Una strada nuova per la scuola del futuro

Gianluca Cantisani

Un’idea semplice e straordinaria: pensare alla diversità nella scuola come ad una ricchezza e non come ad un problema.

Raccontiamo di una scuola un po’ fuori dagli schemi. All’inizio era solo un’esperienza di scuola aperta ed attiva. Nel tempo è diventata uno spazio di ricerca di soluzioni creative tra le istituzioni (i dirigenti scolastici in primis) ed i cittadini (i genitori in primis) dando una possibile forma al principio di sussidiarietà di cui all’art.118 della Costituzione. Una possibile strada nuova fondata sul principio di amministrare la scuola il più possibile insieme in quanto bene comune.

Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio si alzò, andò ad aprire e vide che non c’era nessuno
(Martin Luther King)

La storia è quella della Scuola Di Donato, rione Esquilino, Roma, accanto alla stazione Termini. Fino a dieci anni fa, il quartiere veniva considerato una “periferia” per la presenza di una vasta comunità migrante la quale, per sua natura, è passeggera, provvisoria e, principalmente, povera. Il degrado dell’Esquilino all’inizio degli anni 2000 tocca il suo apice. Un quartiere mercato con case fatiscenti che accoglie tutte le devianze, comprese quelle espulse dalla vicina stazione ferroviaria e spostate sui territori adiacenti. I residenti migranti all’Esquilino non superano il 20%, ma molte famiglie italiane spostano i figli nelle scuole del quartiere considerate ”più italiane” ed i migranti seguono i connazionali nelle scuole considerate “più accoglienti”. La scuola Di Donato (3-14 anni) plesso dell’I.C.Manin ha così una presenza di migranti superiore al 50%. Le istituzioni non governano i fenomeni descritti e molti insegnanti si allontanano.

L’idea di un preside

Nel 2001 arriva un preside, il prof. Bruno Cacco. Persona mite, di grande cultura, non si limita a fare il preside di una scuola dell’obbligo. Nell’I.C. Manin è presente anche una scuola per adulti. Cacco partecipa a progetti nazionali ed europei ed è anche presidente dell’Unicef provinciale. Guarda, quindi, ai bambini ed agli adulti insieme, a chi è vicino e a chi è lontano nel mondo, alla sua scuola ed alla società civile che la circonda. Cacco ha una idea semplice e straordinaria: pensare alla diversità nella sua scuola come ad una ricchezza e non come ad un problema. La sua scuola dell’obbligo (800 alunni) comprende bambini le cui famiglie provengono da 45 Paesi diversi del mondo, la scuola degli adulti (1.700 iscritti) da 90. Per lui non sono migranti, ma rappresentanti dei popoli del mondo e la sua non è una scuola di frontiera, ma una scuola “internazionale”. Un laboratorio straordinario nel quale si incontrano culture e tradizioni differenti, un luogo educativo che permette di entrare in contatto con il mondo stando al centro di Roma.
Comunica questa sua idea. Prima agli insegnanti, non lasciandoli più soli, ma sostenendo la raccolta di strumenti e
prassi per governare questa ricchezza. Poi apre una strada nuova ai genitori, alle famiglie. Ascolta e raccoglie le esigenze dei genitori che vogliono reagire al degrado del rione, povero di spazi ed opportunità per i propri figli. Promuove un progetto insieme ai genitori per l’utilizzo di alcuni spazi dopo l’orario scolastico e lo inserisce come attività integrata nel POF (il pia-
no degli indirizzi formativi della scuola). Promuove il coinvolgimento delle istituzioni comunali per realizzare un
centro interculturale e propone che sia gestito dai genitori.
Poi passa alla pratica. Prima dà le chiavi della scuola ai genitori, i quali si mettono all’opera per recuperare i seminterrati abbandonati. Ne sperimenta l’autogestione. Poi invita i genitori a costituire un’associazione vera e propria. Infine, chiude il percorso studiando insieme ai genitori gli atti amministrativi che regolano i rapporti tra istituzione e cittadini: una convenzione per l’utilizzo degli spazi scolastici dopo l’orario scolastico, una seconda per la gestione del “Polo Intermundia
del I Municipio” che coinvolge anche il Comune di Roma.

