Chiara Ciuffini
Passione, sacrificio e sudore bastano per arrivare alla meta, ma i controlli sono ancora pochi e le medie delle prestazioni sembrano a volte sovrumane. Sempre più team introducono dei codici etici, ma troppo spesso c’è chi vende la propria vita e la propria salute per una vittoria finta
Sono nata e vivo all’Aquila. Pratico il ciclismo da un tempo relativamente breve, 5 anni, dall’anno del terremoto nella mia città. Ho cominciato per scherzo, poi ho avuto la fortuna (o sfortuna) di correre un anno tra le professioniste. Un anno che di professionismo non ha avuto nulla, soprattutto a livello di trattamenti. Sono tornata subito nel mondo amatoriale, dove ho raggiunto dei buoni obiettivi, come la conquista del campionato mondiale amatori.
Nella mia esperienza di 3 anni di gare, sono stata sottoposta in una sola occasione ad un test antidoping. Una pratica a me sconosciuta, che mi è stata fatta vivere con molta tranquillità, locali idonei, persone competenti e capacità di mettermi a mio agio. Ho avuto persino la possibilità di entrare accompagnata scoprendo solo in un secondo momento di averne il reale diritto. È per questo che consiglio a tutti i miei colleghi di informarsi su cosa sia realmente possibile e cosa non lo sia. So per certo che non tutti rispettano le norme igienico/sanitarie/umanitarie di cui abbiamo diritto. Secondo me, i controlli sono ancora troppo poco frequenti. Credo che bisognerebbe incrementarli, ma l’eccezione è sempre rappresentata dal loro costo elevato, gravante sull’organizzazione della manifestazione sportiva. Di conseguenza, queste sono “obbligate” a rinunciarvi.
Nella mia breve carriera ciclistica non ho mai ricevuto proposte da parte di altri atleti relative a sostanze dopanti, né ho mai assistito alla pratica delle stesse. Si tratta di un gesto che trovo scorretto, non solo verso la mia persona, ma soprattutto verso i valori stessi che lo sport mi ha donato, quali la correttezza, la trasparenza, l’amore per la sana competizione.
Non so se qualcuno faccia effettivamente uso di qualcosa.
All’interno del gruppo, tanti amano parlarne e accusare altri atleti con forza, senza però possedere riscontri certi.
Vero è che in corsa si giunge a medie e prestazioni a volte esagerate. Il corpo umano sconta limiti fisiologici spostati, però, molto in avanti con l’avvento di nuove tecnologie, nuovi materiali e metodi di allenamento. Un ciclista medio può migliorare le sue prestazioni utilizzando dei buoni parametri di allenamento quotidiano e di alimentazione.
Posso però affermare per certo che, per raggiungere determinati obiettivi, l’unica via percorribile passa attraverso passione e sacrificio. In molti migliorano facendo sacrifici enormi solo in nome dell’amore per la bici e della sana competizione. L’uso di certe sostanze non solo crea danni allo sport e alla sana competizione, ma soprattutto al proprio fisico e, magari, alla prole futura. Per ultimo, anche alle proprie finanze, essendo questa pratica molto costosa.
Ho sentito parlare anche dai giornali di traffici di prodotti venduti sottobanco da dipendenti ospedalieri, a volte sottraendo medicinali a chi ne abbia un bisogno reale e vitale, il tutto solo per la gloria di una domenica da “falsi vincitori”.
Quest’anno faccio parte del team Velo Group MG K Vis team Somec di Forlì, il quale, da qualche anno, ha introdotto come norma portante la sottoscrizione di un codice etico nel quale ogni atleta crede e sostiene fortemente.
Tramite il codice etico, l’atleta si impegna a competere in modo sano, pulito e trasparente.
Per me il ciclismo è fatica, sudore, passione vera. Mi dà una gioia immensa. Dopo ogni fatica, infatti, la soddisfazione ripaga ogni goccia di sudore perso.
Io dico solo che amo questo sport alla follia. Lo amo tantissimo e lo amo pulito, chiaro e trasparente. W la bici! W il ciclismo pulito!
Chiara Ciuffini
Ciclista per Velo Group MGK Vis team Somec di Forlì e campionessa mondiale di ciclismo amatoriale Uci World Cycling Tour final 2013