L’evoluzione secondo etica e scienza

Di Massimiliano Fanni Canelles

L’età sempre più avanzata in cui si decide di intraprendere una gravidanza, l’inquinamento ambientale che riduce la fertilità ed il progresso scientifico nella diagnosi prenatale sono i fattori che inducono una coppia ad avvicinarsi al mondo della medicina riproduttiva. In questo settore, in particolare nella procreazione assistita, le tecniche divenute più familiari al grande pubblico sono la fecondazione in vitro (FIVET), l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI) e l’inseminazione intrauterina (IUI).
In Italia, queste procedure sono disciplinate dalla legge 40, entrata in vigore nel 2004. Essa ammette il ricorso a questa specialità medica in caso di «problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana (…) qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità (…) finalizzata ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque non superiore a tre».
La stessa fonte vieta il ricorso alla fecondazione eterologa (donatore esterno) e l’utilizzo dell’embrione per sperimentazioni. E’ consentito un unico e contemporaneo impianto di non più di tre embrioni ed è proibita la conservazione degli stessi tramite crioconservazione. E’, inoltre, vietata la selezione dell’embrione sano anche nei casi di possibili malattie ereditarie.
In seguito ad un acceso dibattito etico-scientifico, questi ultimi punti sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale. Una sentenza della Corte europea per i Diritti dell’Uomo ha inoltre stabilito che consentire per legge alle coppie sterili di ricorrere alla fecondazione in vitro eterologa non viola più la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. A causa di questi interventi successivi, la 40 risulta oggi confusa, foriera di conseguenze inapplicabili e fonte di imbarazzo nei centri specialistici di medicina della procreazione.
Da sempre la procreazione assistita è osservata attentamente a causa dei rischi sanitari a cui sono esposti la madre ed il feto. Questi si riconducono alla sindrome da iperstimolazione ovarica ormonale, trattabile con adeguate indicazioni specialistiche. Molta attenzione è stata invece posta ai risvolti etici e morali di tali procedure, le quali coinvolgono la natura stessa dell’essere umano ed il concetto di vita.
In qualità di Presidente del Comitato Italiano Progetto Mielina, che si occupa di malattie rare neurologiche, desidero soffermare l’attenzione su un punto attualmente molto sentito e contemporaneamente contestato: mi riferisco all’ipotesi in cui i genitori siano potenzialmente portatori di malattie genetiche e desiderino per i propri figli una vita degna di essere vissuta.
In ciò assume notevole rilievo la Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD), una procedura in cui gli embrioni prodotti con tecniche di Procreazione Umana Medicalmente Assistita (PMA) vengono analizzati e selezionati dal punto di vista genetico prima di essere trasferiti all’interno dell’utero materno.
Attualmente, nei casi in cui esista il rischio di una patologia genetica in capo al nascituro, si prevede la possibilità di eseguire la villocentesi (CVS) o l’amniocentesi. Si tratta di tecniche diagnostiche entrambe largamente utilizzate, ma possibili solo quando il feto si è già sviluppato nell’utero. In caso di riscontro positivo della malattia ereditaria, le coppie possiedono – quale unica alternativa – la scelta di interrompere la gravidanza o portarla comunque a termine. La PGD consente, invece, la selezione degli embrioni esenti dalla patologia. Evita, pertanto, che venga impiantato l’abbozzo cellulare malato il quale, in seguito, formerà l’embrione ed il feto.
Come Uomo, come cattolico, come cittadino, mi domando se sia più etico permettere di bloccare una vita esattamente come avviene nella contraccezione da spirale intrauterina – che impedisce l’impianto dell’embrione – oppure costringere all’aborto terapeutico, quando ormai braccia, testa ed organi interni, quali il cuore ed il cervello, si sono già sviluppati. Penso sia evidente come una legge che obbliga in tal senso possa considerarsi un’offesa all’intelligenza e alla dignità umana.

Rispondi