“Quello che non accetto non è tanto la morte di mio figlio, bensì i tempi della ricerca pubblica, i tempi della burocrazia, i tempi di questo Paese fatto di elefanti e di sprechi” dice Silvia. È difficile combattere quando le strutture pubbliche non aiutano e le case farmaceutiche non hanno interesse ad investire.
“Lassù nel cielo brilla una luce intensa in più: oggi, 30 marzo 2009, Giuseppe è ritornato alla sua dimensione di angelo per vegliare sui suoi genitori e su tutti gli altri bambini ammalati”. La frase scorre nella home page di www.giuseppetomasello.it, il sito della Fondazione fondata da Silvia e Francesco, genitori del piccolo Giuseppe che è morto dopo aver combattuto per quasi tre anni contro una malattia così rara da non avere neppure un nome se non quello tecnico della patologia diagnosticatagli: deficit del complesso I della catena respiratoria mitocondriale. Si tratta di una forma di distrofia metabolica che impedisce la distribuzione di energia agli organi. A Giuseppe non avevano dato neppure un anno di vita, ma la sua gioia di vivere più contagiosa della malattia che lo ha braccato fin dal primo giorno di esistenza e l’amore dei suoi genitori gli hanno permesso di resistere 34 mesi e di essere un testimone di Speranza.
Una speranza nata dal basso, dalla sofferenza, dalla croce: “l’amore che ho per questa creatura mi spinge a credere che tutto andrà per il meglio e che, se i miracoli esistono, magari averlo oggi così è già un miracolo”. Lo diceva mamma Silvia nel novembre 2007 quando, insieme a suo marito, decise di dare vita alla Fondazione “Giuseppe Tomasello Onlus” il cui scopo è il finanziamento della ricerca delle anomalie genetiche del complesso I della catena respiratoria. Oggi Giuseppe se n’è andato. Ci guarda dal cielo con quegli occhioni che adesso avranno riacquistato la vista, di cui la malattia lo aveva privato, senza però riuscire a togliergli un sorriso capace di sprigionare forza e umanità. La stessa tenacia che accompagna la Fondazione, la cui attività continua per dare una risposta ai bambini afflitti dallo stesso, misterioso, male di Giuseppe. Un’azione nobile, quella della Fondazione, che raccoglie fondi e finanzia la ricerca, ma anche un’azione che supplisce ad una mancanza grave, quella della ricerca pubblica. “Quello che non accetto non è tanto la morte di mio figlio, bensì i tempi della ricerca pubblica, i tempi della burocrazia, i tempi di questo Paese fatto di elefanti e di sprechi” dice Silvia. È difficile combattere quando le strutture pubbliche non aiutano e le case farmaceutiche non hanno interesse ad investire in farmaci che potrebbero procurare sollievo a poche persone, con scarsi profitti.
Quasi che le persone siano meno preziose dei soldi. L’unica soluzione, in questi casi, è rimboccarsi le maniche e lottare: “Giuseppe ha fatto l’ultima battaglia per vincere la guerra”. Lo sostiene la mamma di Giuseppe, riferendosi alla guerra della Fondazione, la cui unica arma è l’Amore ed i cui soldati sono i tanti sostenitori ed amici che non si rassegnano a credere che nel terzo millennio debba prevalere il cinismo figlio di una logica legata esclusivamente al denaro. La Fondazione, grazie alle donazioni, è riuscita a finanziare alcuni progetti di ricerca e ad acquistare il Lightscanner, una particolare macchina medica che permette di individuare le mutazioni genetiche. Nessuna struttura ospedaliera italiana ne era provvista, oggi la Fondazione l’ha concessa in comodato all’Istituto Besta di Milano, affinché altri bambini possano essere diagnosticati. L’impegno di tante persone encomiabili, come i genitori di Giuseppe, ha fatto sì che nel mondo si diffondessero iniziative e fiorissero associazioni per incentivare le case farmaceutiche e gli istituti di ricerca nella messa a punto di soluzioni specifiche. Stati Uniti, Australia, Giappone e UE si sono dotate di legislazioni che favoriscono la creazione di medicinali orfani con agevolazioni fiscali. Il cammino è ancora lungo. Per questo, Silvia e Francesco Tomasello insistono, perché, come recita la frase sotto il volto gioioso di Giuseppe sul portale della Fondazione “ci sono bimbi come me che soffrono per un male che ancora non si conosce bene e sono destinati ad una morte precoce. Il dono più grande che vi posso fare è il mio sorriso. Aiutatemi a finanziare la ricerca dei geni deficitari del complesso I. Noi abbiamo diritto di vivere”.
Riccardo Clementi
Coordinatore Provinciale GdM (Giovani della Margherita) Firenze