L’infanzia nel cinema

Nei suoi primi anni di vita (fino, grosso modo, alla Prima guerra mondiale) il cinema si rivolge principalmente a un pubblico giovane-adulto e adulto. Parallelamente, le storie raccontate per lo schermo prediligono vicende dove protagonisti sono di norma gli adulti (anche per una questione di star system: sia di provenienza teatrale che gradualmente “autoctono”, ossia cinematografico). Premesso ciò non significa però che in sala, dall’altro lato del telone, vi siano solo gli adulti. Al contrario diversi film, di avventura, comici, o epiche trasposizioni di opere letterarie ritenute di valore nazionale se non in alcuni casi internazionale (I promessi sposi, I miserabili, Guerra e pace, Anna Karenina, La capanna dello zio Tom, ecc.), sono indirizzati a tutta la famiglia. Comunque, nei primi cinquant’anni di cinema non sono molte le riduzioni da testi letterari “alti”, con giovani protagonisti, pensate esclusivamente per i più piccoli: Oliver Twist (Frank Lloyd, 1923), I ragazzi della via Páal (Frank Borzage, 1934), L’isola del tesoro (Victor Fleming, 1934); David Copperfield (George Cukor, 1935), Pinocchio (Walt Disney, 1940), Grandi speranze (David Lean, 1946). Spesso il bambino o l’adolescente svolge una funzione “coreografica” all’interno di una storia di adulti. E quando vi è un ruolo centrale che si potrebbe affidare a un bambino/ragazzo ecco che, per esigenze di produzione (ma anche per mancanza di talent scout nello scovare giovani attori “presi dalla strada”), si chiama un adulto. È il caso del Pinocchio (1911) di Anton Giulio Antamoro, tra l’altro d’un livello artistico inaspettato per quel periodo, dove a impersonare il burattino-bambino è l’affermato comico Polidor (Ferdinand Guillaume). Bambini e ragazzi protagonisti, dunque, sono quasi assenti dal cinema d’autore che attraversa i primi trenta anni di cinema: dall’impressionismo francese all’espressionismo tedesco e al realismo sovietico. Svolgono “comparsate”, per esempio, i primi bambini della storia del cinema presenti in Le dejuner du bébé o L’arroser arrosé, dei fratelli Lumière, o la piccola bambina strappata a forza, e a torto, alla madre, nell’episodio “La madre e la legge” in Intolerance (1916) di D.W. Griffith. Eppure allo storico e al sociologo di oggi questi “cammei” risultano preziose tracce di storia dell’antropologia urbana: ci dicono del rito della colazione di una piccola famiglia borghese e di come venisse ben curato e ben vestito un infante figlio di benestanti (Le dejunere du bebé); o di come i diritti a essere madre, secondo un fantomatico comitato di annoiate donne borghesi, cessassero, qualora la malcapitata mamma fosse  povera e con il marito in prigione (Intolerance). Però (ecco le eccezioni), proprio Griffith, tre anni dopo, adattando per lo schermo il romanzo di Thomas Burke, raccontava la difficile storia di una adolescente di 13 anni, Lucy (è la commovente Lillian Gish, ventitreenne): Giglio infranto (1919). In un film di denuncia sociale (la povertà di alcuni strati; lo sfruttamento del lavoro), inaspettato per il periodo (bisognerà attendere il neorealismo italiano), non disgiunto da una analisi psicosociologica (il violento padre di Lucy, abbrutito dall’alcol, sfoga il suo odio verso il mondo che lo esclude, picchiando frequentemente la piccola), Griffith introduceva il tema dell’infanzia maltrattata. Il delicato e sfortunato nascente amore tra Chang, il cinese, e Lucy (eloquenti i primi piani della Gish ricoverata nella casa-negozio di Chang e da questi accudita, dopo le percosse subite dal padre), fu anche una storia cinematografica, in anticipo sui tempi. La sincera amicizia interetnica e interreligiosa tra una povera autoctona e un immigrato orientale, legati da sentimenti di rispetto, bontà e amore, era un tentativo, nelle intenzioni di Griffith, di abbattere i feroci luoghi comuni del razzismo e della xenofobia.

Eusebio Ciccotti
Dottore di ricerca in scienze letterarie, è docente di Formazione e media (Roma Tre)

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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