ATTN EDITORS: GRAPHIC CONTENT MORE ON IMAGE FORUM This handout photo from Australia’s SBS TV released 15 February, 2006 according to the broadcaster SBS, allegedly shows a psychologically disturbed prisoner in Iraq’s notorious Abu Ghraib jail, covered in a brown substance in Baghdad in 2004. Australian public broadcaster SBS 16 February 2006 defended its decision to show previously unseen pictures of the abuse of prisoners in Iraq’s notorious Abu Ghraib prison by US troops. The producer of the Dateline programme which aired 15 February the photographs and videos, Mike Carey, dismissed complaints from Washington that the broadcast could further inflame anti-US sentiment and endanger troops in Iraq. PLEASE NOTE: ORIGINAL IMAGE OBTAINED BY SBS WAS ALTERED WITH BLURRING RESTRICTED TO EDITORIAL USE AFP PHOTO/HO/SBS DATELINE
L’esperimento di Stanford del 1971 è uno degli esperimenti più conosciuti nell’ambito della psicologia sociale per i risultati drammatici che ne obbligarono l’interruzione dopo soli 6 giorni. Alcuni ragazzi, senza passato di devianza, vennero divisi in due gruppi per simulare le attività di una prigione, in pochissimo tempo le guardie divennero sadiche e maltrattanti e i prigionieri mostrarono evidenti segnali di stress e depressione. L’esperimento si è svolto in un carcere adibito all’occasione nei sotterranei dell’università ed è stato influenzato dall’elevato livello di brutalità e depersonalizzazione tacitamente accettate dai supervisori.
Nel 2003 l’Esperimento di Stanford divenne di attualità quando nel carcere di Abu Ghraib a Baghdad furono inflitti a diversi detenuti numerosi abusi sadici e criminali da parte dell’esercito USA. Le violenze e torture sistematiche sui detenuti sono state perpetrate da diversi membri della forza di polizia militare (la 372/a Compagnia di Polizia Militari, 320/o Battaglione, 800/a Brigata) nella sezione A-1 del carcere di Abu Ghraib. Il carcere in Iraq, gestito in quel periodo dall’esercito statunitense, divenne tristemente noto in tutto il mondo per le foto di una soldatessa americana che portava un detenuto nudo al guinzaglio, di detenuti accatastati nudi gli uni sugli altri, di un detenuto incappucciato con i fili elettrici alle mani.
Queste foto di uomini spogliati nudi, a volte in pose forzate umilianti e sessualmente esplicite erano estremamente simili a quelle del 1971 realizzate all’Università di Stanford. Viene quindi da pensare che anche in Iraq come a Stanford ci sia stata una tacita autorizzazione dai vertici militari ma soprattutto che la conseguenza sui detenuti possa essere stata la medesima con la comparsa di forme di psicosi e depressione o di conclamata patologia psichiatrica.
Da tempo si sa che Al Baghdadi, terrorista iracheno e califfo dell’autoproclamato Stato Islamico, era stato incarcerato dagli americani durante l’occupazione dell’Iraq, ma fino ad oggi si credeva che fosse stato rinchiuso a Camp Bucca, nel sud del paese. Secondo alcune fonti militari degli Stati Uniti queste informazioni non sono esatte o sono state appositamente diffuse per coprire la realtà dei fatti. “The Intercept”, il sito online diretto da Glenn Greenwald, il giornalista che pubblicò le rivelazioni di Snowden, scrive che il ‘califfo’ dell’ISIS, Abu Bakr al Baghdadi con matricola US9IZ-157911C fu detenuto dalle forze Usa nel famigerato carcere iracheno di Abu Ghraib dove sono avvenute le più gravi torture e maggiori violazioni dei diritti umani .
Durante i mandati presidenziali di George W. Bush ( 20 gennaio 2001 – 20 gennaio 2009 ) si crearono quindi le basi per lo sviluppo dell’attuale terrorismo islamico internazionale. Nel 2002 Bush aprì il carcere di Guantanamo a Cuba ma anche molt altri carceri in Iraq. Abu Bakr al Baghdadi, leader del gruppo Stato islamico che controlla l’est della Siria e l’ovest dell’Iraq, ha cominciato la sua “carriera” nella resistenza irachena nel 2003 dopo le torture subite dagli americani. Nel 2006 si era unito al gruppo allora chiamato Al Qaeda in Iraq, composto da jihadisti di svariati paesi arabi sunniti che si erano riversati in Iraq per combattere gli invasori infedeli al servizio dell’allora leader Abu Musab al Zarqaw. Alla morte di Zarqaw nel 2006, Baghdadi, già ai vertici dell’organizzazione jihadista, ebbe poi campo libero nell’autoproclamarsi sceicco di quello che ora conosciamo come ISIS, Is, DAESH o stato islamico.
All’inizio del 2003 lo staff della Casa Bianca non poteva non sapere che le informazioni di “intelligence” usate per giustificare l’invasione dell’Iraq erano false, perché erano stati loro stessi a fabbricare quelle “prove”. Dobbiamo molto, quindi, ai “neoconservatori” dell’amministrazione di George Bush che hanno insistito per invadere l’Iraq: Dick Cheney (vicepresidente), Donald Rumsfeld (segretario della difesa) e Paul Wolfowitz (sottosegretario alla difesa) i quali hanno usato gli attacchi dell’11 settembre come un mezzo per i loro preesistenti piani d’invasione dell’Iraq da dove poi è originato il terrorismo che conosciamo adesso.
Gli errori e le visioni scarsamente lungimiranti degli Stati Uniti nell’ambito delle guerre del Golfo e dell’Afghanistan e gli improbabili alleati mediorentali hanno avuto un peso rilevante sull’escalation del terrorismo e della guerra nel bacino mediterraneo ed europeo. C’è però anche da domandarsi se il delirante programma di al Baghdadi possa essere frutto anche di una devianza psichiatrica conseguenza delle torture subite nel carcere Iracheno durante la gestione americana.
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1 comment for “Terrorismo: Quali le responsabilità statunitensi”