C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico…

I controriformatori sembrano manifestare più il bisogno di una contrapposizione di tipo ideologico che un di confronto sulle cose fatte e sulle tante altre ancora da fare e paiono più interessati a negare la storia di questi trent’anni, che a discutere su come migliorare il servizio pubblico ed integrarlo con quanto si muove e pulsa intorno ad esso

Mentre taluni avanzano, ed altri minacciano, di avanzare proposte di riforma della legge 180/78, in una sorta di rituale a cui soggiacere ogni qualvolta si insedi un nuovo governo, noi proviamo a declinare il fare/pensare di quanti si richiamano a Psichiatria Democratica.

E proprio perché non ci piacciono le vie brevi e le semplificazioni populiste, lo facciamo cominciando sempre dal “che fare?”: con gli utenti, gli altri attori (famiglie, enti locali, volontariato, mondo del lavoro, della cooperazione, dell’artigianato, della scuola etc.) la fatica dei Servizi pubblici di Salute Mentale. Insieme per pensare a come costruire un progetto di uscita dal circuito psichiatrico di quanti esprimono disagio, in alternativa alle scorciatoie legislative proposte oggi (o minacciate da sempre) che, se percorse, ci faranno correre il rischio di una nuova segregazione.

Il difficile è tessere, quotidianamente e pazientemente, percorsi di inclusione sociale, mettendo in campo progetti operativi, energie e intelligenze, affinché non siano lasciate sole, mai, le persone che stanno male, mentre, a nostro avviso, si fa sempre più pressante l’esigenza di rendere effettivo un loro nuovo protagonismo. Riteniamo non porti a nulla di concreto, e che abbia il fiato corto per reggere al diritto assoluto delle libertà di ciascuno, darci sotto – di volta in volta – con le urgenze/emergenze, che nel tempo hanno partorito quella psichiatria dei lutti che tende a rendere come preminente e centrale non la qualità della vita delle persone in difficoltà (con i progetti da rendere effettivi e le risorse da reperire), ma il tema della cosiddetta pericolosità.

Tema, questo, che è oggi sostenuto attraverso il martellamento mediatico che tende a bollare, come problema di sicurezza tout court, ogni forma non omologabile: dagli immigrati ai rom, andando giù giù, fino ai matti! Per la verità, c’è qualcosa di antico anche nelle nostre proposte. Non fosse altro perché da anni – così come risulta nelle risoluzioni conclusive dei nostri documenti congressuali – andiamo ribadendo che è solo il primato delle pratiche ed il grande rigore scientifico che porta con sé, che può tracciare il cammino della cura. Non altro. E quando diciamo primato delle pratiche ci riferiamo alla gran messe di esperienze sviluppatesi nel Paese ed alla storia dei Servizi e degli uomini e donne che li hanno attraversati.

A quanto essi hanno promosso e verificato con cura e competenza in tutti questi anni. Ci riferiamo, insomma, a quell’enorme patrimonio collettivo costituito da quanto è stato realizzato, dal 1978, in tante realtà italiane e che conferma, in maniera chiara e netta, come il promuovere una Salute Mentale nella comunità – che è dura, faticosa e non ha scorciatoie -rimanga la strada maestra da percorrere. Perciò ci lasciano molto perplessi quelle posizioni di Associazioni di categoria che si sono espresse per un “ammodernamento” della 180/78 : cosa mai c’è da rinnovare in una legge che sancisce la chiusura dei luoghi di cura chiamati manicomi e nel ritenere essenziali le pratiche territoriali? Ma, si sa, ognuno poi sceglie ciò che meglio crede. Psichiatria Democratica intende mantenere e sviluppare sempre più la propria scelta di fondo, ovvero che la deistituzionalizzazione permanente rimane il riferimento paradigmatico del lavoro territoriale. Per brevità, proverò ad esplicitare alcune nostre opzioni e campi di intervento:

Per PD la Salute Mentale significa:

a) “prendersi cura della persona, della sua storia e del suo contesto”;
b) “riattivazione di risorse collettive a sostegno della crisi individuale”;
c) “accoglienza, condivisione del disagio, rapporti reciproci di aiuto con gli utenti ed i loro familiari”;
d) “riappropriazione di relazioni significative e di potere sociale”;
e) “partecipazione allargata ai percorsi di cura di nuovi soggetti sociali ed istituzionali”.

