Le strade percorribili

Davide Giacalone

Si potrebbe creare una zona extraterritoriale affidata all’amministrazione UE. L’agenzia Frontex dovrebbe organizzare un programma unico di pattugliamento del Mediterraneo per intercettare i barconi e condurli verso la zona extraterritoriale. Qui tutti verrebbero soccorsi e si distinguerebbe fra rifugiati e immigrati, avviati verso percorsi differenti

L’Unione Europea si gioca molto, nel Mediterraneo, sul fronte dell’immigrazione. Proprio perché la posta è alta, rimarchevole può essere il successo. Un dramma può divenire un’opportunità, capace anche di riconciliare opinioni pubbliche sempre più nervose perché sempre più spaventate.
La lunga rete di Melilla, enclave spagnola in territorio marocchino, è stata messa a dura prova da due cariche, prima di 500, poi di altre 200 persone provenienti dall’Africa sub sahariana e intenzionate a entrare clandestinamente in Spagna. Attenti, perché il punto è decisivo: clandestinamente, nel senso di senza permesso, ma non segretamente. La rete non ha retto l’assalto.
È rimasta in piedi, ma in 140 sono riusciti a scavalcarla (è alta 6 metri). La scena di quelle centinaia di uomini appesi per aria, contrastati dalla polizia spagnola, resterà nella nostra memoria. Ma è importante che ci resti lo scopo che gli assaltatori si erano prefissi: saltare la rete, entrare in territorio spagnolo e qui essere condotti nei centri d’accoglienza, naturalmente già in emergenza per il sovraffollamento, da dove partirà la loro storia di immigrati, clandestini, ma non più in Africa. Dovrebbe esserci familiare.
La frontiera di terra consente il contrasto aperto, il respingimento fisico. Le forze spagnole, presenti in quel porto franco che è già Spagna, hanno potuto usare i gas al peperoncino perché non c’era il rischio che qualcuno si ferisse gravemente o perdesse la vita. Nel febbraio scorso, invece, 15 migranti che provarono a usare la via del mare, sempre per raggiungere la Spagna, sono morti annegati. Come capita a noi italiani: una volta individuate le imbarcazioni che si spingono nel Canale di Sicilia non resta che soccorrere esseri umani la cui vita è in pericolo. Così facendo, però, si accorcia la distanza che devono coprire: non più fino a Lampedusa, basta superare le acque territoriali. E così, naturalmente, si chiamano masse sempre più grandi a finanziare la tratta di carne umana e puntare all’arrivo nel nostro Paese.
A quel punto, come i 140 di Melilla, si tratta di clandestini, ma non di persone che hanno provato a far le cose di nascosto. Si sono manifestati apertamente e hanno chiesto aiuto. Sotto la rete, dal lato spagnolo, si vedono quelli riusciti ad atterrare che vengono soccorsi dalla Croce Rossa (hanno ferite superficiali, dovute al fil di ferro, ma sanguinanti copiosamente), mentre la polizia cerca di rigettare dall’altra parte quelli che sono già arrivati in cima. Una scena surreale: a pochi metri di distanza si passa dal conflitto al soccorso. Perché lo fanno? Perché sanno che una volta finiti sotto la giurisdizione spagnola sarà difficile rispedirli indietro. Ed è la stessa cosa cui mirano quelli che s’imbarcano verso l’Italia. Conoscono la debolezza del nostro diritto, che, del resto, è tale proprio perché prova ad essere umano.
Tutto ciò conferma che non si troverà alcuna soluzione ragionevole se non si considererà la difesa delle frontiere un problema collettivo ed europeo. Il che non comporta, come si fa ora, che i Paesi non direttamente esposti paghino un obolo (sempre insufficiente) a quelli che si trovano in prima linea, ma che l’intera faccenda diventi di competenza e giurisdizione europea.
