Ius soli, la vera nazionalità è l’umanità

È decisamente, quella dello ius soli, la questione che in queste settimane catalizza l’attenzione dei mass media. Si è parlato di cosa prevede, cosa comporta, del perché “sì” al perché “no”, così come sono stati evidenziati chi sono i movimenti, i partiti, i personaggi favorevoli e  chi invece si schiera in maniera contraria. Ma siamo sicuri di sapere veramente tutto? Anzi, di prendere sempre in considerazione entrambe le parti della questione e non solamente una? Si tratta di avere occhi che vogliono e partono da altre prospettive.

ius soli cittadinanza italiana

Cittadinanza, una questione di sangue e di terra

Discutere di ius soli significa parlare di diritto, in particolare significa parlare di diritto di cittadinanza. È infatti, quella latina, un’espressione utilizzata nella giurisprudenza italiana per indicare letteralmente il “diritto del suolo”, da contrapporre allo ius sanguinis, il “diritto del sangue”.

Stiamo parlando dei criteri grazie ai quali si può acquistare la cittadinanza di un dato Paese: il primo dà la possibilità ad un ragazzo nato in Italia (ad esempio) da genitori stranieri, di richiedere la cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, essendo però residente in Italia legalmente e senza interruzioni, dalla nascita.

Il secondo, indica invece la trasmissione alla prole della cittadinanza del genitore. Si sottolinea come nella nostra penisola l’applicazione del primo tipo di norma, avviene in maniera residuale a differenza di quasi tutti i paesi del continente americano in cui invece si applica lo ius soli in modo automatico e senza condizioni.

Credo sia opportuno limitarci a queste definizioni e a queste nozioni, senza entrare nel merito di cosa sia “giusto” o “sbagliato”, se in questi termini si può parlarne.

 

Italiani di fatto

Cerchiamo ora di mettere l’accento sul perché sia necessario approvare in maniera immediata la legge sulla cittadinanza, cerchiamo ora di dar voce a chi sembra essere impercettibile al tessuto sociale di questa realtà.

“Siamo tutti Italiani con una sola particolarità: non abbiamo un documento che lo possa testimoniare. Siamo figli di una patria che non ci riconosce. L’obsoleta legge n. 91 del 1992 non rispecchia l’attualità della nostra Italia, ci rende difficile e talvolta impossibile acquisire la cittadinanza italiana e molti di noi vengono considerati stranieri nel proprio Paese, liquidati come “Italiani col permesso di soggiorno”. Ma non siamo stranieri né straniere. Siamo gli “Italiani e Italiane senza cittadinanza”, uniti nel chiedere una legge 91/92 più aperta verso noi “figli invisibili”.

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Sono queste le parole dalla pagina Facebook “Italiani senza cittadinanza” da cui partiamo e di cui ci serviamo per riportare storie come quella di Sirine Charaabi, campionessa di pugilato nata in Tunisia e che da quando aveva due anni vive in Italia. A novembre, Sirine vorrebbe poter indossare l’azzurro ai Mondiali di Amburgo, ma, nonostante la sua maggiore età, risulta ancora (e solo) cittadina tunisina.

Oppure l’esperienza di Xavier Palma, arrivato con la madre dal Salvador. Il ragazzo cresce nel Belpaese, ma una volta vinta la borsa di studio Erasmus, non può partire; non tanto poiché da “salvadoreño” non possa andare in Svezia (meta del suo viaggio di studio), ma bensì perchè la legge italiana prevede la residenza continuativa nel territorio. Xavier infatti ha solamente un permesso di soggiorno in Italia rinnovabile di anno in anno. Spostandosi in Erasmus dunque, Xavier avrebbe dovuto fare un permesso di soggiorno in Svezia e di conseguenza perdere la residenza in Italia.

O ancora la vicenda di Farhan Hadafo, atleta torinese di origine somale arrivato quinto nella gara di velocità ai Giochi Paralimpici di Rio 2016. Per la sua determinazione e i suoi risultati, la Somalia gli ha riconosciuto l’International Somali Awards 2017, il premio consegnato ai migliori atleti dell’anno. Un premio che però Farhan non ha potuto ritirare. “Sarei dovuto andare a Londra, ma mi hanno negato il visto”, racconta il giovane. La motivazione ufficiale? L’ambasciata non aveva abbastanza garanzie che sarei rientrato in Italia. “È paradossale – spiega – io vivo a Torino da quando avevo quattro anni e sogno di diventare un giorno italiano, di vestire la maglia azzurra”.

farhan hadafo ius soli

Sono casi come questi, testimonianze come quelle di Sirine, Xavier o Farhan a dover farci riflettere sul perchè, sul motivo di rendere immediata l’approvazione delle nuove disposizioni in materia di cittadinanza. Non poter indossare la maglia azzurra, non poter prendere parte ad un’esperienza di studio e di vita come l’Erasmus, non poter ritirare un premio ad avere così la giusta riconoscenza per il proprio impegno e i risultati raggiunti, sono situazioni effettive, concrete, che ognuno di noi può – in misure differenti – vivere. Sentirsi privati, sentirsi italiani ma giuridicamente non esserlo, sentirsi a metà nella concretezza, sono circostanze che lo Stato italiano non può più permettersi di non risolvere. Le stime parlano di numeri che oscillano tra i 70 e gli 80 mila nati stranieri in Italia negli ultimi anni; non sono numeri inconsistenti e, soprattutto, sono destinati a crescere in futuro. Bambini e bambine che parlano dialetto napoletano o milanese, che studiano nelle scuole pubbliche, che frequentano gli stessi spazi di aggregazione che conosciamo bene. Esattamente come tutti i loro coetanei, ma con quel pezzo di carta che prima o poi erigerà una barriera in meno.

«È arrivato il tempo di poter considerare a tutti gli effetti questi bambini come cittadini italiani. Glielo dobbiamo, è un atto doveroso e di civiltà. Mi auguro che il Parlamento lo faccia presto nelle prossime settimane» ha detto il presidente del consiglio Paolo Gentiloni.

 

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