Una politica di genere: la donna può risollevare la situazione italiana

Viviamo in una società soffocata dal maschilismo, che pone la donna in un ruolo subalterno. Le attuali istituzioni e le nuove politiche integrate sembrano, però, riuscire, per la prima volta, a destrutturare la classica gerarchia declinata al maschile. Aumentano le assunzioni femminili, ma ciò non comporta, parimenti, un equo trattamento. Manca, soprattutto, il controllo delle condizioni lavorative. Ricordiamo come uno dei principi su cui si fonda la nostra società sia proprio la parità fra uomo e donna. L’articolo 37 della Costituzione dichiara che “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”. La norma stabilisce un precetto di equità spesso non rispettato.

A livello comunitario, la materia è disciplinata dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’articolo 22 stabilisce che “La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, anche in materia di occupazione, lavoro e retribuzione…Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”.

Entrando nello specifico del Belpaese, osserviamo alcuni dati in ambito politico-istituzionale: su 93.000 incarichi politici, solo il 20% di essi è ricoperto da donne. La percentuale appare desolante, soprattutto alla luce del fatto che, mediamente, le donne risultano maggiormente preparate, ancorché soffrano un più pesante tasso di disoccupazione e precarietà.

Dal Quirinale alle Province, passando per Ministeri, Parlamento, Regioni, Giunte e Consigli Comunali, il 79,27% degli incarichi istituzionali è ancor oggi in mano agli uomini. Dei ruoli politici elettivi o di nomina, alle donne vanno, così, le briciole. Analizzando la composizione del Parlamento, alcune dinamiche appaiono evidenti: la percentuale di donne passa dal 30% del totale ad appena il 16% per i ruoli apicali, quali capogruppo, presidente di commissione, membro dell’ufficio di presidenza.

Numeri affini valgono per la squadra di Governo: sul totale dei Ministri, le donne sono rappresentate al 50%, ma se si restringe il campo ai soli Ministeri con portafoglio, la percentuale scende al 35% e cala ancora, fino ad arrivare al 27%, se si prende in considerazione l’esecutivo nella sua interezza, comprendendo anche viceministri e sottosegretari.

Ripercorrendo la storia del nostro Paese, le nostre donne hanno sempre partecipato alla lotta di liberazione dal nazi-fascismo ed hanno ottenuto il diritto di voto nel 1946. Successivamente, tra gli anni ’60 e ’70, il movimento femminista ha concorso al cambiamento della società e alla promulgazione di leggi innovative (divorzio, interruzione di gravidanza, diritto di famiglia, servizi sociali). Ciononostante, per vedere per la prima volta un Ministro donna, il Paese ha dovuto attendere il 1976, quando ai vertici del dicastero del Lavoro salì Tina Anselmi (DC). Da allora sono stati compiuti molti passi avanti, ma la strada da percorrere appare ancora lunga. La storia ci insegna a lottare, e ancora di più a credere. Se quella italiana è una situazione fragile, allora tocca agli Italiani stessi risollevare il morale di una società viziata dal maschilismo.

 Mohamed Maalel, collaboratore di Socialnews

Mohamed Maalel

Metà pugliese, metà tunisino. Classe 1993, studia Scienze della Comunicazione presso l’Università degli studi di Bari. Blogger, divoratore seriale di libri ha cercato sempre di tenersi le mani ed il cervello occupati diplomandosi in un alberghiero, acquisendo un B2 in inglese presso il Trinity College di Londra nel 2011 e partecipando ad un progetto formativo che l’ha portato due mesi a Dublino, la terra delle grandi opportunità per i piccoli sognatori . Ed è proprio a Dublino che l’amore per la scrittura ed il giornalismo è maturato, grazie alla collaborazione con il giornale italo-irlandese “Italia Stampa”. Dalla madre italiana ha imparato il significato dei sacrifici, dal padre tunisino che la guerra è puro nutrimento spinto da interessi altrui. 

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