Dove i media si fermano – “Ogni singolo giorno”

Ornella Esposito, Thomas Turolo

Siamo entrati nelle loro case, abbiamo ascoltato ciò che è adagiato nei loro cuori. Le loro braccia si sono aperte in maniera autentica, semplice, affettuosa. E noi non abbiamo potuto fare altro che abbandonarci a loro, ricambiare la disponibilità di chi, con coraggio, ha raccontato la propria vita affinché gli altri sappiano, soprattutto quelli che non vivono in Campania

Di Terra dei Fuochi oggi si parla molto, troppo. Se ne parla in ogni modo e in ogni lingua: anche televisioni e giornali svizzeri, tedeschi, francesi, inglesi ed americani sono scesi fin qui per capire qualcosa in più di questa intricata matassa chiamata Regione Campania, eletta a pattumiera d’Italia da politici, imprenditori e camorristi.
Ma non è di questo che vogliamo discutere. Intendiamo, invece, raccontare come è nata l’idea del nostro documentario su un tema così scottante.
Di Terra dei Fuochi si è iniziato a parlare dopo le scioccanti dichiarazioni di un efferato boss della camorra. Le parole, le grida della gente comune, che stiamo incontrando nell’attraversare le terre campane, non avevano, finora, richiamato l’attenzione di nessuno, politici e giornalisti o, meglio, giornali, in particolare.
Oggi, invece, è un continuo andirivieni di telecamere e macchine fotografiche. La parrocchia di Padre Maurizio Patriciello e le campagne di Orta di Atella, Acerra, Casal di Principe, sulle quali, per anni, sono stati sversati rifiuti tossici e appiccati roghi che colorano di nero il cielo, qui quasi sempre sereno.
Tutti esprimono opinioni come se il fenomeno fosse nuovo.
La Terra dei Fuochi è diventata una notizia. Ma la vera notizia è che non esiste nessuna notizia: gli abitanti sapevano da tanto dell’avvelenamento dei territori.
Improvvisamente, invece, le televisioni si accorgono del biocidio, alle istituzioni tornano vista e udito, i camorristi ricordano di aver sversato qui i liquami tossici del ricco Nord. Oggi, tutti vedono e “respirano” la Terra dei Fuochi.
Ma come la vedono? e, soprattutto, come la raccontano?
Il sensazionalismo malamente mascherato da notizia, il pietismo ammantato da finta compassione ed il becero terrorismo mediatico passato per corretta e doverosa informazione albergano con nonchalance nelle trasmissioni televisive e sui giornali.
Quando giungono nella Terra dei Fuochi, alcuni giornali ed alcuni giornalisti cercano solo monnezza e malati di tumore, meglio se in pessime condizioni di salute.
Dietro il sensazionalismo mediatico ci sono, però, le persone. Quelle che da anni lottano contro l’inquinamento ambientale, coltivano la terra, si prendono cura dei loro figli.
Visitano i malati, officiano le celebrazioni religiose, si recano in ospedale per sottoporsi alle chemio in una Regione in cui la Sanità è pessima. Si sposano, studiano, cercano, invano, un lavoro.
Proprio di quella folta popolazione, di cui uno di noi due fa parte, vogliamo raccontare nel nostro documentario “Ogni singolo giorno”. Ne vogliamo mettere in risalto l’umanità, le difficoltà, la passione e la speranza, l’impatto del vivere quotidiano in una terra un tempo chiamata, non a caso, felix ed ora mortalmente infelix.
Il documentario è nato dalla passione. Quella di un regista friulano autore di lavori fortemente orientati al sociale e quella di una giornalista napoletana residente nella Terra dei Fuochi e da sempre impegnata nel sociale e nella cultura.
È bastato poco per accendere la scintilla. Una domanda innocua – Ma lì, in Campania, come la vivete la Terra dei Fuochi? – che celava il desiderio di un’informazione vera, genuina, non costruita per la morbosità dei telespettatori.
Una domanda a cui è seguita una risposta rabbiosa, accorata, combattiva, propria di chi non vuole che la propria terra venga marchiata a vita dalla monnezza. Una risposta, soprattutto, di chi non intende sentirsi responsabile o, addirittura, complice della camorra e degli uomini di malaffare, come molti vogliono far credere, ribaltando sulla gente responsabilità, enormi, prima di tutto istituzionali.
