C’è da chiedersi se Donald Trump comprenda che essere presidente degli Stati Uniti non equivale ad essere un capitano di una azienda, di una nave o del suo grattacielo. Essere Presidente è un lavoro complesso che richiede approfondite conoscenze degli equilibri interni ed internazionali. Questi primi giorni di Trump presidente sembrano smascherare il tycoon: sembra che ignori tutto questo, che non capisca che l’utilizzo del coltello provoca sempre ferite sanguinanti, rancori ed estremismi. Essere presidente di un Paese democratico, di quel Paese che si proclama esempio di democrazia e opportunità vuol dire saper raggiungere gli obiettivi convincendo le opposizioni delle proprie idee, collaborando con le istituzioni e realizzandole con i tempi che queste necessitano per essere accettate. Ma soprattutto mettendo in pratica il proprio operato solo se questo non contraddice la storia e la costituzione.
Il primo punto da analizzare è il l’impedimento degli accessi sul suolo statunitense a cittadini di un gruppo di paesi a maggioranza islamica: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia,Sudan, Yemen. La ragione? Rischio terrorismo. Potremmo fermarci a discutere su come sia possibile agire in modo contrario alle leggi vigenti, bloccare ed arrestare cittadini che, già dalla stessa aministrazione americana, erano stati autorizzati all’entrata ( il visto ), ma bisogna analizzare altri e più inquietanti aspetti.
Il sistema della disinformazione è alla base della manipolazione delle masse del presidente americano. I soliti siti di fake news su cui Trump si appoggia negli ultimi mesi hanno diffuso dati falsi, hanno aumentato il senso di allarme e paura. Hanno reso un immagine dell’america invasa da clandestini che doveva arroccarsi all’interno. Il tutto grazie ad un “Muro” per poter impedire gli accessi dal confine terreno, quello con il messico, e a provvedimenti aeroportuali per bloccare l’accesso aereo, in particolare le persone provenienti dai paesi islamici.
Peccato per Trump che nessuno di questi sia clandestino ma in possesso di un regolare documento di viaggio e di entrata. Riguardo ai profughi il New York Times ricorda che delle 800 mila persone che hanno trovato asilo dal 2001 a oggi, i casi di sospetta radicalizzazione sono stati solo 12. Inoltre i paesi della lista bloccata sono a maggioranza sciita come l’Iran o lo Yemen. Peccato che gli attentati avvenuti negli Stati Uniti siano stati realizzati da cittadini statunitensi radicalizzati o da islamici sunniti afferenti da paesi come Arabia Saudita e Qatar che non sono stati inseriti nella attuale lista dei paesi “banditi”.
Invece Trump, a discapito di tutti quelli che credevano di aver votato il “nuovo ordine mondiale”, sembra chiudere gli occhi proprio su Qatar e Arabia Saudita, uno dei paesi meno democratici, con maggiori violazioni dei diritti umani, che impedisce ogni emancipazione femminile, ma che storicamente ha forti rapporti commerciali con le aziende e le amministrazioni americane. Ma per Trump forse ci sono questioni anche di “amicizia” come il saudita Walid bin Talal che lo salvò dal fallimento nel 1995 e Akbar El-Baker, amministratore delegato della Qatar Airways affittuario nella Trump Tower a New York.
Per fortuna, sono bastate poche ore perché montasse la protesta. Sedici Stati degli USA non ci stanno, 6 procuratori generali firmano un documento congiunto contro l’atto firmato dal Presidente. Il cardinale Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago dichiara: “Un’ora buia per l’America: il mondo ci guarda mentre abbandoniamo i valori americani”. L’Onu lo definisce un “Atto illegale e malvagio” e Obama dichiara: “Nostri valori a rischio”. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiamato Trump per spiegargli il significato della Convenzione di Ginevra sui profughi, che gli Usa hanno sottoscritto nel 1967 e che li obbliga ad accogliere «profughi di guerra, su base umanitaria».
Ma non solo, Sally Yates, procuratrice generale statunitense, viene licenziata da Donald per essersi opposta al suo bando all’immigrazione. “Noi stiamo con Sally Yates, una vera eroina americana. #RESISTERE posta l’account ufficiale della Marcia delle Donne. “Un eroe legale, ben lontana dal tradire il Dipartimento di Giustizia” rimarca il Financial Times. Twitter è scatenato con centinaia di commenti e messaggi di supporto di chi combatte contro un presidente che non prende in considerazione le opinioni del popolo.
Ma i rischi di deriva estremista e di incentivare le affiliazioni ai gruppi terroristici possono essere generati anche da altri provvedimenti dell’amministrazione Trump. Durante la campagna elettorale aveva promesso di voler tornare ad utilizzare alcuni sistemi di tortura vietati dalle leggi statunitensi ed internazionali, avrebbe detto di poter utilizzare «anche qualcosa di molto peggio del waterboarding» e suggerito di uccidere i familiari dei miliziani dello Stato Islamico come contromisura per fermare il gruppo terrorista. Parlando con ABC News, Trump ha dichiarato che è convinto che la tortura funzioni.
La stragrande maggioranza degli analisti ritiene che la tortura non sia uno strumento affidabile per ottenere informazioni, anche solo per il fatto che chi la subisce non può pensare lucidamente e fornire risposte equilibrate. Lo stesso John Mattis, il nuovo segretario della Difesa, ha detto a Trump di non credere nell’efficacia di questi metodi. Il Washington Post diffonde però in questi giorni una bozza di decreto che autorizza la Cia a riaprire le carceri segrete all’estero chiuse da Obama e volute da Bush. Non dimentichiamoci la prigione di Abu Ghraib in Iraq dove i militari americani commisero abusi su prigionieri iracheni. Sono queste le prigioni dove si sono formati gli attuali terroristi, in particolare Abu Bakr al-Baghdadi mentore e capo dell’Isis, il più elaborato sistema di violenza e terrorismo mai esistito.
Si, sono queste le spiegazioni alla deriva di violenza che si sta diffondendo anche nelle società democratiche. Finché permetteremo ed eleggeremo persone incapaci di comprendere l’indole umano e la sua evoluzione demoniaca durante la perdita della dignità rischieremo per noi e i nostri figli un futuro di guerra e di terrore. Nell’ultimo anno oltre 122 stati hanno praticato maltrattamenti o torture e 30 paesi hanno rimandato illegalmente rifugiati verso paesi in cui sarebbero stati in pericolo. In almeno 19 paesi, governi o gruppi armati hanno commesso crimini di guerra o altre violazioni delle “leggi di guerra”. La distorta reazione di molti governi alle minacce alla sicurezza nazionale, la violazione delle leggi di tutela dei diritti da parte dei governatori degli stati si è tradotta in un vortice che ha portato ad ulteriore escalation di violenza che rischia ora di avvolgerci tutti.
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