Ci vediamo da M.A.R.I.O., prima o poi…

In Italia aumentano gli anziani e cresce la necessità di sviluppare robot e protesi che possano migliorare l’assistenza

Antonio Irlando

Gli anziani, i loro problemi, le loro debolezze, le loro patologie rappresenteranno, nei prossimi anni, una criticità sempre maggiore per la nostra Sanità. Soprattutto, le malattie croniche e invalidanti diventeranno la sfida più grande per la professionalità di medici e infermieri. Ovviamente, tutte le innovazioni tecnologiche saranno benvenute per migliorare l’assistenza. E quale innovazione potrebbe essere più utile della tecnologia robotica?

M.A.R.I.O. assistenza anziani

Finanziato con 4 milioni di Euro dal programma europeo Horizon 2020, rivolto ai pazienti affetti da demenza, il robot assistente chiamato M.A.R.I.O. (acronimo di Managing active and healthy aging with use of caring service robots, sistema di gestione dell’invecchiamento attivo e di successo mediante l’uso di un ausilio robotico) è stato presentato nello scorso mese di agosto ai pazienti del reparto di geriatria dell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. M.A.R.I.O. è un’evoluzione dell’automa Kompai di Robosoft e comunica con i pazienti tramite un tablet integrato sulla parte frontale. In seguito, si attiverà con la voce.

Tecnicamente, il robot comprende una telecamera, un sistema wi-fi, una serie di sensori per la navigazione indoor, il rilevamento di ostacoli e il riconoscimento vocale e dei volti, i controller e le interfacce che supportano il software. La professoressa Mary Murphy, Ordinaria di Scienze Infermieristiche all’Università di Galway, Irlanda, e responsabile della comunicazione del progetto, ha spiegato che il robot non fornirà assistenza fisica e non si sostituirà agli operatori, ma li coadiuverà nelle attività sociali perché è soprattutto nel reinserimento dell’anziano nell’ambiente esterno che si combatte la sfida al deterioramento mentale.

M.A.R.I.O. potrà telefonare, leggere le notizie, ricordare ai pazienti gli orari dei pasti e dell’assunzione delle medicine. Nel mondo, il numero di pazienti affetti da demenza è attualmente stimato in circa 44 milioni. Secondo Alzheimer’s Disease International, la cifra raddoppierà nel 2030 e, probabilmente, triplicherà entro il 2050. Il progetto M.A.R.I.O. è partito nel 2015, ha una durata triennale e prosegue il successo di DOMEO, il primo programma destinato a portare un assistente robot nelle case dei pazienti affetti da demenza.

Alcuni aspetti di DOMEO sono stati migliorati in MARIO, in particolare l’interazione verbale e l’assistenza cognitiva e della memoria che coinvolge la semantica. Secondo Dympsa Carey, coordinatrice del progetto, l’obiettivo è quello di sfruttare l’elaborazione del linguaggio naturale, ponendo la semantica al centro dell’applicazione.

L’equipaggiamento di M.A.R.I.O. ora comprende applicazioni specifiche: il modulo “connect my hobbies”, composto dalle applicazioni my music, my news e my games, è adattabile alle necessità degli utenti, promuovendone l’autonomia. I pazienti avranno la possibilità di scegliere cosa guardare o ascoltare e decidere quando farlo senza dipendere dall’aiuto di altri.

Il robot potrebbe eseguire anche il “Comprehensive Geriatric Assessment” (CGA), lo strumento di valutazione multidimensionale che normalmente richiede l’intervento di un assistente sanitario per almeno 30 minuti. Indispensabile per la valutazione del paziente anziano, serve a creare un piano di assistenza e cure, nonché a monitorare le variazioni cliniche nel tempo.

Attraverso il controllo del comportamento, M.A.R.I.O. potrà seguire le attività quotidiane, le altre patologie presenti, lo stato cognitivo, lo stato nutrizionale, i parametri vitali ed il numero di farmaci assunti. Potrà, inoltre, predire il rischio di sviluppare piaghe da decubito. In Italia, però, non c’è solo M.A.R.I.O. Nel maggio scorso, un robottino si aggirava tra gli stand del Salone del Libro di Torino ed aveva la sua fissa dimora nello spazio espositivo “Vedere il futuro – tecnologie per l’uomo e l’ambiente”. L’altezza è di un metro, quella di un bambino di 4 anni, il peso di circa 22 Kg ed il suo nome è I-Cub, acronimo di Cognitive Universal Body, ma anche ispirato al cucciolo (mancub) descritto da Kipling nel “Libro della Giungla”. È un prodotto della tecnologia italiana, in particolare dell’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia di Genova).

Lo scheletro è realizzato in lega di alluminio. Si muove grazie a 54 motori che controllano 76 giunti. Vede grazie a telecamere neuromorfe, sente attraverso i microfoni, è dotato di sensori che simulano la sensibilità della pelle e riproducono il senso dell’equilibrio.

Attualmente, gli esemplari prodotti sono circa 20, sparsi per il mondo. Si sta cercando di elaborarne una versione pronta ad operare in centri commerciali, ospedali, aeroporti. Si pensa anche a creare un robot domestico che aiuti in cucina o assista gli anziani. Il padre del progetto è Giorgio Metta, vicedirettore di IIT.

Parlando della sua creatura, afferma: “Ciò che lo differenzia da un umano in fase di apprendistato è la capacità di ripetere la stessa azione senza mai stancarsi o annoiarsi, fino a quando non avrà ottenuto il risultato desiderato”. I suoi progressi sono in evoluzione: tra poco diventerà più alto di circa 20 cm per migliorare il movimento e la velocità e presto sarà dotato di una scheda wireless che gli eviterà il collegamento ad un cavo. Il cervello di I-Cub è costituito da 6 potenti computer collegati alla testa del robot che, peraltro, contiene solo i chip necessari al controllo della macchina. La prima abilità che ICub impara è il controllo del suo corpo attraverso l’esplorazione delle mani e del suo mondo. Solo successivamente passa al contatto con l’esterno tramite l’osservazione della forma e del colore degli oggetti e la loro manipolazione. Queste abilità sono state mostrate anche in televisione, durante una puntata del programma “Italia’s Got Talent”: I-Cub ha parlato col conduttore (un esterrefatto Claudio Bisio), gli ha mostrato la sua potenza matematica, lo ha stupito con l’esecuzione di esercizi di Tai Chi. Adorabile, anche in TV.

Antonio Irlando, collaboratore di SocialNews

Antonio Irlando

Nato a Torre Annunziata (NA), maturità classica al Liceo B. Croce, laureato in Medicina e Chirurgia all’Università Federico II di Napoli, specialista in Nefrologia, diploma di perfezionamento in Nefrologia pediatrica. Ex pallavolista, jogger nei momenti liberi. Vive a Udine. Dirigente medico Ospedaliero presso l’Unità Operativa di Nefrologia dell’ASS4 Medio Friuli. Giornalista pubblicista. Dall’amicizia col collega Massimiliano Fanni Canelles nasce la collaborazione al periodico Social News e l’impegno nelle attività di @uxilia Onlus. 

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