Le prossime sfide del SSN

Vincenzo Atella

Per ridurre la spesa si renderà necessario diminuire il numero di persone da curare e questo sarà possibile solo concentrandosi maggiormente sulla prevenzione, con una decisa inversione di tendenza.

L’Italia è uno dei Paesi in cui si vive più a lungo: dal 1960 ad oggi, l’aspettativa di vita della popolazione italiana è aumentata di oltre 10 anni. Inoltre, se confrontato con quello di Nazioni simili alla nostra per livello di sviluppo, il sistema sanitario italiano appare sano e con buone prospettive di sostenibilità economica. Secondo i dati OCSE, il nostro Paese rientra nella media nell’utilizzo di input di produzione quali personale e capitale. In termini relativi, facciamo un uso maggiore di personale medico rispetto a quello infermieristico e siamo sicuramente tra i primi nell’utilizzo di tecnologie. Nel complesso, i costi sono minori della media.
Per meglio comprendere il valore di questo patrimonio di cui oggi disponiamo, non va dimenticato come il percorso che ci ha portati ad ottenere gli attuali livelli di salute sia stato molto lungo. Basta, infatti, ricordare che la situazione dalla quale siamo partiti nel momento dell’unificazione del Paese era peggiore di quella delle Nazioni sub-Sahariane negli anni ‘70. È proprio in virtù di queste considerazioni che diventa necessario non disperdere quanto accumulato fino ad oggi e cercare di capire quali debbano essere i fattori su cui concentrarsi per mantenere il sistema sostenibile.
Nei prossimi anni, tuttavia, la domanda “tendenziale” di servizi sanitari (e, quindi, la spesa) continuerà a salire e, ad oggi, non sembrano essere disponibili pari risorse. Diviene opportuno, quindi, interrogarsi su quali possano essere le sfide che attendono il SSN nei prossimi anni in termini di sostenibilità finanziaria per individuare, oggi, le strategie da adottare al fine di continuare a garantire il diritto alla salute ed imporre il modello italiano, a livello internazionale, come esempio da seguire.
I vincoli finanziari sono quelli che, al momento, creano maggiori problemi. Dal 1992, i policy-makers hanno guardato al livello della spesa ed alla sostenibilità finanziaria del SSN in base al vincolo fiscale imposto dal trattato di Maastricht, che da allora ci si trova a dover affrontare. Se, però, lo scopo della spesa sanitaria deve essere quello di contribuire al raggiungimento di un migliore stato di salute della popolazione, i policy-makers devono pensare attentamente a quante risorse impegnare e a come generare ed utilizzare eventuali extra risorse.
Le recenti manovre per il rientro dal disavanzo pubblico sono state perseguite imponendo anche all’assistenza sanitaria un significativo contributo. Dall’inizio dell’ultima legislatura ad oggi, tutti, o quasi, i principali provvedimenti di correzione della dinamica tendenziale dei conti pubblici hanno contemplato una riduzione delle risorse, più precisamente del finanziamento statale ordinario, previste per il SSN. Anche le ultime manovre di legislatura – spending review e Legge di stabilità 2013 – hanno ridotto le risorse previste per il SSN.
Nella seconda parte del 2012, il Governo ha introdotto nuove misure di taglio della spesa sanitaria, cui ha fatto seguito una riduzione del finanziamento statale ordinario. Complessivamente, con il decreto di spending review e la Legge di stabilità per il 2013, la riduzione programmata del finanziamento ammonta a 900 milioni di euro per il 2012, 2,4 miliardi per il 2013, 3 miliardi per il 2014 e 3,1 miliardi a decorrere dal 2015. A fronte di tali tagli, il D. Lgs. 109/2012 ha incrementato le risorse disponibili di appena 43 milioni di euro per l’anno 2012 e di 130 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013, destinandoli all’assistenza a favore dei lavoratori extracomunitari emersi.
