Mens sana in corpore sano

La fisioterapia è stata riconosciuta all’interno della medicina convenzionale e gli specialisti in questo campo hanno profonde conoscenze riguardo al corpo e agli esercizi necessari per mantenerlo in salute

Oggigiorno molte scuole di fisioterapia, come anche un considerevole numero di medici, tendono a considerare irrilevante, senza importanza e qualche volta persino marginale il lavoro del fisioterapista  in campo psichiatrico e più in generale in tutto ciò che ha a che vedere con la salute mentale. In qualità di fisioterapista mi permetto di dissentire. Innanzitutto, per dovere di informazione, va precisato che circa un quarto della nostra popolazione presenta una disfunzione mentale. Va detto inoltre che nella società attuale l’attenzione che si presta al corpo, sottoponendolo anche ad esercizi continuativi per mantenerlo sano e in forma, non è  di certo poca. Dal mio punto di vista per stare bene è necessario curare il corpo, ma non sottovalutare, se ci sono, le problematiche che affliggono la mente. Il fisioterapista, grande conoscitore della fisiologia umana, per quale motivo non dovrebbe cercare di alleviare i sintomi fisici del paziente e al contempo anche quelli mentali? La consapevolezza del proprio corpo porta inevitabilmente anche ad una maggiore consapevolezza mentale e dovrebbe rappresentare un fattore importante nei programmi e negli interventi di riabilitazione. Come già detto però non tutti, o almeno così sembra, condividono questo particolare tipo di approccio, anzi, molti ritengono che le ragioni sopra esposte siano del tutto insufficienti per dare spazio alla fisioterapia nell’ambito della cura della salute mentale. In realtà, non solo bisognerebbe prestare maggiore attenzione  alla cosa, ma sarebbe più che mai utile creare una rete tra ricercatori che operi con lo scopo di regalare un’opportunità di maggior benessere a chi necessita di cure mentali o fisiche. Unire le forze e non operare in maniera individualista, questo dovrebbe essere il motto comune. Oltre a non esserci una predisposizione per un lavoro di equipe di questo genere, c’è anche da dire che  sfortunatamente per la maggior parte dei fisioterapisti il termine “ricerca” ha una connotazione negativa.

La ricerca fa pensare ad ore spese in laboratorio e risulta quindi molto difficile far capire il perché della sua importanza. In particolar modo risulta complicato far comprendere che dal punto di vista tecnico essa è meno complessa di quanto si potrebbe pensare. Bisognerebbe, inoltre, iniziare ad attivarsi con più elasticità mentale anche in virtù del fatto che attualmente vi è un proliferare di troppe tipologie di figure professionali che operano in questo campo e che non sempre lo fanno con cognizione di causa. Non va affatto sottovalutata la pressione che viene fatta da presunti esperti di terapie complementari ed alternative a quelle tradizionali che cercano a tutti i costi un riconoscimento a livello pubblico. Questo è un ulteriore motivo che dovrebbe spingere i colleghi fisioterapisti a preservare o acquisire uno spazio preciso nel mondo della terapia. È chiaro che per far si che ciò avvenga è necessario provare che quanto sto asserendo è fondato e soprattutto rappresenta un valore aggiunto, significativo per il paziente. È un dato di fatto che, ormai, la fisioterapia è stata riconosciuta all’interno della medicina convenzionale. I fisioterapisti hanno profonde conoscenze riguardo al corpo e agli esercizi necessari per mantenerlo in salute; sono, infatti, “addestrati” per acquisire la competenza terapeutica necessaria per poter operare. Ed è proprio questo un punto fondamentale che dovrebbe far riflettere sulla qualità di questa figura professionale. Una garanzia di serietà, tanto per capirci, che non andrebbe limitata alla pura riabilitazione di parti dolenti. Pare davvero strano che non tutti i fisioterapisti siano concordi nel valorizzare una professione che offre al paziente infinite possibilità di recupero. La ricerca per l’appunto aiuterebbe molto a chiarire questo concetto. In effetti, alcune delle procedure statistiche adoperate in campo clinico sono davvero molto complesse. Ma non bisogna dimenticare che esistono anche metodi per fare ricerca più semplici, sia a livello qualitativo che quantitativo. La pratica nel quotidiano è uno di questi. Inoltre, molti siti web sono in grado di offrire suggerimenti ed indirizzare in tal senso. Tanto per citarne uno particolarmente ricco di informazioni utili, il www.constort-statement.org dove è possibile trovare un numero di esempi molto specifici e facilmente applicabili nella pratica clinica.

 La ricerca è, quindi, molto più affascinante e meno utopistica di quanto in realtà pensino la maggior parte dei professionisti. Uno dei miei propositi è proprio quello di incitare gli scettici a seguire questa strada o perlomeno di valutarne tutte le possibilità d’impiego. Menti più aperte, capaci di mettersi in gioco, aiuterebbero molto gli sviluppi della scienza, non solo naturalmente nel mio specifico campo. Fisioterapisti, dunque, che lavorano alla cura non solo fisica, ma anche dell’aspetto mentale del paziente. Figure che offrono da un lato un’estesa serie di approcci fisici che mirano ad alleviare i sintomi e dall’altra metodi finalizzati ad accrescere l’autostima e a migliorare la qualità di vita. E proprio in merito alla qualità della vita, non va trascurato un approccio fisioterapico che coinvolga mente e corpo dei pazienti che presentano disabilità fisiche. Chi è afflitto da un handicap dalla nascita, o a seguito di un incidente, è costretto a confrontarsi con un corpo che non risponde ai comandi dati dal cervello come dovrebbe. Si tratta di pazienti che quasi sempre presentano forme depressive più o meno gravi che ne peggiorano il quadro complessivo. La fisioterapia atta a lavorare sui muscoli ed associata ad uno sport idoneo alla specificità del paziente può dare risultati rilevanti. Il corpo va preparato per consentire all’atleta disabile di affrontare l’allenamento per la disciplina scelta, che tra le altre cose, dovrebbe essere una disciplina collettiva al fine di contrastare anche lo stato depressivo che di solito comporta l’isolamento del soggetto.

Michel Probst
Professore Dipartimento di Scienze della Riabilitazione e Fisioterapia presso la Facoltà di Kinesiologia e Scienze Riabilitative dell’Università Cattolica di Leuven (Belgio)
Direttore del Servizio di Fisioterapia, UPC-K.U. Leuven, campus Kortenberg (Belgio)

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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