Il 18 aprile 2019 è stato diffuso il Rapporto Mueller in merito alle indagini sulle presunte interferenze russe durante le elezioni presidenzial americane del 2016, sulla complicità del comitato elettorale di The Donald e sul probabile tentativo da parte del presidente Trump di ostruire il percorso della giustizia.
Molti credevano che questa indagine avrebbe portato alla fine della presidenza Trump ma in realtà il tycoon newyorkese in risposta al rapporto del procuratore speciale, Robert Mueller, ha pubblicato sulla sua pagina Twitter diversi post in cui il messaggio ricorrente era: “No collusion. No obstruction”(Nessuna collusione. Nessuna ostruzione).
A quanto pare, infatti, dopo quasi due anni di indagini e dopo una relazione di oltre 400 pagine, Robert Mueller ha affermato che non è stato possibile stabilire se Donald Trump fosse a conoscenza o meno delle interferenze russe a discapito della candidata democratica Hillary Clinton, durante la campagna elettorale del 2016, e che inoltre non è stato possibile stabilire il tentativo da parte di Trump di ostacolare il normale corso della giustizia.
Tuttavia, il rapporto dichiara che “La Russia ha interferito nelle elezioni americane del 2016 in modo sistematico e radicale”. Diversi sono stati gli attacchi informatici da parte di hackers russi contro il comitato Clinton al fine di diffondere, attraverso Wikileaks, documenti ed email di massima riservatezza. Inoltre, i contatti tra il governo russo e il comitato di Trump, specifica il rapporto, ci sono stati, ma tutto ciò non è sufficiente per parlare di collusione. Il report infatti riporta che non è stato trovato nessun indizio che qualche americano cospirasse insieme al governo russo.
Nonostante non si possa parlare di complotto, l’aspetto più rilevante che emerge dal rapporto è che “diverse persone affiliate al comitato Trump hanno mentito agli investigatori e al Congresso riguardo i loro contatti con la Russia. Queste bugie hanno ostacolato materialmente l’indagine”. Inoltre, alcuni membri dello staff di Trump hanno cancellato le comunicazioni con i delegati del governo russo, e dulcis in fundo, l’allora capo del comitato, Paul Manafort, ha condiviso con questi ultimi le strategie adottate durante la campagna elettorale e i sondaggi interni.
La lunga inchiesta di Mueller, conosciuta anche come Russiagate, ha preso in esame anche undici episodi in cui Donald Trump avrebbe ostacolato il normale percorso della giustizia. Nonostante tutto, durante le indagini non sono state raccolte prove sufficienti per incriminarlo. Gli investigatori, per motivi costituzionali, sapevano fin dall’inizio che difficilmente sarebbero riusciti a porre sotto accusa il presidente, per questo motivo ora solo il Congresso può determinare se Donald Trump abbia commesso o no ostruzione alla giustizia.
A questo proposito significativo è quanto si legge nel report: “Se dopo un’indagine approfondita avessimo avuto la consapevolezza del fatto che il presidente non abbia in alcun modo ostacolato il corso della giustizia, lo avremmo dichiarato. Sulla base dei fatti e delle interpretazioni di legge ad essi applicabili, non siamo però in grado di raggiungere tale giudizio. Di conseguenza, anche se questo rapporto non conclude che il presidente abbia commesso un crimine, comunque non lo scagiona”.
Tale conclusione è supportata da eventi avvenuti nel giugno 2017 e dalle testimonianze di Don McGahn (all’epoca legale della Casa Bianca) rilasciate durante la fase investigativa. Nel momento in cui Donald Trump venne a conoscenza dell’inchiesta e del suo coinvolgimento, per limitare la portata delle indagini, incaricò McGahn di chiamare il vice attorney general, Rod Rosenstein, affinché licenziasse Mueller per presunti conflitti d’interesse. La nomina di Mueller preoccupava molto Donald Trump, infatti il magnate temeva che il procuratore indipendente potesse portare alla fine della sua presidenza. Tuttavia, il tentativo del presidente degli Stati Uniti di ostacolare la giustizia è venuto a meno grazie al rifiuto da parte dei membri della sua amministrazione di eseguire gli ordini.
Nonostante tutto, la difesa di Trump ha respinto ogni tipo di accusa sia pubblicamente sia nelle dichiarazioni scritte inviate al procuratore generale Mueller che, per evitare una lunga battaglia costituzionale e concludere l’indagine in tempi brevi, ha deciso di non interrogare personalmente il presidente nonostante le sue risposte scritte fossero spesso “incomplete o imprecise”. Inoltre, stando a quello che viene riportato nel documento, gli investigatori a loro avviso avevano “elementi sufficienti per comprendere eventi rilevanti e fare determinate valutazioni senza la testimonianza del presidente”.
I risultati dell’inchiesta non hanno soddisfatto le opposizioni. Tant’è che i leader democratici di Camera e Senato, Nancy Pelosi e Chuck Schumer, stanno valutando di chiamare il presidente Trump a testimoniare davanti al Congresso. Solo quest’organo legislativo, infatti, ha il potere di stabilire se Donald Trump abbia ostacolato o no la giustizia. Inoltre, i democratici stanno prendendo in considerazione l’ipotesi del possibile impeachment.
Nonostante Donald Trump abbia commentato la diffusione del rapporto Mueller dicendo: ” E’ una bella giornata, nessuna collusione, nessuna ostruzione”, la partita non è ancora conclusa del tutto. Il report, infatti, come accennato prima, non incrimina Trump ma allo stesso tempo non lo scagiona, di conseguenza non ci sono ancora le condizioni necessarie per affermare, come ha fatto il presidente in un suo Tweet, che il “gioco è finito”. Forse i giochi sono appena cominciati.
Ha collaborato Rebecca Molinari.