Il 25 settembre 2015 l’Assemblea Generale, principale organo delle Nazioni Unite, formato dai rappresentanti di tutti gli Stati membri ha adottato una risoluzione, ovvero l’atto giuridico di maggiore rilevanza che le Nazioni Unite possono emanare. La A/RES/70/1 si intitola “Trasformiamo il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile”. È un ambizioso programma di diciassette obiettivi da realizzare entro il 2030 rivolti al mondo intero per lo Sviluppo Sostenibile.
Le finalità di questo programma sono ben chiare già dal preambolo del documento, ma è di particolare rilevanza il punto 50 della dichiarazione: « […] Decidiamo di costruire un futuro migliore per tutte le persone, compresi i milioni cui è stata negata la possibilità di condurre una vita decente, dignitosa e gratificante e raggiungere il loro pieno potenziale umano. Possiamo essere la prima generazione che riesce a porre fine alla povertà; così come potremmo essere l’ultima ad avere la possibilità di salvare il pianeta. Il mondo sarà un posto migliore nel 2030 se riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi ». Il nucleo fondamentale dell’intera dichiarazione è la dignità umana e la tutela dell’ambiente per un futuro migliore.
In sintesi i diciassette obiettivi:
- Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo
- Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile
- Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età
- Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti
- Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze
- Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie
- Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni
- Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti
- Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile
- Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni
- Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili
- Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo
- Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico
- Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile
- Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre
- Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile
- Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile
Diamo uno sguardo al passato per capire cosa ha spinto le Nazioni Unite a redigere questo ambizioso programma di sviluppo. Nel 2000 gli Stati membri dell’ONU si impegnarono al perseguimento di otto obiettivi (obiettivi di sviluppo del millennio) per l’anno 2015. Da quel giorno son stati fatti molti progressi, tuttavia non in modo uniforme dato che i Paesi sviluppati hanno raggiunto con minori difficoltà gli obiettivi prefissati.
Nel 2015, alla scadenza del programma, i risultati furono insoddisfacenti; inoltre l’aggravarsi di alcune questioni, come quella ambientale, ha reso necessario redigere un nuovo programma nella speranza di invertire la rotta.
Così, i centonovantatré paesi membri dell’ONU, nel 2015, si impegnarono a realizzare entro il 2030 diciassette nuovi obiettivi. Ma a fine 2018, tre anni dopo l’adozione, cos’è cambiato nel mondo? E in Italia?
Europa e Italia hanno iniziato a monitorare, tramite gli istituti statistici, il perseguimento degli SDGs (Sustainable Development Goals) e l’Istat nel luglio 2018 ha pubblicato i risultati delle prime analisi. Ecco cosa emerge: per il Goal 2 “sconfiggere la fame” vediamo un aspetto più controverso, ovvero, quello dell’eccesso di peso dai 18 anni in su (attraverso il calcolo del Body Mass Index o indice di massa corporea si valuta se una persone è in eccesso di peso, quando il valore è uguale o superiore a 25 rivela una situazione di sovrappeso): nel 2007 la percentuale di popolazione in eccesso di peso era del 45.5%, mentre nel 2017 si è abbassata a 44.8%. Tra i Paesi europei l’Italia ottiene i migliori risultati, con valori più bassi rispetto ad altri.
Per il Goal 4 “istruzione di qualità” il tasso di abbandono precoce dell’istruzione passa dal 14.7%, nel 2015, al 14% nel 2017 con molte differenze regionali (infatti resta elevato il tasso di abbandono precoce nel sud Italia e nelle isole).
Il Goal 11 “città e comunità sostenibili” mostra che l’Italia si sta impegnando nella lotta contro l’inquinamento atmosferico, inoltre c’è una diminuzione dei rifiuti urbani che finiscono in discarica, segno di uno smaltimento dei rifiuti più consapevole. Però ci sono anche dei dati sull’edilizia alquanto preoccupanti: la percentuale di popolazione che vive in abitazioni sovraffollate vede un aumento proprio negli ultimi anni, 27.9% nel 2015 e 27.8% nel 2016, mentre nel 2004 arrivava solo al 24.3%. Per di più nel 2010 la percentuale di persone che vivevano in abitazioni con problemi strutturali o di umidità era del 20,5%, ma il picco si registrò nel 2014 con una percentuale del 25%; fortunatamente dal 2016 questa tendenza è in calo.
Nonostante alcuni dati mostrino un lieve miglioramento, secondo l’ISTAT il l’Italia è ancora molto lontana dal raggiungere gli obiettivi dell’Agenda rispetto ad altri Paesi UE.
È possibile confrontare i dati dei vari Paesi nel sito degli SDGs dove sono riportate tutte le analisi statistiche realizzate per il monitoraggio, un eventuale confronto potrebbe essere quello tra l’Italia e Germania.
Per il Goal 5 “parità di genere” vediamo che in Italia il tasso di partecipazione alla forza lavoro femminile è pari a 67.8 (considerando che 100 indica parità tra uomini e donne, mentre un valore inferiore è segnale di una situazione dove partecipano alla forza lavoro più uomini che donne); in Germania questo dato è di 83.3 dunque è indice di una condizione più equa rispetto al nostro paese.
Per il Goal 8 “lavoro dignitoso e crescita economica” il tasso di occupazione (% su popolazione) in Italia si aggira, in questi anni, attorno al 58%, mentre in Germania arriva al 75.3%.
Inoltre in Italia la percentuale di giovani che non studia, non lavora e non è impegnato in corsi di formazione (i cosiddetti “NEET”: not engaged in education, employment or training) è del 26%, al contrario in Germania è pari al 9.6%, una notevole differenza.
Nel sito degli SDGs si trova anche una classifica mondiale generale sull’andamento degli obiettivi di sviluppo. Il nostro Paese in questo global rank si posiziona ventinovesimo su 156 monitorati mentre la Germania con cui ci siamo confrontati è al quarto posto, tra i più virtuosi.
Per l’Italia non è un ottimo risultato, considerando che i primi dieci Stati sono tutti partecipanti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e quasi tutti membri dell’UE.
Sconcertante, invece, è la posizione delle due potenze mondiali USA e Cina che in questi due anni hanno ottenuto risultati di gran lunga peggiori rispetto all’Italia. Infatti gli Stati Uniti si sono classificati trentacinquesimi, mentre
la Cina addirittura è al cinquantaquattresimo posto.
Una domanda sorge spontanea: come si può pretendere dai Paesi poveri o in via di sviluppo un impegno per la realizzazione di questi obiettivi, se non viene fatto nemmeno dalle due maggiori potenze? Da queste due grandi Nazioni ci si aspetterebbe un comportamento esemplare considerata la loro grande influenza a livello mondiale e le immense risorse di capitale che hanno a disposizione.
Come era accaduto per gli obiettivi del millennio, anche in questo caso primeggiano in classifica gli Stati occidentali e negli ultimi posti troviamo quelli dell’Africa sub sahariana, la maggior parte dei quali con enormi problemi interni di politica, sanità e guerra. È lecito chiedersi se le Nazioni prenderanno più seriamente nei prossimi anni gli obiettivi dell’Agenda, implementando la cooperazione internazionale poichè solo insieme si possono raggiungere i traguardi stabiliti, per lasciare un mondo più sano, equo e pulito alle generazioni future.