Ma dov’è finita la morale?

Chi è disposto ad investire centinaia di migliaia di euro per lo studio di una patologia la cui cura poi non garantirà lucro? Si tratta di un problema culturale, sociale ed antropologico pazzesco.

mirabellaAprire un dialogo con le grandi case farmaceutiche sulla cura delle malattie rare non è una cosa semplice, perché le grandi case farmaceutiche sono aziende, e come tali operano sul mercato. È evidente che hanno i loro interessi e non si può pretendere che rispondano solo a sollecitazioni di tipo morale. Questo è un problema antico come il mondo, o per lo meno come la medicina: per fare un esempio paradossale, a nessuno sarebbe mai venuto in mente di occuparsi di psicanalisi in un ospedale militare sotto le mura di Troia, posto naturalmente che non esistevano in quel tempo né ospedali militari, né, tanto meno, ospedali psichiatrici. Pensava a tutto l’Olimpo. È antica e comprensibile la propensione delle strutture sanitarie che agiscono sul mercato a preoccuparsi prima di tutto del profitto: del resto, con quelle risorse, fanno poi anche la ricerca. Per spingerle a destinare risorse anche alle malattie rare potrebbero intervenire gli Stati e le loro istituzioni, svolgendo un’opera di “moral suasion”, di persuasione etica. Quando le aziende sanitarie si rivolgono ai governi chiedendo previdenza, assistenza e supporti, questi dovrebbero ricordar loro che non fanno ricerca sulle malattie rare. Se pensiamo, poi, al fatto che i governi non riescono nemmeno a mantenere con facilità in piedi una normale struttura sanitaria, figuriamoci se riescono a risolvere un problema come questo.

È chiaro quindi che la malattia rara sia difficile da curare perché pochissimi la studiano e pochissimi se ne occupano. Che si fa? Chi è disposto ad investire centinaia di migliaia di euro per lo studio di una patologia la cui cura poi non garantirà lucro? Si tratta di un problema culturale, sociale ed antropologico ingente, e fare del moralismo non ha senso: il mercato ed il profitto hanno le loro logiche imprescindibili. Solo la guerra e tutti gli interessi politici, strategici ed economici connessi riescono, purtroppo, a fornire spinte importanti allo sviluppo scientifico: basta vedere con amarezza quanto sia stato rilevante lo sforzo bellico per aiutare la ricerca tecnologica! Si tratta di un primato indiscutibile, ma allora… dobbiamo fare una guerra ogni volta che c’è bisogno di stimolare la crescita? Non si può, naturalmente. Forse la soluzione si potrebbe trovare nell’ONU e nelle grandi organizzazioni internazionali: esse potrebbero chiedere ai grandi fabbricanti e mercanti d’armi una tangente da dedicare allo studio delle malattie rare. Si potrebbe anche destinare alla ricerca su queste malattie parte degli immensi proventi dei sequestri alla mafia, alla ndrangheta, alla camorra e a tutte le mafie del mondo. Se le volessimo realmente, le soluzioni si potrebbero trovare. Fantasia ed inventiva non mancano. Quanto alle associazioni, è evidente che fanno quello che possono. Con la loro “nobile petulanza” cercano di sensibilizzare la gente. Ma si sa, è molto più facile che vada a buon fine una raccolta fondi o un’opera di informazione sul cancro o sulla sclerosi multipla, perché riguardano fette più ampie della popolazione. In fondo, siamo tutti più disposti a porre attenzione a qualcosa che può più facilmente toccarci da vicino. Un’altra possibilità sarebbe quella di chiedere alle associazioni che riescono a convogliare milioni di euro con una certa facilità, come ad esempio Telethon, un aiuto, una minima percentuale da destinare alla ricerca sulle malattie rare. Insomma, ci sono molti rivoli da cui poter sperare di ottenere delle risorse. La chiave della questione è solo una: la vera volontà delle lobby, dei governi e delle istituzioni, ma anche dell’opinione pubblica, a volerlo realmente.

Michele Mirabella
Docente di Sociologia della Comunicazione presso l’Università di Bari.
Conduce “Elisir” e “Cominciamo Bene” per la RAI

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi