Lo stupro come arma di guerra

Il dolore negli occhi delle vittime è straziante e sconvolgente, le loro vite sono cambiate per sempre: una donna viene stuprata da sei soldati, di fronte al marito e ai figli, mentre altri soldati assalgono la sua indifesa bambina. Una giovane ragazza muore, vomitando sangue, due giorni dopo essere stata brutalmente stuprata da un gruppo di miliziani. Questi sono fotogrammi emblematici della tragica realtà sommersa degli “stupri di guerra”. Indifese e vulnerabili sono l’oggetto dell’arma di guerra più spregevole: la violenza sessuale. Decine di migliaia di donne e bambine sono state vittime di aggressioni sessuali e milioni di persone sono morte, disperse, profughe. La violenza sessuale lascia molti superstiti con orribili ferite emotive, hiv-aids e gravidanze indesiderate determinando conseguenze devastanti a lungo termine sulla vita delle donne e delle ragazze interessate e su tutta la società. Non si tratta di occasionali voglie di sesso dei soldati; nelle zone di conflitto lo stupro è invece sempre di più una vera e propria arma da guerra. Ma adesso con la “Risoluzione 1820” delle Nazione Unite approvata il 21 Giugno 2008 costituisce anche a tutti gli effetti un crimine contro l’umanità. Il documento definisce lo stupro come una tattica di guerra e una minaccia alla sicurezza internazionale. Il testo chiede a tutte le parti coinvolte nei conflitti armati la cessazione completa e immediata della violenza sessuale contro i civili, con effetto immediato. La risoluzione, definita un “atto storico” dalle organizzazioni in difesa dei diritti dell’uomo, considera la violenza sessuale come una tattica di guerra per umiliare, dominare, instillare paura, cacciare e/o obbligare a cambiare casa i membri di una comunità. Un’abitudine, quella dello stupro di guerra, tutt’altro che tramontata, se il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha affermato, in occasione dell’approvazione di questa risoluzione, che la violenza contro le donne ha raggiunto nel nostro tempo “proporzioni indescrivibili”. Basti citatre i conflitti più recenti – a partire dalla ex-Yugoslavia, passando per il Rwanda, la Sierra Leone, la Liberia, la Colombia, il Perù, per arrivare all’Iraq e all’Afghanistan – in cui la violenza su donne e bambine è stata usata sistematicamente come vero e proprio strumento di terrore per punire, umiliare e dominare i civili e distruggerne le comunità o i gruppi etnici. Non so se la “risoluzione 1820” sarà sufficiente a porre rimedio al dramma degli “stupri di guerra”. Io credo che il cambiamento vero debba innanzitutto avvenire dentro la coscienza di ognuno di noi, ma questo richiede tempo e un grande lavoro e sforzo da parte di tutti. Si avverte il bisogno di questo cambiamento perché il rapporto tra uomo e donna non è paritario e la chiave di soluzione del problema sta dentro questo fenomeno.

Mauro Volpatti

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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