Il Nazra Palestine Short Film Festival si presenta come un insieme di cortometraggi realizzati da registi palestinesi e non, per raccontare, attraverso la cinematografia, quello che avviene in Palestina, sotto l’assedio di Israele. Si tratta di un Festival itinerante – diviso in documentario, fiction e cinema sperimentale – promosso dalle associazioni Assopace Palestina e Restiamo Umani con Vik. Il direttore artistico è il bolognese Stefano Casi, che ha scelto di raccontare la realtà palestinese con il magnifico lavoro di registi palestinesi e internazionali, compreso qualche regista israeliano.
Un duplice sguardo: il regista e lo spettatore
Nazra in arabo vuol dire sguardo e, come si può intuire, la scelta di questa parola non è per nulla casuale. L’idea che si cela dietro la creazione e i molteplici sforzi di produzione del festival è quella di presentare al pubblico con prepotenza, delicatezza e, a volte, persino ironia, cosa succede al di là del muro, dove il nostro sguardo non può arrivare. Si tratta di un racconto, o meglio, di tanti racconti che, come trama e ordito a formare una tela, si intrecciano tra loro per dipingere, attraverso lo schermo cinematografico, un quadro che nessuno può vedere in modo completo, se non chi lo vive quotidianamente.
Sono presentati, quindi, due punti di vista, due sguardi complementari e necessari: il primo è quello del regista, che racconta la realtà di una terra martoriata e fatta di pezzi che non hanno più nessuna umanità e personalità, e dall’altra il nostro sguardo, un punto di vista da spettatore inesperto che, per la prima volta, impara a guardare con occhi diversi rispetto a quelli veicolati dai mass media, o che aggiunge qualcosa che non sapeva al proprio bagaglio personale.
Da Venezia a Gaza: Nazra, un Festival itinerante
Il Festival è partito da Venezia, dove sono stati premiati i 5 migliori cortometraggi tra i 24 finalisti, per poi passare da Firenze e Roma. Questa volta è il turno di Bologna, che ospiterà incontri e proiezioni, tutti ad ingresso gratuito, fino al 15 ottobre in svariati luoghi. Tra questi, il Liceo Laura Bassi che si occuperà della proiezione dei cortometraggi nelle scuole e dell’incontro tra registi e studenti, il Centro Amilcare Cabral, dove si terrà l’incontro con i registi Dina Naser e Hamdi Alhroub, lo Spazio Loft Kinodromo e il Cineclub Bellinzona per la prima e la seconda serata di proiezione pubblica, e il Cinema Lumière in collaborazione con Terra di Tutti Film Festival e la Cineteca di Bologna, in cui continueranno le proiezioni e dove sarà assegnato il Premio degli Studenti a cura del Liceo Laura Bassi.
Il Nazra Palestine Short Film Festival continuerà in seguito a Napoli, per poi tornare all’origine, dove lo sguardo su una Palestina da raccontare è nato: a Gaza. Nonostante le palesi difficoltà, su Gaza non c’è il minimo dubbio: il Festival si farà. Per quanto riguarda invece le più pericolose Ramallah e Gerusalemme, non manca di certo la voglia e l’entusiasmo dei volontari, ma nulla è ancora certo.
Una Palestina che si racconta da sola
Non c’è difficoltà che tenga per i registi che hanno rischiato tantissimo per catturare, all’interno di una telecamera, il proprio punto di vista, raccontando episodi di resistenza non violenta contro l’occupazione israeliana. I temi raccontati attraverso lo sguardo dei registi palestinesi e non, sono tantissimi e tutti diversi. Insieme, raccontano la vita reale e difficile di chi è nato in un Paese stravolto da un’occupazione che ha annullato l’umanità e i diritti della popolazione palestinese, creando una prigione a cielo aperto.
Non si parla spesso dei palestinesi e della loro vita quotidiana per via di un enorme muro di omertà creato ad arte, e per questa è una ragione in più per raccontare. E allora, cosa si racconta? Il giovanissimo regista palestinese Hamdi Al Hroub, vincitore della sezione documentari di autori palestinesi, racconta la resistenza politica non violenta di alcuni ragazzini palestinesi che praticano il parkour, vietato a Gerusalemme, attraverso il suo cortometraggio “Mate superb”. Un’esibizione innocente, naturale, intrisa d’arte, diventata simbolo della resistenza per i detenuti politici. La resistenza non violenta si attua anche attraverso il rifiuto di arruolarsi, opponendosi alla leva obbligatoria prevista in Israele per donne e uomini. Lo racconta il cortometraggio “Objector”, con l’arresto di una ragazza israeliana che, in segno di protesta per la Palestina, rifiuta la leva obbligatoria, finendo in carcere. Oppure ancora “Ave Maria”, un cortometraggio che con grande ironia racconta l’occupazione attraverso una storia che testimonia le condizioni assurde e paradossali imposte dagli israeliani alla popolazione palestinese. Infine, il più inquietante “One minute”, che descrive perfettamente il clima di terrore che precede i bombardamenti israeliani del 2014 a Gaza, attraverso un’oscurità claustrofobica e l’angoscia di una madre. I bombardamenti sono, solitamente, accompagnati da sms per gli abitanti degli edifici da attaccare, che riferiscono quanti minuti mancano allo sgancio delle bombe.
Secondo il regista Hamdi Al Hroub, i cortometraggi sono fondamentali per conoscere la reale situazione in Palestina, Paese in cui – sostiene- si perde l’umanità. Ma questa è una motivazione in più per continuare ad agire e a utilizzare qualsiasi mezzo necessario, come la cinematografia, per riuscire a capire cosa avviene quando il nostro sguardo punta altrove.
Info e programma: https://nazrashortfilmfestival.wordpress.com/tag/nazra-palestine-short-film-festival/