Guardiamo il problema con occhi non bendati da buonismi o cattivismi, che sono solo propagandismi e maschere d’insipienza. Partiamo dall’ovvio: 1. nessun Paese UE può accogliere tutti quelli che lo chiedono, sicché la politica dell’immigrazione comporta una politica del respingimento; 2. nessuna legge nazionale può fronteggiare l’intero problema, perché nessuno ha le proprie frontiere che coincidono con le frontiere dell’intera Unione; 3. la mera scelta fra reato penale e infrazione amministrativa è sciocca, perché ciascuno adotta quella che nel proprio diritto interno favorisce la più veloce espulsione dei clandestini; 4. alla nostra civiltà ripugna anche la sola idea di lasciare qualcuno affogare mentre tenta di arrivare sulle nostre coste.
Quindi si deve tenere assieme: a. la sicurezza delle frontiere, che diventa sicurezza di tutta l’area interna comune; b. la regolazione dell’immigrazione secondo le scelte e le esigenze di ciascun Paese; c. il doveroso soccorso a chi rischia la vita. La soluzione c’è: creare una zona extraterritoriale, sottratta alle legislazioni nazionali e affidata all’amministrazione UE. Si può usare terra e isole già dell’Unione, oppure spazi affittati fuori da questa (ce ne sono di geograficamente interessanti sia in Tunisia che in Turchia).
Con l’agenzia Frontex si organizza un programma unico di pattugliamento del Mediterraneo, cancellando frazionamenti e duplicazioni che, fin qui, ottengono il doppio risultato di far lievitare i costi ed escludere risultati positivi. Il pattugliamento non serve a prendere i barconi e respingerli, che sarebbe inumano, ma ad intercettarli e portarli verso la zona extraterritoriale (se ci limitiamo a portarli in Italia finiamo con il collaborare con i criminali: prima dovevano attrezzarsi per arrivare almeno fino a Lampedusa, ora basta uscire dalle acque territoriali e chiedere aiuto). Qui tutti saranno soccorsi. Poi si distingue fra rifugiati e immigrati. I primi avviati alla gestione Onu e alla collocazione presso l’accoglienza finale. I secondi saranno censiti e i loro dati, comprendenti le loro competenze e attitudini, saranno immediatamente distribuiti ai membri UE, a loro volta tenuti, entro una settimana, a far presente la loro eventuale disponibilità all’accoglienza. In caso contrario (e saranno i casi maggiori), i migranti verranno riaccompagnati al punto di partenza. Con umanità e a spese dell’UE.
L’amministrazione unitaria servirà a evitare drammi di giurisdizioni nazionali lente o inefficienti (la nostra ha un primato negativo). Il riaccompagnamento diventerà notizia immediatamente diffusa nel mondo d’origine, sicché, in breve, più nessuno sarà disposto a pagare soldi che non ha per ottenere il risultato di ritrovarsi al punto di partenza. Nel giro di un paio d’anni i barconi diventano un brutto ricordo.
Senza trascurare che, dopo l’azzardo dell’euro e la guerra interna che ha scatenato (niente affatto finita), sarebbe il primo caso di problema europeo risolto in Europa e grazie all’Unione. Forse la sola cosa utile che le famiglie popolari, socialiste e liberali, nate per animare la politica comune, possano fare per evitare di andare incontro al loro terribile destino: divenire minoranze, sia singolarmente che collettivamente, costrette ad alleanze eterne per non lasciare il governo alle forze estremiste e malpanciste. Quando fette consistenti della popolazione hanno paura. Il compito della politica non è quello di spiegare che sono dei bimbi scemi e viziati, parlando dal seggiolone dei pasciuti privilegiati, ma di provvedere a che i timori non si traducano in reazioni. Quella descritta è una possibile soluzione. Certo, me ne rendo conto, assai meno sollazzante del continuare a far la corrida fra i commossi dalla propria bontà e i fieri della proprio durezza. Posto che i primi sono dei falsi e i secondi degli illusi.

Davide Giacalone
Politico, giornalista, scrittore ed opinionista di radio RTL 102.5

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