Per effetto dei nuovi tagli, pertanto, nel 2013 il finanziamento statale ordinario si riduce in termini nominali rispetto a quello dell’anno precedente. Tale fatto costituisce un punto di discontinuità rispetto al passato: si è, infatti, passati da una logica di contenimento della spesa tendenziale per contenere il finanziamento statale, in un quadro di risorse comunque crescenti, ad una logica di taglio della spesa e del finanziamento. Dal 2010, i tassi di crescita del finanziamento si sono notevolmente ridotti rispetto a quelli degli anni precedenti.
Il peso dell’attuale debito sanitario nasce da una lunga storia di disavanzi che ha caratterizzato il SSN fin dall’origine (1978) al punto da spingere il legislatore ad intervenire più volte. Anche dopo l’accordo del 2001, che ha aumentato le risorse per le Regioni, la mancanza di un adeguato rafforzamento dei vincoli di bilancio regionali ha lasciato, di fatto, che i disavanzi tornassero ad allargarsi, balzando, nel complesso, dai circa 2,3 miliardi di euro del 2003 agli oltre 6 miliardi in ognuno dei tre anni successivi.
A livello regionale si registra un’ampia variabilità delle performance economico-finanziarie (oltre che di quelle assistenziali). Lazio e Campania sono le Regioni in cui si registra la metà del disavanzo del 2011. In generale, tutte le Regioni meridionali registrano un risultato di esercizio negativo, mentre quelle del Centro-Nord presentano un leggero avanzo di bilancio (ad eccezione di Lazio e Liguria). A rendere più difficile il percorso di risanamento, si è aggiunta la recente riduzione del finanziamento statale, che ha imposto alle Regioni di ricorrere in misura sempre maggiore a risorse proprie e a misure di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti.
Il principale strumento di garanzia dell’equilibrio economico del settore, anche dopo il varo delle regole del federalismo sanitario, è rappresentato dall’obbligo, per le Regioni in disavanzo di gestione, di adottare i Piani di Rientro. Le Regioni attualmente impegnate in Piani di Rientro sono ben 7 su 20: Lazio, Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte e Puglia. Tuttavia, dato l’attuale quadro di finanza pubblica, ci si aspetta che i problemi di tenuta dei bilanci non saranno circoscritti alle sole Regioni “canaglia”, ma saranno estesi a tutte, anche a quelle più efficienti.
Il 2011 ha, quindi, osservato un importante cambio di approccio nella Sanità pubblica italiana: si è passati da una logica di contenimento ad una di taglio della spesa e del finanziamento. Non si possono, però, trascurare le conseguenze sull’accesso alle cure e sulla loro efficacia. Le previsioni sulla spesa programmatica presentano, infatti, due aspetti critici: la spesa programmatica per il 2013 è sostanzialmente pari a quella del 2012 e poco più alta nel 2014; il secondo aspetto critico attiene alla congruità dei tagli. Al momento, il finanziamento statale non è in grado di fronteggiare la spesa programmatica.
Rendere sostenibile il sistema con il recupero dell’efficienza per abbassare i costi è sicuramente uno dei percorsi da perseguire, ma non rappresenterà certo la strategia risolutiva in futuro.
Per ridurre la spesa si renderà necessario diminuire il numero di persone da curare e questo sarà possibile solo concentrandosi maggiormente sulla prevenzione, con una decisa inversione di tendenza: con una quota di circa l’1% della spesa complessiva, l’Italia si colloca tra gli ultimi posti nella classifica dei Paesi OCSE per l’investimento nella prevenzione.
Investire nella prevenzione costituisce l’approccio migliore, ma anche in questo caso è necessario capire dove intervenire esattamente e con quali strumenti. La Fondazione Farmafactoring sta portando avanti l’attività di ricerca in questo campo al fine di rendere disponibili dati e studi sempre più aggiornati e dettagliati che possano aiutare a capire i problemi della Sanità e a disegnare soluzioni adatte.

Vincenzo Atella
Direttore Scientifico Fondazione Farmafactoring

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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