Un sistema allo specchio

  L’articolo 1 della legge 180 afferma che gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari. Gli accertamenti sanitari obbligatori (ASO) e i trattamenti sanitari obbligatori (TSO) sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate. Il soggetto può subire il TSO solo con lo scopo di migliorare il suo stato di salute e non per diminuire la sua pericolosità sociale

La psichiatria di comunità rappresenta l’organizzazione moderna dei servizi psichiatrici distribuiti nel territorio. Garantisce l’accessibilità, la completezza e l’articolazione delle risposte ai diversi bisogni di salute mentale espressi dalla popolazione residente. Condivide gli stessi principi della moderna medicina pubblica, dovendo occuparsi della salute dell’intera popolazione e non del solo individuo che si rivolge ad un sanitario; deve includere la prevenzione, fare i conti con il contesto ambientale, gli stili di vita (in particolare quelli a rischio), utilizzare le conoscenze delle scienze sociali oltre a quelle delle scienze biologiche e della medicina).

I principi della psichiatria di comunità gravitano attorno ai seguenti concetti base: Centralità dell’équipe territoriale con piena responsabilità nei riguardi della popolazione di riferimento; Precisa attribuzione territoriale di competenza, condizione essenziale per garantire l’accessibilità dei servizi e la continuità terapeutica; Superamento della struttura gerarchica verticale attraverso il decentramento e la delega dell’autorità all’équipe sulle decisioni terapeutiche; Finanziamento capitario, con maggiori garanzie ai pazienti più gravi che non lavorano, non dispongono perciò di copertura mutualistica e sono spesso al di sotto dei livelli di povertà. Utilizzo degli altri servizi e delle risorse naturali esistenti sul territorio, con un freno all’espansione dei costi e un’integrazione dell’utente nel contesto sociale in cui vive; Non-istituzionalizzazione, pietra angolare della psichiatria di comunità; Condivisione di responsabilità e protagonismo da parte dell’utente e della sua famiglia, come diritto e come necessità sia per la cura, sia per la riabilitazione.

Anche se già la legge 481 del 1968 (legge Mariotti) aveva introdotto in modo parziale il processo di spostamento dall’assistenza basata sul manicomio a quella di comunità, attraverso l’istituzione di centri di igiene mentale nel territorio, è solo con la legge 180 del 13 Maggio 1978 che ha preso avvio l’opera di riforma dell’assistenza psichiatrica.

La legge 180 affermava in particolare:

         il blocco di nuove ammissioni negli ospedali psichiatrici e della costruzione di nuovi istituti;

         l’attribuzione delle competenze psichiatriche ai servizi territoriali di salute mentale;

         l’istituzione di servizi psichiatrici negli ospedali civili;

         la volontarietà ed il consenso del paziente ai trattamenti, con la possibilità di effettuare i ricoveri obbligatori in particolari condizioni e per periodi limitati di tempo.

L’articolo 1 della legge afferma che gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari. Gli accertamenti sanitari obbligatori (ASO) e i trattamenti sanitari obbligatori (TSO) sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate. Il soggetto può subire il TSO solo con lo scopo di migliorare il suo stato di salute e non per diminuire la sua pericolosità sociale.

Il primo atto di un TSO è una proposta motivata di un medico, che deve essere successivamente convalidata e motivata da parte di un medico della struttura sanitaria pubblica. Il TSO in condizioni di degenza ospedaliera, effettuato presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), è valido solo se esistono:

a.        alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici

b.        se gli stessi non vengano accettati dall’infermo

c.        se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere.

Successivamente ai due atti medici di proposta e convalida, il TSO in condizioni di degenza ospedaliera è disposto con provvedimento del sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria locale. Il decreto deve essere notificato al giudice tutelare entro 48 ore e questi, entro ulteriori 48 ore, decide la convalida o meno del provvedimento. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del TSO. Il TSO ha una durata massima di sette giorni, ma può essere rinnovato, reiterando tutta la procedura adottata inizialmente. Ad ulteriore garanzia per il paziente, chiunque può rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il TSO. Su tale richiesta il sindaco decide entro dieci giorni.  Con la legge 180 (poi confluita nella legge 833 del 23 dicembre 1978 di Istituzione del Sistema Sanitario Nazionale) la rottura con il sistema precedente avviene nettamente, con l’abbandono di ogni funzione “poliziesca” del ricovero.

