. Lenore e Manuel Blum, due luminari del settore, hanno in questi giorni presentato su ArXiv – l’archivio di bozze scientifiche definitive (pre-prints) – un modello matematico che evidenzia come questa non si limita a elaborare dati, ma simula processi che assomigliano sorprendentemente alla coscienza umana. Attenzione, consapevolezza, perfino una sorta di ‘sensazione’ interna: tutte caratteristiche che fino a ora sono state considerate esclusivamente umane. Non sappiamo come tutto questo possa evolvere concretamente ma di certo lo studio sulla coscienza ci riserverà sempre più interessanti motivi di ‘riflessione’.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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