Virtuosismi all’italiana

C’è il modo per fare del bene senza farsi del male: per un breve periodo si erano detassate le donazioni, salvo poi riportarle sotto la scure del fisco. Si riprenda, ora, la retta via, a favore dei terremotati, non gravando di tasse le somme che gli italiani vorranno mettere a disposizione della ricostruzione.

Nei confronti della giustizia italiana, il problema è farla funzionare, non fermarla. Ferma, lo è già. La scenetta che ha per oggetto il terremoto è orridamente tragica. Ci sono alte cariche dello Stato che ripetono, con tono severo: “Le inchieste vadano avanti, si accertino le responsabilità.” Sempre immaginando un oscuro potere, una ramificazione affaristico-camorristico-mafiosa che voglia impedirlo. Vadano avanti? L’ospedale funzionava senza l’agibilità, dopo trent’anni di lavori per costruirlo, gli edifici pubblici erano stati individuati come pericolanti da un censimento vecchio di anni, nessuno ha fatto niente, non s’è aperta nessuna inchiesta. Ora, a L’Aquila, con gli edifici pubblici ridotti in macerie, non c’è nulla che possa andare avanti. Semmai, si deve cominciare. Nel cominciare, però, si deve tenere presente che, fra quanti reclamano chiarezza e punizioni, ci sono quelli che sono stati ministri per anni e capi partito per una vita. È sensazionale come, dall’ultima lite di condominio fino alle alte vette dell’indignazione statale, per ciascuno la colpa sia sempre dell’altro. Sull’ospedale, per dirne una, il Parlamento accertò già l’irregolarità di quasi tutto. Ma solo dopo il disastro la procura, l’ex presidente della Camera, l’attuale ed il capo dello Stato, hanno detto: “Si faccia chiarezza.”

Già fatto. Al massimo, si deve, adesso, accertare la responsabilità penale, notoriamente individuale. Ma che quella fosse una solare schifezza, è già stato documentato. Solo che a nessuno di lor Signori importava. La giustizia non funzionante e la scarsa attitudine morale sono divenute armi d’irresponsabilità di massa. Anche il “denunciare” s’è trasformato in rito, una specie di mestiere, indignandosi secondo convenienza, reclamando punizioni esemplari. Sempre per gli altri. Così si comportano le alte cariche, così è fatta gran parte della cittadinanza: pronta a far la morale dopo aver praticato il suo opposto. Si ricordi: ci sono terremoti che generano ricostruzioni eterne, con cittadini che assumono il ruolo di terremotati a vita. In quei luoghi, le inchieste giudiziarie vanno avanti, senza decente conclusione. Pertanto, mi dissocio dal coretto inutile, non auspico che le inchieste vadano avanti, ma che si concludano. C’è bisogno di sentenze, non d’interviste. E veniamo al fronte dei soldi: non ci saranno, è stato detto, nuove tasse per finanziare la ricostruzione nelle zone terremotate. Benissimo. È il contrario di quanto molti ritenevano scontato, sia perché incapaci di concepire diversamente l’intervento pubblico, sia perché semplicemente rassegnati. Invece, si può e si deve agire diversamente. Non significa, naturalmente, privare i terremotati degli aiuti cui loro hanno diritto e che noi tutti riteniamo parte stessa della nostra sicurezza e della nostra tranquillità. Al contrario, piuttosto, non c’induce a dormire tranquilli uno Stato che, ogni volta che si tratta di spendere, per necessità o per scelte voluttuarie, non sa far altro che tassare od indebitarsi.

Anche da questo punto di vista, dunque, l’emergenza nata da una catastrofe naturale può segnare una svolta, un punto di rottura con una tradizione che ci ha reso lo Stato che più tassa e più s’indebita, fra quelli sviluppati. C’è ancora un altro aspetto, che impreziosisce l’indirizzo finalmente adottato: se fosse vero che, a fronte di maggiori necessità finanziarie, non si può far altro che mettere le mani nelle tasche dei cittadini onesti, quelli che pagano le tasse, vorrebbe dire che si considera immodificabile l’immane carrozzone della spesa pubblica, nelle cui pieghe si nascondono piaghe di privilegio e rendita. Sarebbe stata la resa, incondizionata e vile, all’andazzo di sempre, rinunciando ad ogni ipotesi di cambiamento. I cittadini avrebbero punito la maggioranza di governo, ma non (solo) perché colpiti da nuove tasse, bensì perché si sarebbero sentiti largamente presi in giro. E dato che non avrebbero potuto punire questa maggioranza votando gli oppositori, ovvero il fronte che teorizza la superiorità morale della spesa pubblica, sarebbe restata loro la sterile, ma al tempo stesso pericolosa, via del mandare tutti al Paese delle tasse. Questo. Ragionando in positivo, invece, va benissimo accompagnare, con la spesa pubblica e la garanzia statale, la spesa privata e l’iniziativa dei cittadini. In tal senso, va bene l’idea che lo Stato affianchi, con soldi veri e grazie reali, chi avvia altrove la costruzione della propria casa.

Questo è un circuito virtuoso. Così come anche l’appello alla generosità. C’è il modo per fare del bene senza farsi del male: per un breve periodo si erano detassate le donazioni, salvo poi riportarle sotto la scure del fisco. Si riprenda, ora, la retta via, a favore dei terremotati, non gravando di tasse le somme che gli italiani vorranno mettere a disposizione della ricostruzione. Usciamo, insomma, dall’appello un po’ misero alla carità, accoppiato all’istinto taglieggiatore che fa pensare ai “ricchi” come pecore da tosare. Mettiamola in modo moralmente sano ed economicamente conveniente: chi destinerà parte dei propri guadagni alla solidarietà, su quelli sia fiscalmente esentato. Non mi piace, e parlo per me, mettere un soldo nel cappello del mendicante, e mi ripugna allungarli ai bambini accattoni, così consegnandoli al racket che li amministra. Ma essere generosi, risparmiando sulle tasse, è un comportamento collettivamente virtuoso, che genera ricchezza. Interiore e materiale.

Davide Giacalone
Giornalista direttore de “La Ragione” e “Smoking”, collabora con
“L’Opinione”, “Libero” e “Rtc”. www.davidegiacalone.it

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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