L’immondizia è meglio trattarla che abbandonarla

Oggi sembra che non vi sia pericolo per la salute delle popolazioni che vivono nelle vicinanze dei moderni impianti di trattamento dei rifiuti solidi. Esistono invece numerosi studi che dimostrano rischi elevati per la salute umana da discariche abusive

E’ stato condotto un numero molto elevato di studi epidemiologici sulle popolazioni che vivono vicino ad impianti di trattamento dei rifiuti solidi ed anche sui lavoratori di questi impianti. Le conclusioni della stragrande maggioranza degli studi sono che non è stato riscontrato un reale effetto patologico per la salute delle popolazioni viventi in prossimità degli impianti, mentre sono state trovate, in alcuni studi, incidenze di patologie significativamente più alte in gruppi di lavoratori di impianti di trattamento dei rifiuti rispetto ad analoghe popolazioni non operanti in quegli impianti. Tutti gli studi sui lavoratori degli impianti, necessariamente, si riferiscono ad impianti “vecchi” di oltre trent’anni, estremamente diversi dagli impianti odierni ampiamente meccanizzati che prevedono una sporadica attività umana, sostanzialmente di controllo e gestione ma non più di diretta manipolazione dei materiali. Oggi, quindi, vi è schiacciante evidenza dell’assenza di rischi per la salute per le popolazioni abitanti nelle vicinanze di moderni impianti di trattamento dei rifiuti solidi, mentre non v’è ancora sufficiente evidenza di assenza di rischi alla salute per i lavoratori impiegati negli impianti, sebbene l’elevato livello d’automazione degli impianti e le precauzioni imposte dalla legge 626 facciano ritenere altamente improbabile un significativo rischio per la salute per i lavoratori dei moderni impianti di trattamento dei rifiuti. Tanto è l’evidenza scientifica dell’assenza, in particolare, di rischio di tumore per la popolazione abitante in adiacenze degli impianti che la IARC (International Agency for Cancer dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha escluso il “waste disposal”, cioè il trattamento dei rifiuti, dalle possibili cause prevenibili di cancro. Al contrario esistono numerosi studi che dimostrano rischi elevati per la salute umana da discariche abusive. Numerosi i determinanti: la percolatura non protetta di liquidi tossici nelle falde acquifere, il contatto diretto con le persone, la frequente bruciatura dei rifiuti con produzione di sostanze tossiche (tra le quali la diossina). Appare evidente che la discarica abusiva è un reale rischio per la salute mentre l’impianto di trattamento moderno è protettivo per la salute umana.

Un metodo adottato da molti ricercatori è quello delle “meta analisi” ove si tenta un difficilissimo pooling di centinaia di studi diversi nel tentativo di addivenire ad una conclusione “forte“: nel campo di salute e rifiuti il risultato è inesorabilmente equivoco ed inconclusivo, sia per la differenza tra i metodi adottati nei diversi studi che per la estrema debolezza delle rare associazioni trovate tra salute e rifiuti. Purtroppo scelte ideologiche di parte costruiscono scenari di alto rischio per le popolazioni abitanti nei pressi di impianti di trattamento dei rifiuti – non basati su studi scientifici, bensì sull’incertezza di questi studi. Il teorema perverso usato è quello che una parte significativa degli studi prodotti sull’associazione tra impianti e salute umana non abbia dimostrato associazioni significative negative non perché queste non esistano, ma perché gli studi erano incompleti o insufficienti a raggiungere le conclusioni presentate. Una reazione costante nella scienza epidemiologica: da oltre un secolo coloro che non vedono soddisfatte le proprie teorie dall’evidenza dei dati, sia pure mirabilmente raccolti, invocano insufficienze metodologiche alimentando così il circuito delle incertezze tanto caro alla scienza in poltrona. I risultati sono sempre gli stessi : si invocano altri futuri interminabili studi e, nel frattempo, si impone il più rigido “principio di precauzione”, che impone “no“ a tutto spiano cancellando ogni razionale analisi tra i benefici ed i danni per la popolazione riferiti a un certo intervento. Il cittadino, di fatto, scompare dall’interesse del ricercatore, che pure ne invoca la commissione; ipocritamente cosciente del fatto che mantenere lo statu quo e ritardare gli interventi significa con certezza mantenere il costante danno al cittadino che pure viene trascinato in piazza a difesa della sua salute. Assistiamo quindi, proprio in quelle Regioni ed aree maggiormente disorganizzate per la normale quotidiana gestione del tessuto urbano e perseguitate da anni da una gestione politicamente inquinata all’emergere di una movimentazione popolare, sostenuta da mal documentati esperti ideologicamente dedicati, contraria proprio a quelle soluzioni di gestione dei rifiuti solidi urbani che potrebbe sensibilmente migliorare la loro qualità di vita. Non bisogna altresì trascurare il consistente fenomeno del “rischio percepito”: rumore ed odore sono obiettivamente rilevabili in prossimità di impianti di trattamento dei rifiuti, e non è irrazionale la percezione della popolazione che associa a queste situazioni obiettive un ignoto rischio per la propria salute. Il controllo di questi fastidi potrebbe consistentemente ridurre il rischio percepito, insieme ad un’adeguata attività di informazione della popolazione. Non trascurabile, infine, un richiamo alla solidarietà sociale: appare chiaro il fatto che un aeroporto, una scuola, una caserma, una discoteca, un supermarket, quindi anche un impianto di trattamento rifiuti non sono graditi dai vicini per un numero diverso di motivi. Questo richiama  un dovere di solidarietà dei cittadini ed un impegno di compensazione dell’autorità  preposta che operi in cooperazione con le popolazioni locali per condividere un comune impegno.

Donato Greco
Unità di crisi del Commissariato di Governo per l’Emergenza dei Rifiuti
in Campania,capo del Dipartimento di prevenzione e comunicazione

del ministero della salute

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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