“Le persone vivono male, sono preoccupate, vedono il loro futuro come un grande punto interrogativo. Soprattutto,si domandano se lo vedranno un futuro. Non solo.  Non ci stanno a farsi dire che la colpa è esclusivamente loro e che inquinano le loro terre. Lo sai da dove provengono i rifiuti? – segue una contro domanda – Dai camorristi, dai “colletti bianchi”, dagli imprenditori del Nord che hanno interrato nelle nostre terre gli scarti delle loro industrie. La Campania è una colpa dell’Italia intera, è uno scuorno (vergogna, ndr) nazionale”.
Questa la risposta.
Mentre parliamo con animosità, inizia a diventare chiaro ad entrambi come sia scoccata la scintilla. È nata la necessità di raccontare questa parte di mondo da un altro punto di vista, dal basso, dalla bocca della gente, senza alcun clamore. Di clamoroso, ed eroico, le storie raccontate sono già ricche. Non bisogna aggiungere effetti speciali. Non servono. Soprattutto, non ci piacciono.
L’idea è quella di dipingere una serie di vite, simbolo di molte altre, pesantemente penalizzate dal fatto di abitare una terra così difficile. Ma l’idea è anche quella di mostrare la forza di queste vite, testimonianza che, uniti, è possibile dire no al biocidio. Le 100.000 persone scese in piazza il 16 novembre scorso lo hanno dimostrato. Tra loro c’erano anche persone provenienti da altre regioni del Paese, nelle quali cominciano ad emergere disastri ambientali simili a quelli campani.
“Ogni singolo giorno” ha la pretesa di mostrare non solo lo scempio perpetrato ai danni di un territorio ricco e fertile, ma anche la vita, il desiderio di rinascita, la voglia di lottare per la propria terra, ciò su cui i media non si soffermano perché alla ricerca della dichiarazione forte, dello scoop.
La scintilla è diventata subito un fuoco alimentato immediatamente dal produttore di questo lavoro, il dottor Rosario Bianco della Rogiosi Editore, Napoli. Un sognatore sfrenato, un uomo traboccante di energia. Anche a lui è bastato poco, pochissimo. Ha deciso subito di intraprendere con noi questa avventura.
Il documentario, le cui riprese sono ancora in corso, sta seguendo una linea rispettosa delle persone intervistate. La scelta è quella di trascorrere del tempo con loro, partecipare alle riunioni, ascoltare le loro storie al di là di quanto verrà tenuto nel montaggio. Siamo entrati nelle loro case, abbiamo ascoltato ciò che è adagiato nei loro cuori. Le loro braccia si sono aperte in maniera autentica, semplice, affettuosa.
E noi non abbiamo potuto fare altro che abbandonarci a loro, ricambiare la disponibilità di chi, con coraggio, ha raccontato la propria vita affinché gli altri sappiano, soprattutto quelli che non vivono in Campania.
Più andiamo avanti e più ci rendiamo conto della necessità
di portare questo lavoro non solo al di fuori del territorio campano, ma anche di quello italiano. Tutti, ma proprio tutti i nostri protagonisti sottolineano con forza che l’inquinamento è il prodotto di una filiera industriale malata che affonda le proprie radici ben oltre la Campania.
L’inquinamento è mortalmente intrecciato con l’illegalità, il profitto “a nero”, lo sfruttamento dei lavoratori, la povertà.
Tutti questi aspetti devono essere affrontati, altrimenti la Terra dei Fuochi rimarrà tale e ne sorgeranno altre, peraltro già esistenti, in altre zone dello Stivale.
Di ciò sono convinti i nostri “personaggi” reali, che non si arrendono. Anzi, adesso sono sempre più determinati a non mollare.
Non si torna indietro. Nemmeno noi. La Terra dei Fuochi, le storie di queste persone, le pieghe dei loro volti, i movimenti delle loro mani ci attraversano. Avvertiamo in modo ancora più intenso la responsabilità di raccontare, senza sovrastrutture, le loro vite. O, almeno, raccontare questi luoghi e le persone che li abitano da un’altra prospettiva: quella della vita, non solo quella della morte.

Ornella Esposito
Giornalista e co-autrice napoletana, presidente @uxilia Campania
Thomas Turolo
Regista e co-autore friulano

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