Il mio no all’eutanasia

L’eutanasia è il modo per affermare un principio assolutamente egoistico, proprio della società in cui viviamo, del diritto alla vita fino al preciso momento in cui non diventiamo per qualcuno un peso fisico od anche semplicemente psicologico da sopportare.

Il termine eutanasia proviene dal greco e letteralmente significa buona morte perché consisterebbe nella pratica di procurare la morte nel modo più rapido ed indolore ad un essere umano, magari affetto da una malattia inguaribile o perché semplicemente stanco di vivere, con il preciso scopo di porre fine alla sua sofferenza. In termini ancora più chiari, si tratta di un’azione od anche semplicemente un’omissione che, per sua natura o nell’intenzione di chi la compie, provoca la morte con il proposito di alleviare il dolore. Vista in questi termini potremmo dire che l’eutanasia rivesta quasi un importante ruolo sociale perché si tratterebbe di un gesto che intende abbreviare la vita facendo del bene alla persona verso cui l’atto è rivolto.
Ma questa definizione, al contrario di quanto in più ambienti vogliono farci credere, non è che un modo per affermare un principio assolutamente egoistico, proprio della società in cui viviamo, del diritto alla vita fino ad un preciso momento: quello in cui non diventiamo per qualcuno un peso fisico od anche semplicemente psicologico da sopportare. Aprire le porte all’eutanasia come si vuole fare nel nostro paese attraverso strumenti apparentemente innocui, quali il testamento biologico o le dichiarazioni anticipate di trattamento, che altro non sono se non la faccia di una stessa medaglia, permetterebbe ad una persona oggi perfettamente sana di stabilire, attraverso un atto scritto, che un soggetto da lui nominato, fiduciario appunto, garantisca il rispetto delle sue volontà in termini di cure mediche da prestargli o meno nel caso in cui si trovasse in una situazione tale da non poter decidere da sola.

Fermo restando che qualcuno potrebbe convenire che anche una tale possibilità potrebbe essere da rispettare, non si è tenuto conto che all’interno di un atto di questo tipo, sottoscritto non quando si è in un contingente stato di malattia, si può essere sottoposti a quella che viene definita “eutanasia omissiva” magari di una terapia efficace e dovuta, la cui privazione causa intenzionalmente la morte. Tra questi atti omissivi potrebbero esserci anche quelli di divieto della somministrazione del sostentamento necessario per vivere come l’idratazione o l’alimentazione che, certamente, non rientrano nella sfera delle cure mediche. La gravità morale dell’eutanasia “omissiva” è uguale rispetto a quella dell’azione “positiva” di intervento o gesto che causa la morte perché ha lo stesso effetto e la stessa intenzione. Si tratta comunque di morte provocata volontariamente, che ricordo essere un reato in Italia.

Pertanto, parimenti a quanto sostenuto anche dal nostro ordinamento, considerando la vita un bene indisponibile, non la concepisco assolutamente. Il diritto alla salute è tutelato in modo molto forte da tutte le nostre leggi ed in primis proprio dalla Costituzione. Se da una parte è legittimo rifiutare l’accanimento terapeutico, cioè il ricorso a procedure mediche straordinarie che risultino troppo onerose o pericolose per il paziente e sproporzionate rispetto ai risultati sperati, allo stesso tempo la rinuncia alle normali cure o anche al solo sostentamento vitale dell’idratazione e alimentazione non può arrivare a legittimare forme più o meno mascherate di eutanasia.

La volontà del paziente, attuale, anticipata o espressa attraverso un suo fiduciario liberamente scelto, o quella dei suoi familiari non può, pertanto, avere per oggetto la decisione di togliere la vita al malato ed in ogni caso deve sempre rientrare in un preciso esame della situazione clinica da fare con il medico curante, il quale non può in alcun modo, proprio per il ruolo sociale che svolge e dovendosi attenere ad un preciso regolamento deontologico, rendersi complice volontario o costretto a cagionare la morte di un essere umano adottando un comportamento omissivo nel prestare le cure necessarie. In conclusione, ritengo che la dignità di ogni uomo si misura anche nel suo coraggio di amare la vita al di là di tutte le difficoltà quotidiane.

Credo che sia nella natura umana la volontà di voler vivere, e se questa viene meno è solo perché si può arrivare ad un punto in cui ci sente soli, stanchi e non più in grado di amare quello che siamo. Anch’io sono contraria all’accanimento terapeutico, ma ugualmente all’abbandono terapeutico. Una legge che sponsorizzi l’eutanasia mascherata sarebbe semplicemente contro la naturale responsabilità di vivere che abbiamo. Preferisco, invece, battermi perché si portino avanti delle politiche di sostegno alla vita, le cure palliative e delle strutture in grado di affiancare e sostenere sia moralmente che materialmente tutti coloro che sono gravemente malati e le loro famiglie fino al termine naturale della loro vita, alleviandone il più possibile ogni forma di sofferenza. Ricordiamo a queste persone che la vita è degna di essere vissuta in ogni momento e condizione.

Laura Bianconi
Senatrice, membro della Commissione permanente di Igiene e Sanità e
della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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