Siamo oggi i protagonisti di una realtà sociale di difficile interpretazione. Viviamo circondati da fedi diverse, a volte scansandoci per timore ed altre avvicinandoci cercando un’unione. Cerchiamo soluzioni di pace e di amore tra le diverse culture, pretendendo spesso che l’una domini sull’altra. L’Islam, non a caso, sembra oggi il risultato di una cultura che negli anni si è sviluppata notevolmente in Europa, ma che come tutte le religioni varia sulla base delle interpretazione che ognuno crea. Sembra dunque necessario interpretare la religione islamica sia dai fatti accaduti in Europa e nel mondo negli ultimi periodi, ma soprattutto ponendo un’accentuata attenzione sulla differenza tra fondamentalismo islamico ed integrazione islamica.
Il fondamentalismo è una concezione in base alla quale la collettività, la politica e la cultura devono essere interamente modellate secondo le regole della religione. Per questo i fondamentalisti islamici – o integralisti – rifiutano che il pensiero, la scienza e la politica siano orientati da una visione del mondo laica – cioè fondata su valori di pluralismo e di libertà individuali e collettive – e che la religione sia considerata una delle varie visioni del mondo possibili, secondo la fede personale. Ma è anche vero che movimenti integralisti sono presenti in tutte le grandi religioni monoteiste: cristianesimo, ebraismo ed islam. Molti sono i casi di fondamentalismo islamico, come nel caso del terrorismo armato, ma lungi dall’essere l’unico esempio possibile. Anche nel cristianesimo abbiamo vissuto tragici episodi di fondamentalismo religioso, come nel caso degli attacchi ad Oslo e Utoya nel 2011 ad opera del cattolico di estrema destra Breivik Anders.
Tornando alla questione islamica, movimenti fondamentalisti e integralisti sono presenti oggi in quasi tutti i paesi islamici. Essi affermano che i precetti religiosi devono essere integralmente applicati nella legislazione degli stati. Il contatto con la cultura occidentale è visto come perdita d’identità e soprattutto si teme che la religione perda la sua influenza e la centralità nella vita sociale. Ma come abbiamo sottolineato si tratta di movimenti e non di veri e propri pensieri di Stato. Non a caso, la Tunisia, cosi come il Marocco rappresentano oggi un ottimo esempio di integrazione culturale con il mediterraneo italiano. In questi paesi – spesso vittime del terrorismo di matrice fondamentalista – la cultura musulmana, pur rimanendo solida nei suoi principi culturali, ha cercato di costruire un ponte con l’Europa, senza affossare i principi cattolici sul quale è in maggioranza fondata. Parliamo dunque di un’integrazione culturale perfetta, dove più culture entrano nello stesso terreno di contatto toccandosi senza farsi del male.
Per quanto riguarda la situazione italiana, sorvolando sui principi di razzismo piedistallo di una cultura – come quella italiana – che sta sempre più perdendo i valori di una democrazia a favore di un patriottismo radicale, l’Italia si erge come una cultura aperta al dialogo con gli altri paesi e le culture del mondo. Non poche sono le realtà islamiche in Italia; non possiamo di certo nascondere i tentativi di terrorismo nel nostro paese, ma come dichiarato in precedenza la colpa la si deve ad un’insofferenza dovuta ad un processo di modernizzazione che sta colpendo la religione islamica, e che molti movimenti radicali non riescono ad accettare. L’Italia deve dunque imparare a non sottovalutare questo processo di innovazione dei paesi islamici, ponendo invece l’attenzione su quali armi – metaforicamente parlando – adoperare per combattere il terrorismo fondamentalista ed ottenere finalmente una concreta rivincita per tutti quei musulmani stanchi di essere chiamati terroristi.
Mohamed Maalel
redattore di SocialNews e contributor di Face Magazine