“Lettera dalla vagina”, un viaggio per rompere i tabù sulla sessualità femminile

Si è trattato di un viaggio per rompere i tabù sulla sessualità femminile quello condotto sabato 30 ottobre al Festival di Internazionale a Ferrara da .

lettera dalla vagina internazionale a ferrara

Mona Chalabi è una giornalista del The Guardian e, insieme alla regista Mae Ryan, poco più di un anno fa ha lanciato online la serie “Lettere dalla vagina” (Vagina Dispatches), composta da quattro video che cercano di rompere le inibizioni che circondano, ancora oggi, il sesso femminile. Liv Strömquist è invece l’autrice del fumetto “Il frutto della conoscenza”, una graphic novel che mette allo scoperto l’organo sessuale femminile in un testo comico e documentato, raccontando il corpo della donna nella sua essenza e rompendo convinzioni maschiliste e patriarcali.

«Quando si parla di femminismo si pensa agli anni ‘50» inizia Liv «e si continua ad avere l’idea che problemi di genere esistessero solo nel passato, io penso invece che i diritti della donna abbiano vissuto un grande progresso, ma le strutture sociali maschiliste siano difficili da cambiare e queste non sono retaggi del passato, ma sono tutt’oggi presenti. I giorni nostri sono schiavi del maschilismo». È questo l’avvio di una conferenza che focalizza l’attenzione sullo spostamento del baricentro della questione di genere, dall’uomo alla donna, rompendo tabù ancora oggi troppo vivi.

«Io e Mae attraverso alcuni studi preliminari abbiamo scoperto che due terzi delle donne britanniche non sono in grado di individuare il clitoride, abbiamo capito che c’era bisogno di fare qualcosa che mettesse uomini e donne di fronte a questa ignoranza e abbiamo così deciso di avviare la nostra “missione sul campo”. Molto di quello che sappiamo sul corpo delle donne è stato detto dagli uomini nel corso della storia, ci vuole tempo per cambiare le abitudini sociali. Persino i libri di testo parlano solo dell’apparato riproduttore femminile evitando di nominare altro come l’orgasmo, la stimolazione femminile e la sessualità». Continua poi Mae spiegando che «abbiamo deciso di partire dall’apparato biologico, costruendo una vulva gigante e girando per le strade di New York, chiedendo a uomini e donne di dare un nome alle varie parti anatomiche femminili. Il risultato è stato incredibile, persino donne istruite non riconoscevano tutte le parti della vulva e dichiaravano che sarebbero state più a loro agio se avessero dovuto riconoscere le parti che compongono un pene. Il nostro obiettivo è quindi quello di creare un educazione sessuale».

Anche il libro di Liv ha come proposito una maggiore conoscenza del corpo della donna e, attraverso le sue immagini, si pone l’obiettivo di diffondere una maggiore conoscenza come strumento per rompere i tabù. «400 anni fa si pensava che le donne dovessero avere un orgasmo per rimanere incinte, quindi questo aveva una funzione fondamentale in una società che proteggeva la riproduzione della specie. Poi però l’orgasmo è scomparso dalla storia e nel corso dei secoli è passato da elemento inesistente a ossessione. Oggi, infatti, la società vuole essere libera e liberale, imponendo alla donna una pressione molto forte sull’obbligatorietà di provare piacere per esprimere la propria femminilità liberata».

Liv, Mona e Mae diffondono in questo modo un’idea che sembra quasi contraddittoria, dove da una parte la maggior parte delle persone prova vergogna e imbarazzo a parlare di vulva e clitoride, mentre dall’altra si cerca di imporre una forte liberazione dai tabù “obbligando” le stesse a provare un piacere emancipato e svincolato.

La conversazione continua poi convolgendo le mestruazioni, da sempre elemento destabilizzante per le società di tutto il mondo. Secondo Mona e Mae c’è un senso diffuso di vergogna riguardo al sangue delle mestruazioni, ma questo non dovrebbe avvenire. E probabilmente,se fossero gli uomini ad avere il ciclo ogni mese, se ne saprebbe molto di più.

Anche Liv ha trattato questo tema nel suo libro partendo dagli aggettivi assegnati dalle pubblicità agli assorbenti: “fresco” e “sicuro” sono i più diffusi «nel senso di non essere esposta alla pubblica vergogna per il sangue. In questo modo una donna non si sentirà mai a proprio agio».

Mona continua affermando che sono argomenti di cui è necessario parlare con serenità, con i grandi e con i piccoli, iniziando a chiamare le cose con il proprio vero nome senza aver paura di pronunciare la parola “vulva” o “pene”.  Ciò che è fondamentale è cambiare questa perenne sensazione di imbarazzo e «la nostra serie esiste per facilitare le cose».

Nella storia la vagina ha sempre rappresentato un’ossessione per il genere maschile che è sempre stato affascinato e destabilizzato da questa tanto da ripudiarla per diversi secoli. Anche al giorno d’oggi vige una sorta di assillo per la sessualità femminile, in particolare attraverso l’«esaltazione isterica dell’avere una vagina» che dovrebbe passare attraverso un processo di normalizzazione in cui la vulva viene interpretata come un altro organo qualsiasi e non come frutto di malizia, imbarazzo o discriminazione.

Un incontro importante quello tenuto dalle tre donne, che ha cercato di comunicare a uomini e donne presenti in sala che è tempo di finirla con il maschilismo e con la celebrazione del sesso maschile come potente ed esclusivo. I tempi moderni aprono il tentativo di elevare il femminismo, che non è una parola brutta, ma che secondo Mona Chalabi significa “semplicemente” «conoscere il proprio corpo per poter fare le scelte giuste».

 

Anna Toniolo

Anna Toniolo, nata a Mirano (VE) il 1/marzo/1994. Studentessa al terzo anno di Scienze Politiche, Relazioni internazionali e Diritti Umani all’Università degli Studi di Padova. Viaggiatrice e curiosa incallita, giornalista in erba per passione, combatto per la verità e la giustizia per vocazione. Su SocialNews alimento la mia passione per il giornalismo e la scrittura, alimentando la mia attitudine verso la giustizia e facendo del mio meglio per trasmetterla a chi legge. Cosa sono per me i diritti umani? Sono il filo rosso che unisce ogni essere umano, sono ciò che ci dovrebbe sempre ricordare che, anche se diversi, siamo tutti uguali. Bandite le discriminazioni. 

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