I Fratelli Musulmani costituiscono un movimento internazionale arabo che promuove una visione di “Islam politico“ che supera le tradizionali scissioni sciite e sunnite.
L’obiettivo è quello di ottenere un mondo mussulmano non “corrotto” da usi e consumi occidentali ma non hanno mai espresso interesse all’islamizzazione di paesi non arabi.
I Fratelli Mussulmani si differenziano dai movimenti jihadisti terroristici per il non ricorso alla violenza, anche se sussistono alcune eccezioni al limite della lotta armata come il partito di Hamas in Palestina. Nascono in Egitto, dove però oggi il presidente Al Sisi, filo Saudita, li considera una minaccia alla sicurezza ed all’integrità nazionale. L’Arabia Saudita è infatti il principale oppositore dei Fratelli Mussulmani sia per ragioni ideologiche che per incompatibilità con le ideologie wahabite/salafite, così come per motivazioni geo strategiche. I principali paesi finanziatori e sostenitori dei Fratelli Mussulmani sono la Turchia, in particolare il partito Akp del presidente Erdogan, e il Qatar, quest’ultimo è la base del più grande network televisivo arabo: Al Jazeera.
Per motivazioni politiche e religiose che sfociano su strategie geopolitiche la Turchia e Qatar insieme si trovano in competizione con l’Arabia Saudita, soprattutto dopo il 2017 a seguito della frattura interna al Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (GCC) che ha opposto i Sauditi al Qatar. Inoltre il sostegno di Doha alla fratellanza mussulmana è tra le cause scatenanti dell’embargo imposto dai Saud al Qatar nel giugno 2017.
L’affiliazione ai Fratelli Mussulmani sembra essere la principale motivazione al sempre crescente allineamento nelle politiche estere fra Turchia e Qatar. I due stati in particolare condividono l’interesse nel promuovere e supportare svariate attività in particolare nel Corno d’Africa dove sono localizzate Etiopia e Somalia. Infatti anche in Somalia vi è una formazione collocabile tra i Fratelli Musulmani, ossia il Partito per la Pace e lo Sviluppo.
Le imprese turche in Somalia nel tempo assunsero il controllo del porto e dell’aeroporto internazionale della capitale Mogadiscio che rappresentano le principali risorse economiche somale. Grazie alla Turchia è stata inaugurata una grande base militare a Mogadiscio nel 2017, per fornire addestramento alle forze dell’esercito somalo. Negli anni i turchi hanno speso oltre un miliardo di dollari in aiuti per la Somalia. Il peso politico del Qatar in Somalia invece trova origine dalla concessione di asilo a diversi leader dell’Unione delle Corti Islamiche (UCI) il cui gruppo armato era Al-Shabaab, attuale gruppo terroristico che ha rapito Silvia Romano. Al-Shabaab nel 2006 acquisì il controllo di gran parte del territorio somalo meridionale in opposizione al governo federale di transizione (TFG).
Il Qatar inoltre ha sempre sostenuto numerosi politici di fede islamica. Per fare un esempio Fahad Yasin, l’uomo del Qatar in Somalia, è attualmente il direttore generale dell’agenzia di intelligence somala, NISA. È senza dubbio uno degli uomini più potenti in Somalia. Esistono prove del fatto che il denaro erogato da Yasin a influenti elettori somali decise, in parte, l’elezione dei capi di stato somali nel 2009, 2012, 2017.
Ma per comprendere meglio la questione è utile approfondire cosa è stato e cosa sia ora il gruppo terroristico al-Shabaab. Quando l’Unione delle Corti Islamiche (UCI) perse il confronto con il governo federale di transizione (TFG), la leadership dell’UCI lasciò il paese e molti di loro si recarono in Qatar. Il braccio armato dell’UCI, al-Shabaab, per non perdere di forza cercò visibilità internazionale e si avvicinò al network jihadista di al-Qaeda e dell’Isis, tradendo in parte le origini partecipate dalla Fratellanza Mussulmana. Al-Shabaab ha continuato ad agire, organizzando spettacolari e sanguinosi attacchi in territorio somali e negli stati confinanti, in particolare in Kenya. Oggi mantiene un controllo, seppur debole, su larga parte del sud della Somalia, nonostante un evidente ridimensionamento di risorse rispetto alle sue origini e al periodo dell’inizio della seconda decade del 2000. Al-Shabaab è stata responsabile di spettacolari attacchi terroristici a Nairobi, al Westgate Mall nel 2013, e al complesso alberghiero nel 2019, così come oggi sappiamo nel rapimento di Silvia Romano nel sud-est del Kenya nel novembre 2018, benché il gruppo non abbia mai rivendicato alcuna responsabilità in merito.
Ma mentre il legame di Al-Shabaab con il Qatar è spiegabile dai legami originari con l’Unione delle Corti Islamiche (UCI) la spiegazione del legame della Turchia con Al-Shabaab è più complesso. Nel fascicolo d’accusa del caso dell’omicidio dell’ambasciatore russo Andrei Karlov il governo turco, ha deciso di non procedere contro Şen, agente coperto dell’intelligence turca (MİT) in Siria e poi in Somalia attraverso Ong turche. Negli atti processuali è risultato che l’intelligence turca avrebbe consegnato centinaia di migliaia di dollari all’organizzazione terroristica Al Shabaab in Somalia attraverso l’intermediazione di un ex detenuto. Accusa però smentita dalla Turchia.
In ogni caso Silvia Romano quando è stata liberata si trovava in Somalia. Sappiamo anche che i servizi d’intelligence che sono stati coinvolti in questa operazione appartengono alla triade Turca, qatariota e somala: l’organizzazione nazionale di intelligence turca (MIT), l’agenzia di intelligence e sicurezza nazionale somala (NISA), la Sicurezza di Stato del Qatar, ed infine anche l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna italiana (AISE).
I servizi di intelligence esterna italiani (AISE) hanno probabilmente relazioni deboli, se non inesistenti, con Doha e con i servizi somali del NISA. Si può assumere con certezza, invece, che l’AISE abbia un legame con il MIT turco, tenuto conto della relazione strategica nel Mediterraneo (e in Libia). Essendo a conoscenza del fatto che la Turchia giochi un ruolo significativo e abbia interessi altrettanto significativi in Somalia, è probabile che l’AISE abbia contattato la controparte turca, che a quel punto si sarebbe rivolta ai servizi qatarioti e somali dai quali sono passati gli accordi e le mediazioni per la liberazione e forse per il riscatto.