Franco Fichera
Per alcuni bambini le tasse erano troppo alte (il Governo aveva previsto un’aliquota del 40% per tutti e l’esenzione per chi aveva ricevuto solo 5 monete); per altri troppo basse; per alcuni, poi, mal distribuite.
Le tasse sono in genere viste come un «male», perché consistono in un sacrificio. Dire che le tasse sono belle crea un po’ di sorpresa. Ma perché sono «belle», oppure si può dire che sono «belle»? Perché reggono la vita in comune. Sono alla base della convivenza civile, nel senso che tutti siamo chiamati a concorrere alle spese pubbliche, dunque a sostenere con le tasse la realizzazione degli obiettivi collettivi che riguardano tutti. E questo è possibile farlo solo con le tasse. Allora, sono un sacrificio, è vero, ma per realizzare un interesse collettivo.
Franco Fichera, Le belle tasse.
Ciò che i bambini ci insegnano sul bene comune, Einaudi, Torino, 2011
Il gioco delle tasse
Nel 2005, l’assessore dell’epoca alle Politiche dell’Infanzia del Comune di Roma, sapendo che insegnavo diritto tributario, mi chiese: “Professore, ma perché non spiega le tasse ai bambini?”.
Accettai l’invito e, chissà perché, la prima cosa che mi venne in mente fu quella di distribuire ai bambini delle monete di cioccolata. In effetti, la tassazione implica un sacrificio, ma per il bene collettivo. Da qui l’idea del titolo: “Le belle tasse” e, poi, delle monete di cioccolata con cui pagarle.
Occorreva che ciascuno disponesse di una ricchezza. Occorreva che si costituisse un’autorità che stabilisse la tassazione, raccogliesse quanto versato ed esplicitasse gli obiettivi da raggiungere e spendesse in modo coerente il gettito. I bambini, circa un centinaio, avrebbero occupato i banchi dell’austera Aula Giulio Cesare del Consiglio Comunale di Roma: il Governo quelli della Giunta e i cittadini quelli dei consiglieri comunali.
La lettera che scrissi al Comune per presentare l’iniziativa era, più o meno, del seguente tenore: “Nei prossimi giorni avrò un incontro con alcune classi di IV e V elementare per spiegare le tasse ai bambini, qualificate come “un sacrificio individuale in vista dell’interesse collettivo”. La tassazione incide sulle ricchezze dei singoli, ne preleva una parte e la destina alle spese pubbliche. Le decisioni sono prese dall’autorità politica che, per assicurare le entrate, si avvale di esattori e, per provvedere alle spese, di amministratori. I bambini disporranno di monete che saranno loro distribuite in modo casuale e disuguale. I bambini saranno poi invitati a destinarne una parte come tassazione secondo le decisioni del Governo. A tal fine, presenteranno su un modulo che sarà loro consegnato una dichiarazione contenente l’indicazione delle proprie fortune, l’aliquota da applicare, il tributo dovuto, aggiungendo i dati anagrafici e la firma.
Una volta che gli esattori avranno ritirato le dichiarazioni e percepite le entrate, l’autorità politica confronterà quanto è stato riscosso con quanto dovuto, evidenziando, se risultano, fenomeni di evasione. Per l’evasore la sanzione sarà meramente morale.
Le monete prelevate saranno raccolte nella cassa del Tesoro e l’autorità politica destinerà le somme riscosse alle diverse voci di spesa: Istruzione, Sanità, Trasporti, Sicurezza, Difesa, Politiche Sociali.
I bambini, così, vedranno che il sacrificio individuale (la tassazione) permette la realizzazione di interessi collettivi (le spese pubbliche). E coglieranno che la modalità attraverso cui ciò si realizza è quella dell’”altruismo imposto” o del “dovere di solidarietà””.
Ecco il resoconto di quella giornata.
I bambini, che non sapevano nulla e non erano stati in alcun modo preparati, sono stati per due ore estremamente attenti. Prima hanno seguito l’azione e i diversi passaggi e, via via, hanno formulato domande. Poi, quando tutto il meccanismo si era dispiegato, ognuno ha detto la sua.
