Vittorio Nozza
Da questi giorni tragici e ricchi di speranza per intere popolazioni, si può già tentare di trarre alcune riflessioni. Innanzitutto, ed in tutta evidenza, i protagonisti di queste rivolte sono i giovani, mossi sostanzialmente dalle ristrettezze economiche e dalla mancanza di libertà, sviluppo, lavoro e giustizia nei loro Paesi.
Libertà, gridano. Ne parla il web, ne parlano i nostri giornali. Il 25 gennaio 2011 sono iniziate le manifestazioni contro il dittatore della Tunisia Ben Alì. Due mesi dopo, siamo spettatori di una rivolta popolare che ha coinvolto quindici Paesi islamici del Nord Africa e del Medio Oriente: Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Gibuti, Yemen, Giordania, Arabia Saudita, Bahrain, Kuwait, Qatar, Siria, Iran. Il 25 gennaio le manifestazioni contro il governo tunisino sembravano un fatto locale di scarso rilievo internazionale. Oggi, l’effetto domino ha già coinvolto quasi tutti i Paesi arabo-islamici e l’Iran, causando il crollo di alcune dittature. Le folle che stanno sfidando regimi, bombe, assetti di potere decennali, interrogano la nostra libertà. Si sottopongono a pericoli e violenze, in tutto il Maghreb ed in parte del mondo arabo, chiedendo pane e libertà. Analisi politiche, timore per gli scenari futuri, accuse di speculazione sui prodotti primari, le conseguenze che matureranno, specialmente in Italia. Sarebbe opportuno che, prima ancora di tutte queste considerazioni, arrivasse, dritta come una spada, la grande questione: la libertà muove gli uomini. Anche là dove sembra impossibile. Certo, queste sollevazioni chiedono pane insieme alla libertà. Situazioni divenute intollerabili dal punto di vista sociale hanno acceso gli animi. Ma come sempre accade, la mancanza e la necessità di un bene particolare (il pane) hanno spinto ad osservare, in modo più lampante, la mancanza di un bene ancor più grande (la libertà). L’uomo è fatto così. Desidera sempre un bene più grande ed in ciò la sua fame è infinita. Non di solo pane vive… Ogni faccenda che riguardi la libertà è complicata. Perché la libertà è la parte più profonda, più cara, più intima di un uomo. La sua parte inespugnabile.
Può solo venderla o barattarla lui. Nessuno può spegnergliela. È però sempre esposta al torbido, al parziale, all’interesse, alle passioni. Non esiste libertà in azione allo stato puro. Anche i movimenti di libertà di questi mesi non sono ‘limpidi’ e sarebbe stupido pretenderlo. Ma quando un uomo si muove per la libertà interroga sempre tutti noi: tu per cosa ti stai muovendo? Noi, per cosa ci stiamo muovendo? I giovani del Maghreb stanno rischiando molto per garantirsi un futuro. Se in quei contesti il desiderio di libertà e di futuro spinge a riversarsi in piazza, qui a cosa ci sta spingendo? Libertà e futuro non sono la conquista di uno spazio e di un tempo vuoto, nel quale poter fare ciò che si vuole, ma il tendere verso beni, incontri che soddisfino il nostro essere uomini. Pare che in molte zone e coscienze della nostra società regni l’immobilismo. Non solo nel senso di mancanza di cambiamenti significativi, pur di fronte ad una crisi che, se non il pane, in molti casi ha tolto il companatico, o anche il lavoro, ma nel senso di un’assunzione di responsabilità, di sfida, di senso del rischio. Da questi giorni tragici e ricchi di speranza per intere popolazioni, si può già tentare di trarre alcune riflessioni. Innanzitutto, ed in tutta evidenza, i protagonisti di queste rivolte sono i giovani, mossi sostanzialmente dalle ristrettezze economiche e dalla mancanza di libertà, sviluppo, lavoro e giustizia nei loro Paesi. Desiderano una Democrazia come quella che hanno visto in tv e in internet, sanno che esiste nei vicini Paesi europei. Vogliono vivere in pace. Non sono animati dall’odio, dalla violenza, dalla vendetta contro i dittatori ed i loro seguaci. Gheddafi fa eccezione perché ha fatto mitragliare e bombardare i manifestanti. Va poi considerato che, nella storia dei Paesi a maggioranza musulmana, è la prima volta che un movimento popolare di queste proporzioni prende corpo e mette in crisi l’Islam politico, la stretta connessione fra religione e politica. Ancora, ciò non significa che il fondamentalismo islamico non esista più, ma solo che i protagonisti delle rivoluzioni dei Paesi a sud del Mediterraneo sono giovani che rivendicano Democrazia, rispetto dei diritti umani, sviluppo economico. Una società dinamica e non bloccata. Infine, il problema fondamentale di questi popoli è il rispetto dei diritti della donna e dell’uomo. I giovani lo sentono e lo vivono in modo drammatico.
In questi giorni appare evidente come, nel difficile cammino per giungere alla meta desiderata, i popoli nordafricani, a noi così vicini, abbiano urgente bisogno dell’aiuto fraterno dell’Europa. Le distruzioni ed i disastri economici prodotti dalle sollevazioni popolari e dalle reazioni del potere, la miseria e la scarsezza di strutture produttive ereditate dalle dittature, non sono situazioni che favoriscano uno sviluppo democratico. Il precipitare degli eventi in Libia, con l’intervento della coalizione internazionale, accresce la criticità della situazione. Oltre che per la sorte degli sfollati e di quanti fuggono, si teme per l’incolumità e la sicurezza di tanti civili. Accorato è stato l’appello del Santo Padre, il quale, nell’assicurare «commossa vicinanza», ha chiesto «a Dio che un orizzonte di pace e di concordia sorga al più presto sulla Libia e sull’intera regione nordafricana» e, a quanti sono investiti di responsabilità politiche e militari, «l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi». Anche il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha rilanciato l’appello del Papa affinché tacciano le armi ed ha invitato alla responsabilità ed alla preghiera, sottolineando come “l’intreccio tra emergenze concretissime, obiettivi politico-ideologici ed interessi economici, rende il quadro generale non solo complesso e complicato, ma anche confuso”. La preghiera comune è dunque che la Libia e tutto il Nord Africa trovino al più presto pace e concordia e cessi il rumore delle armi. Intanto, donne e uomini di quelle giovani popolazioni continuano a sfidare regimi e bombe per affermare la propria libertà incomprimibile. Per chiedere a voce alta Democrazia e futuro e cercare una propria strada verso quelle mete. L’Europa tutta, le istituzioni europee ed i governi nazionali, al di là di una crisi mondiale in atto, non possono disattendere un’occasione come questa per fornire dei segnali forti di disponibilità ad aiutare con misure straordinarie questi giovani popoli così vicini. Perché questa voce non sia vana e non si spenga.
Vittorio Nozza
Direttore Caritas Italiana