I genitori nella scuola

Sostenere gli insegnanti fu un atto strategico. A distanza di molti anni, oggi la scuola è considerata di “qualità” per tutti i valori aggiunti che ha saputo costruire intorno alle difficoltà. Tuttavia, ciò che diede forza agli stessi insegnanti fu il coinvolgimento dei genitori. Cacco considerava i genitori parte integrante della scuola, una risorsa come tutte le altre parti della scuola. Un valore aggiunto spesso nascosto, un capitale sociale illimitato che andava liberato, lasciato libero di
“fare per la scuola”, accettando anche visioni differenti da quelle di coloro i quali lavorano nella scuola.
In particolare, credeva nella gratuità, nella forza dei genitori come risorsa di gratuità nella scuola. Aveva fiducia nell’apertura di spazi nuovi che unissero il mondo dei bambini e quello degli adulti, dentro la scuola e con il
territorio. Considerava la sua azione di dirigente scolastico di stimolo (promuovere le ricchezze nascoste), di orientamento
(sostenere le azioni dentro i binari istituzionali e per il bene della scuola) e di verifica (ma dopo aver sperimentato
insieme una strada, aver visto all’opera). Parlava di riferimenti istituzionali saldi: i decreti delegati, l’autonomia scolastica e la sussidiarietà (art. 118, introdotto nella Costituzione proprio nel 2001). Diceva che era suo compito aprire la scuola, collegare la scuola al territorio, aprirla al mondo. Affermava che si trattava di uno scambio, in realtà, perché anche la sua scuola poteva fornire un contributo ai processi in atto nel quartiere. Cacco aprì la sua scuola convinto che, quale luogo della
cultura e dell’educazione, di bambini ed adulti, potesse aiutare a governare i processi collettivi di un territorio. Lo fece lasciando libere le persone più vicine alla scuola, i genitori, di apportare questa mediazione, di gestire questo scambio in nome della scuola.

Genitori attivi, adulti che si rimettono in crescita

A chi spetta la gestione dei beni comuni? E se non viene fatta la manutenzione della scuola, che si fa? Alla Di Donato la scelta dei genitori fu quella di mettersi all’opera, di dare l’esempio. Per il bene dei propri figli, ma anche per il bene della scuola pubblica. Grazie ad un preside che lo permise con fiducia e semplicità. Scegliere di dedicare un po’ del proprio tempo e delle proprie competenze alla scuola rappresenta, per un genitore, un esercizio di cittadinanza. Un investimento sul presente dei propri figli, ma anche sul loro futuro.
Coinvolgersi in questo cammino ha significato per molti adulti “rieducarsi ai beni comuni e al futuro” e rimettersi in formazione stimolati dalla conoscenza e dal confronto con altri genitori, altri cittadini, altre visioni. In un luogo educativo come la scuola, questo ha significato costruire una “comunità educante” nella quale non sei più sola/o ad educare i figli e, attraverso di loro, sei chiamato da adulto di nuovo “a scuola”, a rimetterti in crescita. Non è “da tutti” rimettersi in cammino attraverso ed insieme ai propri figli, ma molti genitori lo hanno fatto e la Di Donato è diventata un luogo di riferimento nazionale per la cittadinanza attiva, esempio, soprattutto, per altri adulti.

Aprire le scuole con le risorse di gratuità

Il preside Bruno Cacco ci lasciò quasi all’inizio di questo cammino. Dieci anni dopo, una persona che lo aveva cono-
sciuto all’Unicef conobbe l’esperienza della scuola Di Donato (nella quale non era mai stato) e rimase colpito di “rivedere quanto di ciò che abbiamo creduto insieme sia rimasto e viva ancora oggi nella vostra scuola”.
I genitori costituiscono una risorsa per la scuola. Ma il loro coinvolgimento deve partire da un’apertura, da un credito, dalla fiducia che anche loro sono capaci di essere custodi dei migliori valori della Costituzione e del bene comune, allo stesso modo di chi lavora nella scuola e sente di avere questo ruolo “istituzionalmente”. I genitori non tolgono spazio, ma aggiungono valore, non sostituiscono chi lavora, ma sono parte della qualità di una scuola.
L’idea di tenere aperte le scuole dopo l’orario scolastico non è nuova. Ma l’idea del preside Cacco e dei genitori della Di Donato è che ciò va fatto con le riserve di gratuità dei genitori. Due ore, un cortile, un’aula recuperata, quello che si può fare. Ma con le sole risorse di gratuità, competenza e tempo dei genitori. Una Scuola Aperta in questo modo può diventare un progetto collettivo della comunità scolastica, non l’ennesimo servizio offerto dalle istituzioni che chiude quando non ci
sono più i soldi per sostenerlo. Perché – va detto – i soldi, in genere, sporcano il percorso. Sono necessari, ma rappre-
sentano uno strumento, non l’obiettivo di partenza. Non si parte da essi. Prima si fa senza, si ripulisce il campo da aspettative sbagliate e si vede se e quali strade rimangono in piedi. Poi, una volta che si è costruito qualcosa in modo autonomo, si può renderlo più forte utilizzando altri strumenti. I genitori costituiscono una riserva di gratuità che non viene quasi mai attivata con una visione ampia delle loro potenzialità. Troppo spesso prevale la paura e la sfiducia (che bussano alla porta). L’esperienza della scuola Di Donato dimostra che è invece possibile attivare in modo positivo il capitale sociale di una scuola e può incoraggiare i dirigenti scolastici ed i genitori a sperimentare strade nuove (proprie) ed a mettersi in cammino.

Informazioni sull’ esperienza: www.genitorididonato.it;
Come contattarci: gianlucacantisani@tiscali.it

Gianluca Cantisani
Associazione Genitori Scuola Di Donato – Roma

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