Risulta, probabilmente, più chiaro, così, il perché del nostro atteggiamento ostativo nei confronti dei controriformatori: ci pare, difatti, prevalente da parte loro, più il bisogno di una contrapposizione di tipo ideologico che un confronto sulle cose fatte e sulle tante altre ancora da fare; essi sembrano più interessati a negare la storia di questi trent’anni, che a discutere su come migliorare, sempre più, il Servizio pubblico ed integrarlo con quanto si muove e pulsa intorno ad esso.

Siamo malevoli se riscontriamo nelle proposte – vecchie e nuove – il tentativo teso ad un forte ridimensionamento della centralità del Servizio pubblico a favore del privato?

Per Psichiatria Democratica, quel fare e pensare significa l’esserci come dovere pubblico, innanzitutto, ed in forma piena attraverso progetti/percorso che si sostanzino, tra l’altro, in:

– Potenziamento degli organici, con personale multidisciplinare sempre più formato alle nuove esigenze, moltiplicazione dei Centri di Salute Mentale attivi nelle 24/h ed incremento delle attività domiciliari e territoriali, in genere;
– Rendere operativi i Centri Diurni di riabilitazione in ciascun Distretto socio – sanitario, facendo in modo che essi siano inseriti nel contesto nel quale insistono, con propensione a rendere effettive e praticabili le istanze di inserimento lavorativo non occasionale ma continuativo;
– Promuovere la crescita di esperienze per l’accoglienza abitativa territoriale, capace di rispondere alle molteplici e diversificate esigenze degli utenti. Pensare a dotare ogni realtà di case – famiglia, gruppi/appartamento, case – supportate etc., in sintonia con gli enti pubblici, così da poter costantemente modulare il bisogno effettivo di risorse da mettere in campo. Vanno altresì sperimentate – utilizzando risorse certe ed adeguate – forme alternative di residenzialità, anche supportate, dove necessario, e nell’ambito di progetti individualizzati, nell’arco della giornata; va favorito, inoltre, l’affido etero – familiare, potendo contare sul sostegno formativo ed economico alle famiglie;
– Sviluppo di progetti – sperimentali ed a tempo – di sostegno, al domicilio, per persone in difficoltà nell’uso della casa e dei servizi, attraverso l’utilizzo di fondi vincolati. Ad esempio: a) introdurre la figura del tutor al domicilio (i progetti dovranno, ovviamente, essere elaborati e seguiti dal C.S.M.); b) realizzazione di programmi di formazione/lavoro a favore degli utenti dei Servizi, mediante intesa tra le Aziende Sanitarie, le organizzazioni del lavoro (dagli artigiani, agli industriali, dal privato sociale accreditato agli Enti Locali e così via), rendendo operativo un vero e proprio “Patto per il lavoro”a dimensione territoriale e regionale.

Ulteriori risorse dovranno essere reperite anche attraverso la messa a reddito del cospicuo patrimonio immobiliare degli ex Ospedali Psichiatrici, così come previsto per legge;

– Costituzione di équipe integrate, da impegnare nell’area del disagio adolescenziale;
– Sviluppo degli interventi di aiuto psicologico, con particolare interesse alla promozione di iniziative di auto mutuo-aiuto;
– Definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

Come si vede, nel divenire continuo della Salute Mentale vi è tanto da fare: non resta che augurarsi che si investa piuttosto che tagliare in questo delicato ed importante settore, impegnandosi sulle cose da realizzare, per e con gli utenti, piuttosto che riaprire crociate.

Dott. Emilio LUPO
Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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