Per alcuni le tasse erano troppo alte (il Governo aveva previsto un’aliquota del 40% per tutti e l’esenzione per chi aveva ricevuto solo 5 monete); per altri troppo basse; per alcuni, poi, mal distribuite. Altri si sono chiesti perché i ricchi dovevano pagare di più quando sono tali per propri meriti. Altri hanno sostenuto che qualcosa di più doveva restare per la famiglia. Altri, poi, volevano sapere come si puniscono gli evasori (erano infatti previste entrate per 440 monete e ne erano state incassate 410). Altri, ancora, volevano spendere di più per la Scuola e meno per la Difesa. Alcuni proponevano nuove voci di spesa rispetto a quelle previste. Una bambina, figlia di una vigilessa del fuoco, ha esclamato: “Allora mia madre è pagata con le tasse!”. Un altro, a fronte della sanzione morale, non ha resistito e ha versato altre tre monete trattenute per sé in violazione di quanto disposto.
Il Governo si è ben comportato. Ha discusso dell’aliquota e dell’allocazione del gettito per le diverse voci di spesa. Il capo del Governo era una bambina che si esprimeva con disinvoltura. Alla fine ha fatto alcuni commenti sulle tasse giuste e sulle spese, tirando le fila di quanto era stato detto. Poi è stato sollevato qualche sospetto sugli esattori, i quali si sono alzati e hanno vuotato le tasche, come per dire “Non abbiamo monete”.
Alla fine c’erano ancora molte mani alzate. Ma si doveva chiudere.
I bambini sembravano stregati; non è successo niente che disturbasse le sequenze previste. Indubbiamente ha giocato lo strano meccanismo che prevedeva di essere partecipi dell’azione e poi di commentarla. Le cose sono state presentate loro come un gioco con la promessa che si sarebbero divertiti. Invece l’hanno presa sul serio, come se fossero impegnati a capire e poi capissero effettivamente. O meglio, come se già “sapessero”.
A quella di Roma, sono seguite altre esperienze in diverse città italiane.
Le tasse in classe
Nell’estate del 2011, il Comune di Riccione, prendendo spunto dal libro “Le belle tasse”, mi propose di sviluppare un progetto per le scuole.
L’esperienza de “Il gioco delle tasse” è costruita in modo che i bambini che vi partecipano comprendano di che cosa si tratta. E ciò è reso possibile dal fatto che vengono convogliati nell’Aula del Consiglio Comunale, ricevono le monete di cioccolata con cui pagare le tasse, si distribuiscono nei diversi ruoli di una comunità organizzata. Va aggiunto che il titolo del gioco, “Le belle tasse”, li confronta con l’essenza stessa della tassazione in una comunità.
Nelle “tasse in classe” è diverso, tutto si svolge in aula, è l’insegnante a condurre, in più ci si rivolge a bambini di IV e V elementare, ma anche a ragazzi delle scuole medie o delle superiori. Ed è in questi contesti che bisogna intendere “di che cosa si tratta quando si parla di tasse”.
Da qui la proposta di leggere e commentare il libro in classe, a partire dalle domande dei bambini nelle esperienze di Roma e Torino, così come riportate in “Le belle tasse”. Alla base vi è l’idea, semplice, che l’esperienza del “gioco delle tasse” possa guidare alla comprensione altri bambini e poi i ragazzi su cosa siano le tasse. Insomma, si prende sul serio il sottotitolo del libro: “Ciò che i bambini ci insegnano sul bene comune”.
Il tema delle tasse, infatti, in modo immediato e comprensibile, pone bambini e ragazzi in contatto con i fondamenti della vita in comune, tocca esperienze vissute, richiama conoscenze latenti, fa venire alla luce riflessioni fuggevoli ed irriflesse che riguardano i diritti e i doveri, l’individuo, il Governo, la ricchezza e la povertà, la giustizia e poi l’ordinamento, le regole, le sanzioni – i contenuti possibili dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”.
Gli allievi, e con loro gli insegnanti, per tale via riscoprono il loro essere parte di una comunità. Come verso di essa si abbiano delle responsabilità. E subito ognuno ha la sua opinione. Si è pronti a dire: io la penso così! E, poi, si vede che altri la pensano diversamente.
