Controsenso all’italiana

La continua riduzione dei fondi disponibili per la cooperazione allo sviluppo sta irresponsabilmente ridimensionando la capacità del governo italiano di rispondere alle necessità impellenti di lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo, in un momento in cui l’aiuto viene considerato invece come strumento di politica economica internazionale per la ripresa globale.

Il caso dei tre operatori di Emergency rapiti in Afghanistan ha riacceso i riflettori su quelle importanti realtà rappresentate dal terzo settore e dalle Ong. Penso che il terzo settore, in particolare, sia una realtà sociale, politica ed economica rilevante, non solo in Italia, ma a livello mondiale. È percepita dai cittadini come un’espressione della società civile, il cui contributo diviene sempre più significativo nella costruzione delle politiche di welfare, nell’allargamento dei diritti sociali, nel sostenere il bisogno di una maggiore democratizzazione e partecipazione, nella creazione di nuove forme di economia solidale. È sotto gli occhi di tutti come il terzo settore, o non profit che dir si voglia, svolga spesso non solo un compito di integrazione ma talvolta di supplenza dell’azione pubblica. Per questo, negli ultimi anni, è stato necessario adottare e assicurare politiche di sostegno per la sua valorizzazione e promozione, sia a livello nazionale, sia locale, con il supporto di una significativa produzione legislativa.

Adesso sono convinto, e l’ho detto in varie occasioni, che occorra avviare un processo di armonizzazione e semplificazione di questo quadro normativo, anche con tavoli permanenti di confronto con le parti coinvolte. Mi ha molto incuriosito uno studio dell’Istat di qualche anno fa, dal quale si evince la presenza in Italia di un non profit diviso tra diverse anime. Da un lato, una grossa presenza di organizzazioni e associazioni dedite alla gestione dei servizi sociali (in un quadro di crisi del welfare). Esercitano quel famoso ruolo di supplenza a cui ho accennato, con il rischio di trasformarsi in una sorta di para-stato, oppure un ruolo di tipo privatistico, prestando maggiore attenzione a diventare protagonisti di nuove tipologie di mercato sociale. Dall’altro lato, invece, vediamo il rafforzarsi di una tendenza molto attiva che si manifesta nella promozione dei diritti sociali e che vede protagoniste, soprattutto, cooperative sociali ed organizzazioni di volontariato. Ma c’è anche un’altra tipologia di non profit, il cui interesse è quello di occuparsi di tutela dei diritti e di pressione politica. In ogni caso, si tratta di un capitale sociale che, come ha ribadito qualche tempo fa il presidente Napolitano, “costituisce un fattore essenziale dello sviluppo economico”. Ed è un’analisi condivisibile, anche se ritengo importante rifiutare la logica culturale che avanza, ovvero che il Volontariato possa venire relegato a mero soggetto di servizio, in risposta ai fallimenti dello Stato o del Mercato, lavorando nella direzione di un rafforzamento del proprio ruolo politico autonomo.

Tenendo fermo questo punto, penso che sia solo rafforzando le varie forme di democrazia partecipativa che si possa rafforzare anche la democrazia politica rappresentativa, dando voce a chi non ne ha. Per quanto riguarda le Organizzazioni Non Governative, c’è da dire che queste costituiscono una realtà molto diversa dal volontariato comunemente inteso. Infatti, la loro struttura operativa è professionalmente finalizzata allo svolgimento delle attività di cooperazione attraverso il vero patrimonio di cui dispongono, e mi riferisco alle risorse umane. Tutti sappiamo che la funzione dei cooperanti impegnati nei Paesi in via di Sviluppo o nei Paesi in difficoltà non si limita ad alleviare le situazioni di povertà, disagio e sofferenza, ma tende anche ad incidere concretamente nei processi sociali e politici delle comunità in cui operano. Insomma, questi cooperanti diventano parte integrante di quei territori proprio perché ne conoscono, meglio di chiunque altro, i problemi. E per questo diventano sempre più protagonisti e testimoni del dialogo fra Nord e Sud del mondo o tra Paesi differenti. Ciò accade perché il lavoro delle ONG è un lavoro anche di relazione. Un lavoro spesso impropriamente criticato da coloro che vivono a distanza e non comprendono fino in fondo la situazione di quei territori. Mi riferisco alle polemiche da parte di molti esponenti del Governo e della maggioranza in merito all’operato di Emergency. Un operato che io definisco con convinzione missionariato laico e che va sostenuto senza esitazioni poiché, in alcune parti del mondo, senza l’intervento dei medici di Emergency e della loro instancabile azione, essere feriti equivale alla morte. Mi sono permesso di tracciare quest’analisi di massima perché credo che prima di parlare bisogna conoscere e capire. E, a tal proposito, rimane il mio giudizio negativo sul mancato investimento del Governo anche su queste due importanti realtà: il Terzo settore e le ONG. Invece che essere sostenute e rafforzate, stanno diventando anno per anno il terminale delle esigenze di bilancio.

Va segnalato che le quote del 5 per mille per il No profit, destinate dai cittadini relativamente alle dichiarazioni dei redditi del 2006, sono state erogate solo nel 2008, e che di quelle relative al 2007 non se ne ha alcuna notizia. So anche che i responsabili del Forum del Terzo Settore non ripongono grandi aspettative sullo sblocco delle lungaggini amministrative che ancora ne impediscono l’erogazione. In più, con l’inaccettabile, vergognoso, “scudo fiscale”, è stata assicurata questa quota anche per il 2010, visto che, in un primo tempo, nella recente finanziaria non vi era alcun riferimento al 5 per mille. L’Italia dei Valori ha presentato, nel corso dell’esame dell’ultima finanziaria, forti rilievi critici sulle proposte del Governo, ma anche emendamenti di sostegno al settore. Abbiamo inoltre presentato anche delle interrogazioni, sulle quali non è giunta ancora alcuna risposta. La continua riduzione dei fondi disponibili per la cooperazione allo sviluppo sta irresponsabilmente ridimensionando la capacità del governo italiano di rispondere alle necessità impellenti di lotta alla povertà nei Paesi in via di sviluppo, in un momento in cui l’aiuto viene considerato, invece, come strumento di politica economica internazionale per la ripresa globale. Inoltre, in questo modo, l’Italia si rende responsabile del mancato raggiungimento degli impegni presi a livello internazionale, gli Obiettivi del Millennio, poiché tende a far abbassare drasticamente la media delle quote destinate ai Paesi in via di sviluppo. Anche su questo, in Parlamento, deputati e senatori dell’Italia dei Valori hanno portato avanti le istanze del settore, contrastando le politiche di riduzione dei fondi per questo comparto. Emendamenti, mozioni, interrogazioni sono gli strumenti che abbiamo utilizzato per indirizzare il governo in una direzione diversa e la battaglia continua.

Antonio Di Pietro
Deputato al parlamento, II commissione (Giustizia)

Rispondi