La legge 180 è una legge di tipo normativo. Per la sua applicazione, era necessario che i suoi enunciati trovassero espressione in un piano di organizzazione e intervento, che venissero assegnate risorse economiche adeguate e che fosse sanzionata la sua mancata applicazione. A tal fine, negli anni ’90 sono stati approvati due successivi Progetti Obiettivo (PO) “Tutela della Salute Mentale”. Il PO “Tutela della Salute Mentale” 1994-1996 ha istituito il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) quale organo di coordinamento per garantire l’unitarietà e l’integrazione dei servizi psichiatrici di uno stesso territorio, l’individuazione delle sue componenti organizzative e l’individuazione e l’attuazione dei collegamenti tra DSM e servizi “confinanti” (medicina di base, medicina scolastica, guardia medica, consultorio, servizi sociali, servizi di neuropsichiatria infantile).

Il successivo PO “Tutela della Salute Mentale” 1998-2000 ha proposto il rafforzamento del modello organizzativo dipartimentale, attraverso la specificazione degli interventi che il DSM è tenuto a garantire. Il DSM si definisce quale struttura aziendale di organizzazione, gestione e produzione delle prestazioni finalizzate alla promozione della salute mentale, alla prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione del disagio psichico, del disturbo mentale e delle disabilità psicofisiche delle persone per l’intero arco della vita. Esiste un DSM per ogni Azienda Sanitaria con un’unica responsabilità di budget e di indirizzo clinico, il cui responsabile risponde direttamente alla direzione generale dell’ASS (o ASL).  L’organizzazione del DSM prevede il decentramento dell’assistenza nei Centri di Salute Mentale (CSM). Il CSM offre interventi di crisi, visite ambulatoriali e domiciliari, informazione e consulenza a pazienti e famiglie, assistenza sociale, riabilitazione psicosociale, lavorativa e inserimento nel mondo del lavoro collegandosi con gli uffici e le organizzazioni investititi di questo compito.

è il punto d’ingresso nel servizio ed è pertanto deputato a valutare le richieste fungendo da filtro relativamente al ricovero ospedaliero. Il CSM costituisce la sede delle équipe territoriali, caratterizzate dalla multiprofessionalità, dalla mobilità sul territorio, dalla flessibilità dell’intervento, sia di crisi che programmato, da una fascia oraria di funzionamento che copre di regola le 12 ore diurne nei giorni lavorativi. In alcune regioni (Friuli-Venezia Giulia e Campania) vi è attualmente l’orientamento a organizzare CSM funzionanti sulle 24 ore per l’intera settimana, ospitando presso le proprie sedi persone anche in TSO. Per SPDC si intende un reparto psichiatrico situato in ospedale generale, con una dotazione di un posto letto ogni 10.000 abitanti. Accoglie pazienti in regime volontario oppure obbligatorio.

Secondo i principi della psichiatria di comunità, il ricovero ospedaliero è considerato un intervento da usare con parsimonia, quando l’urgenza, la gravità della patologia, in genere psicosi acuta, rischio di suicidio o di violenza, non consentano il trattamento territoriale che rimane la scelta in tutti gli altri casi. Nell’organizzazione del DSM sono poi previste strutture ambulatoriali, semiresidenziali e residenziali. Queste ultime comprendono strutture comunitarie di tipo familiare (20 letti al massimo) per l’accoglienza a medio e lungo termine di pazienti con autonomia limitata e che, per diversi motivi, non possono vivere in famiglia o non l’hanno affatto.

Il DSM deve orientare i propri interventi a tre livelli:

         la prevenzione, intesa come organizzazione di attività finalizzate alla promozione della salute mentale e alla riduzione dell’incidenza della malattia mentale;

         la cura, intesa come intervento sul disturbo mentale, evitando il ricovero quando possibile e fornendo all’utenza il più ampio ventaglio disponibile di risposte;

         la riabilitazione, intesa come attività volta a restituire alla persona le abilità sociali perse e necessarie al reinserimento sociale, familiare, lavorativo.

     Rispetto agli standard proposti nel PO 1998-2000, è stato rilevato che le innovazioni apportate dalla Legge 180/1978 sono state ovunque applicate in modo completo ed omogeneo con una tendenza alla uniformità nelle varie Regioni. Sono stati istituiti 211 DSM complessivi e sono stati superati gli standard prefissati per le strutture residenziali pubbliche e i Centri diurni. Sono aumentati anche i posti letto pubblici ospedalieri per pazienti acuti e il numero di unità di personale, pur rimanendo questi ultimi due valori ancora sotto gli standard prefissati. Nonostante il miglioramento complessivo della rete di assistenza, vi sono comunque ancora diverse aree critiche e carenti nel contesto della salute mentale.

Matteo Balestrieri
Professore ordinario di psichiatria presso l’università degli Studi di Udine, direttore della clinica psichiatrica del Policlinico Universitario di Udine, direttore della scuola di specializzazione e presidente del corso di laurea

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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