L’importanza di farsi pagare nella società di oggi

Educare al pagamento non è forse una questione di civiltà?

Foto di Bruno /Germany da Pixabay

Siamo cercatori di senso o lavoratori?

La necessità di trovare un lavoro è fisiologica – è la dignità e la sopravvivenza dell’uomo. Eppure trovo alquanto diffusa una tendenza a non pagare. A cercare di non pagare.
Non parliamo dei casi limite di truffa o di disperazione, però quante volte c’è stata la tentazione di non resistituire l’eccesso dato per errore in un resto?

Oppure perché spesso si giustifica con “formazione” il mancato compenso di un lavoro o si ritiene che determinati compiti, per quanto necessari, non siano degni di retribuzione- che si facciano da soli allora.
E’ l’età giovane del lavoratore? E’ furbizia? E’ cupidigia?

Non si capisce – quel che sembra certo è la verticalizzazione sul denaro. Avere soldi è lo scopo, eppure i soldi sono solo un mezzo.
Un mezzo fondamentale alla sopravvivenza, fondamentalmente al lavoro.
Ma un mezzo.
Non c’è nulla di male a volere diventare ricco. Purché sia conseguenza di un onesto impegno. Purché ci sia uno scopo.
Il gusto del denaro è quello della carta, del metallo. Poco igienico, ma i gusti sono gusti, eppure qua mi sembra eccessivo.

Manca un’educazione al pagamento. Il lavoro deve essere retribuito. Bisognerebbe istruire le persone che l’atto di pagamento perlomeno compensa il tempo che l’altro dedica al vostro bisogno.
E il tempo è l’unico bene intagibile non guadagnabile. Si è sempre in perdita. E prima o poi si fallisce.
Tuttavia, anche gli esercenti dovrebbero essere a loro agio a farsi pagare, soprattutto con amici e familiari. Non è questione di avidità. E’ questione di correttezza. Il lavoro si paga. Un favore, due, vanno. Ma poi approfittarsene è un passo facile. Ovviamente farsi pagare senza gli eccessi.

Ci vuole educazione per entrambe le parti. Se proprio volessimo andare in profondità, ci sono diversi aspetti da non sottovalutare.

Pochi ci pensano, ma pagare è didattico. E’ didattico per chi lavora. Il pagamento è una buona metrica della qualità del servizio. Se io sono disposto di buon grado a pagarti, significa che io ritengo tu sia bravo, che tu stia lavorando bene. “Te lo meriti” – è una logica comune alle donazioni. Più ti pago, più quantifico e dò metaforicamente valore a quanto io ritengo tu sia bravo. Il lavoratore ha modo di capire dove deve migliorare, dove sta andando bene. Ha un incentivo.
La didattica del pagare è una questione di merito.

Se c’è didattica per chi lavora, c’è pedagogia per il cliente. La lezione è semplice: è giusto pagare per un buon servizio. L’atto di pagare è gesto di rispetto per il tempo investito dal lavoratore. Siamo abituati che il cliente, se ha modo, o cerca sconti, oppure addirittura non paga. Non è cattivo, si spera. Non è educato al fatto che il pagamento è riconoscere la qualità del lavoro. Sforzarsi per pagare il giusto corrispettivo è il giusto esercizio di crescita personale per una corretta educazione economica-lavorativa.
La pedagogia del pagare è una questione di rispetto.

C’è poca cultura imprenditoriale, eppure fa parte dell’uomo senza se senza ma. Impresa vuol dire investire, vuol dire sviluppo. Se il lavoro non viene pagato, come può il professionista migliorarsi? Come può l’industria modernizzarsi? La base dell’investimento è la liquidità. Il pagamento è un atto di fiducia. Fai un buon lavoro, continua a farlo e migliorati. L’economia è un sistema dinamico, c’è poco da raccontarsi.
L’imprenditorialità del pagare è questione di sviluppo, di investimento.

Ultima per provocazione, ma di fatto se non vi fosse, non avrebbe senso parlarne: la sopravvivenza. Non c’è banalità: il pane si paga con il denaro. Anzi.
Il mecenatismo non ha mica a che fare solo con l’arte.
Si tratta dell’idea di consentire al professionista di non preoccuparsi del proprio sostentamento, ma di poter rendere efficiente la propria tecnica.
Tutti vorrebbero poter vivere della propria arte. Se qualcuno ha talento, perché non sostenerlo nella sua scelta?
Il sostentamento del pagare è questione di stabilità. E’ banale, ma a volte la banalità difficilmente si comprende.

La civiltà comincia ove le persone affrontano i propri problemi con l’aiuto dei propri simili. Le persone sono già sole, così non vengono lasciate a se stesse.
Educare al pagamento non è forse una questione di civiltà?

Rosario Pullano

Rosario Pullano è studente del Politecnico di Torino, dove frequenta il corso di laurea magistrale Physics of complex systems, percorso internazionale interateneo tra icpt, sissa e alcune università di Parigi. Nasce a Catanzaro l’8 febbraio 1997. All’età di 5 anni si trasferisce con la famiglia a Trieste. Si forma presso il Liceo Classico “Dante Alighieri” e, successivamente, studia all’università “La Sapienza” di Roma, dove consegue la laurea triennale in fisica. Si trasferisce a Bologna un anno, dove completa il corso di alta formazione in finanza matematica. Il 21 novembre 2016 è tra i vincitori nella categoria “Giovani Promesse” nella Sezione Poesia singola del “Concorso letterario internazionale Michelangelo Buonarroti”. Pubblica la raccolta di poesie “Memorie del futuro: sentimenti” nel 2019 con la casa editrice EuropaEdizioni. Ad oggi, continua a scrivere in ambito creativo e in ambito giornalistico e segue le sue ispirazioni imprenditoriali occupandosi di progetti di start up relativi al mondo dell'innovazione dei servizi digitali. 

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