È quanto è successo nell’anno scolastico 2011-2012 nelle classi della Scuola Secondaria di 1° grado “E. Filippini” di Cattolica.
Di che cosa si tratta quando si parla di tasse
L’insegnante in classe inizia con la lettura e il commento del libro insieme con gli allievi.
Dopo numerosi incontri settimanali, sviluppatisi per circa due mesi, gli allievi sono ormai consapevoli “di che cosa si tratta” e in grado di cogliere i molteplici e complessi aspetti della tassazione. In particolare, la discussione si concentra sulla giustificazione delle tasse, l’evasione fiscale, la spesa, la buona e la cattiva amministrazione e, attraverso ciò, lo si diceva prima, su nozioni così inerenti alla tassazione, quali libertà, giustizia, eguaglianza, comunità, Costituzione, legge, Governo, bene comune, pluralismo. Risulta evidente come, sui diversi temi, vi siano o si formino opinioni differenti.
Il bruco, il ramo e la farfalla
Da qui l’idea di procedere all’elezione del Governo. Si chiede, così, agli allievi di presentare le candidature e, a ogni candidato, di formulare un programma sui seguenti punti: “La tassazione”, “Il corretto adempimento e l’evasione fiscale”, “La spesa”, “La corretta amministrazione della spesa e la corruzione”, da esporre e da sottoporre al voto a scrutinio segreto con l’elezione del Governo di 5 componenti, tra i quali il capo. Il Governo, così eletto, è tenuto a presentare il programma da illustrare in classe.
Un’allieva concepisce un manifesto elettorale: “Fatemi essere il vostro ramo”, in cui è rappresentato un bruco, un ramo e una farfalla. E lo illustra così: “Il bruco è un insetto insignificante che si appoggia al ramo perché ha bisogno di un attacco solido per cambiare e trasformarsi in farfalla. Così vuole essere il mio programma”.
Il colore delle tasse
Uno dei compiti assegnati dall’insegnante ai ragazzi è quello di riformulare il titolo del libro “Le belle tasse”. Un’allieva indica “Il colore delle tasse” con questa motivazione: “Perché le tasse hanno un colore diverso, viste in modo negativo sono nere, se piacciono sono verdi, ecc.”.
Si conviene, allora, di chiedere agli allievi di “dare un colore alle tasse”, fornendo la motivazione della scelta. Ne nascono gli elaborati, veramente significativi, che si trovano in www.lebelletasse.com.
Conclusione
L’evasione fiscale, come afferma la Corte Costituzionale, sent. n. 51 del 1992, “costituisce in ogni caso un’«ipotesi di particolare gravità», per il semplice fatto che rappresenta, in ciascuna delle sue manifestazioni, la rottura del vincolo di lealtà minimale che lega fra loro i cittadini e comporta, quindi, la violazione di uno dei «doveri inderogabili di solidarietà», sui quali, ai sensi dell’art. 2 Cost., si fonda una convivenza civile ordinata ai valori di libertà individuale e di giustizia sociale”.
L’evasione nega la tassazione nella sua essenza. Chi evade viene meno al rapporto di fiducia che regge la vita insieme, viene meno al reciproco affidamento tra singolo, comunità e istituzioni. E se la relazione di fiducia che ci lega si spezza, la comunità si incrina, è messa in discussione, può sfaldarsi.
Il rimedio all’evasione, certo, è la sanzione e insieme le misure più acconce di controllo, accertamento e riscossione. Ma, prima ancora, è cruciale la consapevolezza che con l’evasione è in gioco la possibilità stessa della vita in comune.
E allora, per promuovere una “cultura della tassazione”, perché non cominciare dalle scuole?
Riferimenti: Franco Fichera, Le belle tasse. Ciò che i bambini ci insegnano sul bene comune, Einaudi, Torino 2011.
www.lebelletasse.com
Franco Fichera
Professore Ordinario di Diritto Tributario, ha insegnato presso le Università di Napoli Federico II, Bologna e Suor Orsola Benincasa di Napoli
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