Molto spesso manca la reale percezione di quanto la scarsa cultura del merito vada ad incidere significativamente sullo “stato di salute” della nostra economia e società. A tal proposito Roger Abravanel nel suo ‘Meritocrazia: oltre le denunce contro le raccomandazioni – 4 proposte per valorizzare i talenti e rendere la nostra società più ricca e più giusta’ (Garzanti, 2008) affronta di petto tale questione affermando che “in Italia manca una cultura capace di valorizzare le eccellenze e i talenti e questo deficit è molto più diffuso di quanto si pensi, anche nel settore privato. E tale deficit nasce dall’assenza in Italia di un cultura della concorrenza e di un sistema scolastico capace di azzerare i privilegi di nascita”. “La lotta ai fannulloni e raccomandati non va portata avanti con leggi ma semplicemente premiando il merito e così dando fiducia ai giovani”, ha detto Abravanel. “Bisogna creare delle comunità del merito nel mondo imprenditoriale e delle fabbriche di eccellenza nel mondo scolastico per fare crescere i talenti”. Abravanel ispirandosi alle società più avanzate nello sviluppo della meritocrazia, presenta una serie di esperienze pilota nelle aziende, nella pubblica amministrazione, nei sistemi educativi, nelle organizzazioni militari che esemplificano e testimoniano che non è poi così impossibile cercare di tradurre concretamente i valori profondi di giustizia e di eguaglianza su cui sono basate l’ideologia e la cultura del merito. Per affermare una cultura del merito in Italia Abravanel individua quattro proposte su cui lavorare: – introdurre una delivery unit (“unità di consegna”) basata sul modello inglese nella Pubblica Amministrazione e volta ad accentuare l’attuazione di miglioramenti concreti e misurabili; – introdurre dei test nazionali standardizzati nelle scuole per misurare la qualità della nostra istruzione, degli studenti e per valutare il merito dei nostri insegnanti; – introdurre un’authority per liberalizzare i servizi locali (commercio, turismo, trasporti) e spronare conseguentemente la concorrenza; – introdurre una normativa o codici di comportamento per i Consigli di Amministrazione delle società quotate che imponga che il 40 per cento dei membri di un CdA siano donne; si tratterebbe in altri termini di operare una “discriminazione positiva” nei confronti delle donne tesa a far emergere una leadership femminile, prendendo esempio da paesi come la Norvegia che ha imposto delle quote rose nei cda delle principali società quotate. La meritocrazia ci invita pertanto ad operare un deciso e profondo cambiamento in primis culturale necessario per rispondere alle sfide del nuovo millennio. Starà a tutti noi adoperarsi per non gettare al vento questa enorme opportunità.
Mauro Volpatti