Claudio Torbinio
Continuano a Ginevra i negoziati per tentare di trovare una soluzione alla guerra in Siria. Grandi assenti tutte le forze di opposizione al regime di Assad: anche i leader “tollerati” dal regime hanno dichiarato l’intenzione di boicottare i negoziati.
Le forze dell’Isis e dell’opposizione armata al regime di Damasco, quella con cui bisognerebbe parlare per trovare un compromesso indispensabile per portare la pace, non sono nemmeno invitati a Ginevra.
Senza dubbio i ribelli avrebbero fatto meglio a recarsi a Ginevra per dire pubblicamente ai rappresentanti di Assad che il regime deve mettere fine a questa barbarie prima di sedersi al tavolo delle trattative, impegnandosi a restare al confronto diplomatico, pronti a cercare un compromesso una volta soddisfatte le loro richieste iniziali.
C’è gran lavoro per l’Inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura (nella foto) che ha incontrato lunedì 1 febbraio la delegazione dell’Alto Comitato per i Negoziati dell’opposizione. Le richieste sono sempre le stesse: aiuti umanitari, interruzione degli assedi, fine degli attacchi sulla popolazione civile. De Mistura ha rassicurato la delegazione che, tuttavia, lamenta il fatto che il conflitto non accenna a ridursi. Il rappresentante governativo, dal canto suo, apre alla possibilità di un cessate il fuoco e all’apertura di corridoi umanitari. Al centro degli incontri diplomatici vi è anche la drammatica situazione della città di Madaya, sotto assedio dalle truppe di Assad supportate dalle milizie sciite di Hezbollah ormai da mesi. Toccherà all’ONU decidere che tipo di convogli e provviste raggiungeranno la città.
Qualcosa si muove, ma l’effettiva efficacia dei negoziati ginevrini è limitata. Mancano anche altri attori determinanti il conflitto: Iran, Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti, ovvero le potenze da cui dipende l’esito della crisi.
I sauditi non vogliono che Assad resti al potere perché per loro incarna il dominio di Teheran sulla Siria. Gli iraniani non intendono lavorare a un compromesso prima di risolvere le divergenze interne tra riformatori e conservatori. I russi non potranno continuare in eterno a sostenere il regime bombardando i ribelli perché lo stato della loro economia non glielo permette, mentre gli americani scommettono sull’ineluttabile passo indietro di Mosca per imporre un compromesso tra Washington e il Cremlino.
Le possibilità che il negoziato porti ad un accordo sono limitate: anche i più ottimisti tra gli analisti non possono fare a meno di notare che, in Siria, si combatte per l’annullamento totale dell’avversario. Non vi è compromesso o contropartita che tenga: la convivenza tra le centinaia di fazioni in guerra è impossibile. L’unico appiglio è la possibilità che venga trovato un punto d’incontro tra Washington e Mosca. Se le due super potenze, fortemente coinvolte nel conflitto, dovessero elaborare un piano comune di transizione verso la pace, allora gli incontri diplomatici di Ginevra potranno avere un esito, quanto meno, non nullo.
La verità è che la situazione è ancora bloccata: le parti in gioco sono troppo forti per soccombere, troppo deboli per prevalere. Nel frattempo, a pagarne le conseguenze è sempre la popolazione civile.
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