Il Sant’Orsola di Bologna guida la ricerca per il primo farmaco contro una cardiomiopatia finora incurabile

Si tratta di un passo importante dal momento che questa malattia era finora priva di cure. L’unico trattamento possibile, infatti, era quello, generico, dello scompenso collegato.

La terapia scoperta è frutto di un trial, iniziato 3 anni fa, che è stato in parte condotto dalla Cardiologia del Policlinico di Sant’Orsola – Università di Bologna, e coordinato dal suo direttore Claudio Rapezzi. I risultati dello studio sono stati presentati dal professor Rapezzi al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2018) che si è tenuto a Monaco di Baviera ed è già stato pubblicato online sul  New England Journal of Medicine.

La cardiomiopatia amiloidotica è una malattia che può essere ereditaria (cioè provocata da una mutazione del gene che produce la transtiretina) oppure legata all’invecchiamento della proteina nella sua forma “normale”, senza mutazioni. In quest’ultimo caso sono in particolare i maschi over 60 ad essere colpiti. La proteina, prodotta dal fegato, si trasforma in una struttura fibrillare (l’amiloide) e inizia ad infiltrare il cuore procurando danni progressivi e scarsamente reversibili che si manifestano con scompenso cardiaco e aritmie.  La sopravvivenza media è all’incirca di 3 anni dal momento della diagnosi.

In caso di forma genetica, alcune mutazioni danno luogo a forme con interessamento esclusivo o prevalente non del cuore ma del sistema nervoso periferico (in questo caso le manifestazioni cliniche sono più precoci, dopo i 30-40 anni). 

Lo studio, che ha coinvolto 548 pazienti in tutto il mondo, ha documentato l’efficacia e la sicurezza del Tafamidis, (somministrato per bocca) nel trattamento della cardiomiopatia da transtiretina.  Il farmaco, già utilizzato nelle forme ereditarie neurologiche, si lega alla proteina, bloccandone la dissociazione e la conseguente trasformazione in fibrille di amiloide.

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