LA FORZA DELL’IMPERFEZIONE

La Natura offre nelle sue infinite manifestazioni la potenzialità della perfezione, di un'armonia che ci restituisce l'idea di un Assoluto riconducibile ad una volontà divina o un misterioso disegno cosmico che da un Caos primordiale fece sorgere tutte le cose visibili ed invisibili.

In questo arcano disegno di apparente compiutezza si colloca anche l’uomo che opera nell’esistenza terrena con il pensiero, il sentimento e quella volontà che gli fa intraprendere imprese, realizzare progetti, opere, aspirazioni conformi al suo talento e alle innate capacità.

In Natura vi sono proporzioni,  espressioni matematiche, strutture geometriche complesse, nulla sembra lasciato al caso e tutto pare avere un senso, una direzione. Ma l’ente umano, nella pienezza della sua Coscienza, ben presto si accorge che la sua opera può essere fallace perché quella Natura stessa  da cui deriva può generare errori sia in eccesso che per difetto, e persino causare disarmonie e distruzioni.

La realtà terrena in cui si specchia la Coscienza risulta essere così imperfetta, peritura e destinata ad un’ineluttabile trasformazione. In questo contesto non fa eccezione l’opera d’arte, ovvero il prodotto della creatività umana che sorge dalla congiunzione di Mente e Cuore e si traduce in un qualcosa di tangibile che sfiderà il tempo nel divenire.

Rodolfo Lepre, artista e architetto della materia, dopo un percorso dettato da uno studio rigoroso sulla verità dei simboli e dei tracciati geometrici di sintesi su superfici polimateriche (composte da sabbie, colle, stucchi e malte), in questa seconda fase della sua indagine manifesta l’istinto liberatorio del colore con interventi in rilievo che nuovamente suscitano interrogativi e sollecitano risposte. In questa apparente semplificazione del suo linguaggio, in precedenza molto più marcato e con riferimenti più eloquenti, Lepre scompagina la conclamata razionalità per affermare una condizione interiore che definiremmo ‘umana, troppo umana’, caratterizzata dal dubbio che la Ragione pone nei confronti dei dogmi precostituiti, delle convinzioni senza antitesi d’appello per evidenziare, in ultima analisi, quello stato d’imperfezione che è verità assiomatica e specchio quanto mai realistico dell’esistenza allo stato puro. Le superfici quasi ‘lunari’ delle sue opere si presentano così incerte, indefinibili. La materia e le forme cedono e paiono fondersi, a tratti,  in un magma indistinto che sconfina nell’improbabile.

Tutto appare velato da un mistero oscuro, imponderabile. Non c’è più la geometria che aiuta e conforta suggerendo soluzioni, piste da percorrere, indizi da seguire. Sconfinare nell’indistinto significa essere costretti a cercare ‘dentro’ ciò che l’assenza del dato reale oggettivo nega dal ‘fuori’.

Significa prendere in considerazione ragioni fin a quel momento inespresse e non palesemente dichiarate, forse provenienti dal quell’area della mente che per convenzione definiamo Inconscio. Le rarefazioni ci impongono il confronto con un vuoto filosofico che, tuttavia, non è distruttivo ma può considerarsi risorsa interiore, punto di partenza da cui ripartire.

Rodolfo Lepre apre dunque una finestra su uno spazio totalmente mentale e, diremmo, irrazionale, intendendo con tale termine un razionale non ancora portato alla luce e tutto da esplorare e comprendere. Nella fase della piena maturità artistica, egli avverte distintamente che la concezione del Perfetto non può appartenere all’essere umano e che l’opera stessa – nell’incompiutezza dell’imperfezione – trasmette pathos, fascino arcano di un provvisorio che è davvero, questo sì, realmente definitivo per singolare paradosso.

E’ raffinata filosofia dipinta, dunque, la nuova arte di Lepre, e ci piace considerarla un’altra felice frontiera raggiunta dopo una pregressa meditazione su geometrie, campiture necessarie e codici da decifrare, nella danza degli opposti che determina il nostro destino terreno e tutti i fenomeni esistenti. Ogni sua opera, nel ‘qui e ora’, prima ancora che osservata, richiede di essere pensata con quella netta sensazione che in un qualsiasi momento l’artista possa ritornare nuovamente su di essa per aggiungere o togliere un qualcosa o, in extrema ratio, azzerarla per ricostruirla daccapo, mosso da un impeto di improvviso ripensamento o ribellione interiore. Per tutti questi motivi, per una corretta lettura delle sue opere la mente va liberata e privata da ogni preconcetto o retaggio del quotidiano. Come fossimo dinanzi ad una metafisica parete monocroma con degli interventi che segnalano una presenza animica, una traccia misteriosa su cui soffermarsi. Oppure un’imperfezione, un’increspatura sul razionale, sul logico, che non è solo ‘sottile’ rappresentazione della vita reale ma anche accettazione della  stessa nelle sue molteplici e controverse manifestazioni.

                                                                                                                     

                                                                                          

Giancarlo Bonomo

Curatore e critico dell'Arte italiano. Fondatore del Movimento Arte Intuitiva, ha partecipato quale curatore a due edizioni della Biennale di Venezia, nel 2009 e 2013. Ha condotto numerose trasmissioni di divulgazione artistica in onda sulla piattaforma Sky ed è intervenuto a diverse puntate live di 'Voyager' con Roberto Giacobbo, apportando contributi di ricerca iconologica in particolar modo su Leonardo da Vinci. In ambito teatrale ha portato in scena gli spettacoli multimediali dedicati a Raffaello, Giorgione, Tiepolo, Michelangelo, Piero della Francesca. Autore di numerose pubblicazioni tematiche e cataloghi di arte contemporanea, ha conseguito, nel 2015, il Premio Enzo Biagi per la comunicazione televisiva di qualità. Ha curato gli eventi multimediali 'Van Gogh Alive – The Experience' nelle città di Verona, Genova e Bari, e 'Impressionisti francesi – da Monet a Cézanne’ presso il Palazzo degli Esami in Roma. 

Rispondi