Sulla via della cooperazione: Balcani e Unione Europea

di Massimiliano Fanni Canelles

15 anni sono ormai passati anche dall’ultimo conflitto che ha spezzato l’equilibrio della penisola balcanica. La disgregazione dell’ex Jugoslavia di Tito è ormai una realtà (quasi) completa. Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania e Kosovo si interrogano incessantemente sul loro futuro, sospesi tra il canto della sirena del sempre imponente protettore russo e le prospettive delle opportunità dell’Unione Europea. La Slovenia per prima aveva presentato già nel 1990 domanda di adesione. Sono stati necessari quattordici anni di negoziati per giungere al Trattato di adesione firmato ad Atene il 16 aprile 2003 che prevedeva l’ingresso nell’Unione a partire dal 1 gennaio 2004. Dieci anni fa a Gorizia e Nova Gorica, città divisa dal confine e, quindi, erta a simbolo della divisione prima e dell’unione poi, il presidente della Commissione Europea insieme con i due sindaci aveva accolto con gioia ed entusiasmo la caduta del confine. La Slovenia è stata seguita nel 2007 da Bulgaria e Romania e, a partire dal 1 luglio 2013, dalla Croazia, tingendo di blu stellato una porzione sempre maggiore della penisola.
Serbia e Montenegro hanno avviato i negoziati per l’ingresso nell’Unione, mentre Macedonia e Albania hanno ottenuto lo status di Paese candidato, ma non sono ancora state avviate le pratiche e non è quindi possibile ipotizzare una data per il loro ingresso e il conseguente ulteriore allargamento ad Est dell’UE.
Ogni popolo ha realizzato quindi progressi, sebbene a ritmi diversi. L’Unione Europea indica in questo senso alcune vie da seguire di cui la prima è costituita dal rafforzamento della cooperazione regionale. In tal senso, il riavvicinamento all’UE si fonda sul rispetto dei criteri di Copenaghen e del processo di stabilizzazione e associazione. Nondimeno, permangono varie sfide come le relazioni di buon vicinato, le riforme (segnatamente costituzionale, istituzionale, giudiziaria e della polizia), la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, i diritti delle minoranze, il rimpatrio dei profughi, le infrastrutture o l’ambiente. Nodo cruciale poi è il Kosovo che, a seguito della dichiarazione di indipendenza del febbraio 2008, viene appoggiato mediante una missione civile internazionale guidata da un rappresentante speciale dell’UE con un sostegno allo sviluppo economico e politico.
Sebbene l’inclusione nell’Unione porti con sé vincoli e criticità, non si può non accogliere con ottimismo e positività questo processo che porta i Balcani a valicare una volta per tutte la Cortina di Ferro, simbolo di un tempo di conflitto costante e latente che ha caratterizzato a lungo la nostra stessa vita. L’ampliamento dell’UE, lento ma deciso, ha un effetto concreto che, magari, non siamo abituati a notare, ma che ha un importante impatto trasversale.
Oltre ai vantaggi più “tradizionali” dell’Unione, quali la moneta unica, il libero scambio nei mercati, la possibilità di muoversi senza bisogno del passaporto, un’Unione più ampia e più forte può rendere la cooperazione e la collaborazione una realtà quotidiana della vita dei cittadini europei. Cooperazione senza confini significa infatti mettere efficacemente in comune le proprie risorse affinché sia possibile migliorare reciprocamente. Attraverso il dialogo è possibile imparare gli uni dagli altri, nonché affrontare insieme situazioni di difficoltà. Un’Unione Europea aperta e allargata permetterebbe infatti anche alle organizzazioni umanitarie di muoversi liberamente.
Che sia l’Unione Europea la chiave per de-frammentare una delle zone più frammentate d’Europa? È presto per dirlo, quello che è certo è che soltanto rafforzando i legami e costruendo ponti anziché barricate, sarà possibile realizzare uno degli ideali che hanno ispirato, ed ispirano ancora, l’integrazione continentale: la solidarietà.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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