Nuova vigilia elettorale e nuovo attentato nella logica dell’estremismo islamico in funzione di alimentare il terrore, ma anche di portare al potere i gruppi politici occidentali di ideologia estremista. L’obiettivo dei terroristi è sempre quello di allargare il conflitto il più possibile e quindi di trovare amministrazioni meno inclini alla mediazione. Si, questo è lo scopo finale dell’estremismo islamico: portarci tutti alla guerra globale, portare la guerra alle porte di casa nostra come noi l’abbiamo portata alle loro. Ma è il caso di fare alcune considerazioni su come i terroristi ottengono la divulgazione delle ideologie, il consenso e il sostegno anche organizzativo.
Il Regno Unito oggi si sveglia registrando a Manchester l’attentato più grave dalle bombe alla metropolitana del 2005 e solo due mesi dopo quello di Westminster. I resti del kamikaze sono stati identificati tra quelli delle 22 persone morte nell’esplosione al termine del concerto di Ariana Grande in un’arena dedicata ai concerti.
Il presidente statunitense Donald Trump ha appena finito il suo viaggio in Medio Oriente annunciando l’inasprimento alla lotta al terrorismo e all’islam “del male”, dichiarando come questo Islam sia prevalentemente localizzato nell’ambito delle fazioni sciite localizzate in Iran. La chiara scelta di campo di Trump si inserisce in una secolare guerra politico/religiosa all’interno del mondo islamico. La tensione fra Iran sciita e Arabia Saudita sunnita è infatti l’ultima espressione di una guerra scaturita alle origini dell’Islam, alla morte del Profeta Maometto. Sunniti e sciiti si sono quindi spartiti i pezzi dello scacchiere mediorientale, geograficamente e politicamente e perseguono, senza mediazione ma con intransigenza, l’obiettivo di eliminarsi a vicenda.
Mentre in Iran si celebrava la rielezione del moderato Hassan Rouhani a discapito del candidato del Supremo Leader religioso Ali Khamenei, Trump dichiarava fiducia e scambi commerciali alla monarchia antidemocratica di Ryad: quel governo che viola i diritti umani delle donne e dei prigionieri. Quell’amministrazione, l’Arabia Saudita, che produce, legittima, diffonde, predica lo wahabismo, la più radicale corrente sunnita dalla quale discese Osama bin Laden e che in molti dichiarano mentore dello Stato Islamico, anch’esso sunnita. “ Il gruppo Stato islamico (Is) e l’Arabia Saudita. Nella sua lotta al terrorismo, l’occidente è in guerra con l’uno ma stringe la mano all’altro”, scrive Kamel Daoud su The New York Times.
Non che in Iran siano tutti angeli e buonisti. Il consiglio nazionale della resistenza iraniana, presieduto da Maryam Rajavi in esilio, dichiara che da quando Rouhani ha assunto la sua carica, ci sono state più di 800 le esecuzioni e sia Amnesty International, Human Rights Watch, che il Commissariato dell’ONU per i Diritti Umani hanno rilasciato varie dichiarazioni di condanna alle impiccagioni forsennate del regime. Ma forse ciò che preoccupa maggiormente l’amministrazione americana e l’occidente, Israele ed Arabia Saudita compresi, è l’intenzione dell’Iran di fornirsi della bomba atomica e di continuare quindi le sue sperimentazioni nella ricerca nucleare.
Di certo le milizie Irachene sciite che combattono a Mossul il Califfato sunnita dell’Isis, ma che appartengono a quella parte del mondo islamico che Trump considera il “Male”, si domanderanno quanto sia lecito continuare a rendersi disponibili alle forze capitanate dagli Stati Uniti. Ma altrettanto certamente noi dobbiamo domandarci quanta responsabilità ha l’occidente nell’alimentare odio, violenza e finanziamenti a quella cultura medioevale islamica che non può e non deve conciliarsi con le democrazie occidentali.
I fattori che complicano la geopolitica del Medio Oriente e che introducono l’occidente in questa guerra fratricida islamica sono la nostra dipendenza energetica dal petrolio e il conseguente fiume di denaro che versiamo, la vendita di armamenti e l’utilizzo di questi in tutto il Medio Oriente e la questione israeliana, forte avamposto statunitense nell’area. E in questo senso dobbiamo leggere il gigantesco pacchetto di shopping arabico che sfiora, secondo Trump, i “400 miliardi di dollari” e che pone gli Stati Uniti come il principale fornitore di armi e di appoggio politico alla dinastia sunnita dell’Arabia Saudita.
Quello che è inconcepibile è come l’Occidente continui a considerare questa teocrazia un alleato e voglia mantenere la sudditanza al medio Oriente in funzione del Dio Petrolio. Le tecnologie per liberarci dalla dipendenza dei combustibili fossili ci sono, dalle variegate fonti rinnovabili alle nuove centrali solari a concentrazione di cui la prima è appena stata messa in funzione in Marocco con ampio finanziamento dell’Unione Europea: la Ouarzazate Solar Power Station che nel 2020 produrrà 580 MegaWatt. Ma ancor più dobbiamo pensare al prossimo futuro con le tecnologie delle centrali a fusione nucleare pulita di cui l’Italia è in primo piano nella produzioni dei magneti di contenimento del plasma che verranno messi in funzione, nei prossimi anni, nella centrale di Cadarache in Francia.
Spegnere il flusso di denaro verso tutti i Paesi Arabi permetterebbe di ridurre le capacità economiche di queste culture, così lontane dai concetti di democrazia, tutela dei diritti umani e delle pari opportunità e anche, probabilmente, di impedire il finanziamento al terrorismo internazionale. Di certo non sarà facile liberarci dai lacci e lacciuoli delle multinazionali collegate al florido mercato del Medio Oriente che produce molti soldi ma anche violenza e morti. Ma ancor più sarà difficile slegarci dalla “Fatwa Valley”, l’industria islamica radicale, ormai radicata nelle culture locali, che produce teologi, leggi religiose, libri e politiche editoriali estremiste. Migliaia di giornali, siti web e di canali televisivi islamisti (come Echourouk e Iqra) impongono la loro visione unica del mondo: da questioni sull’abbigliamento a ciò che è permesso o non lo è, cosa bisogna combattere o meno. L’occidente è presentato come il luogo “dei Paesi empi”, gli attentati sono raccontati come conseguenza degli attacchi all’islam, viene consigliato di essere nemici dei laici e degli ebrei. La questione palestinese, la distruzione dell’Iraq e gli effetti dell’imperialismo occidentale vengono usati per convincere le masse alla guerra santa,
Tutto questo permette il reclutamento di adepti, più o meno stabili psicologicamente, ma disposti ad immolarsi negli attentati sia nei Pesi islamici come in quelli europei. In Europa, inoltre, troviamo sempre più ragazzi di “seconda generazione”, di famiglie arabe, disadattati perchè hanno perso ogni riferimento culturale del luogo d’origine e non hanno trovato spazio nella cultura giovanile europea, quella della generazione “erasmus”, che odiano profondamente perchè capace di vedere il mondo positivamente. I gruppi estremismi islamici hanno probabilmente studiato bene questo fenomeno e lo stanno utilizzando.
Noi nel frattempo continuiamo a denunciare lo jihadismo come il male del secolo ma non sappiamo concentrarci su ciò che lo ha creato e lo sostiene, sia in Medio oriente come nell’Unione Europea. Forse per i politici di turno continuare nelle attuali impostazioni di politica interna ed estera sembrerà giusto e al servizio di quello che è chiamato “politik correct”. Di certo servirà ai propri scopi elettorali, al lavarsi la faccia e le mani dopo ogni tragedia, ma non permetterà di prevenire futuri attentati e salvaguardare le vite umane e dei nostri figli.
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