Ma non saranno mai figli tuoi…

In un paese dove ancora si confonde il “sostegno a distanza” con “l’adozione a distanza” viene da chiedersi quanto la nostra società e la nostra cultura siano preparate in questo senso. Nel momento in cui l’affido internazionale dovesse diventare una realtà, sarà importante che ci sia la volontà assoluta di controllare le singole situazioni affinché l’affido diventi davvero un progetto di sussidiarietà del minore e che, se ci dovesse essere adozione, questa avvenga per espressa richiesta di un maggiorenne che ne comprendesse il pieno significato

“Dobbiamo lavorare dentro un progetto più grande per far stare bene il bambino nel suo paese. Il nostro obiettivo non è portare tanti bambini in Italia ma che per uno che viene da noi ce ne siano 100 o 1000 per i quali si creano occasioni nei loro paesi”. Sono queste le parole pronunciate dal ministro Rosy Bindi che un anno fa interveniva così al convegno nazionale sulle adozioni organizzato a Torino. In questi giorni lo stesso ministro ha annunciato che presenterà al Consiglio un progetto sull’affido internazionale. Un progetto che non punta sicuramente a diminuire il numero degli arrivi in Italia ma anche lo vedrebbe aumentare in modo esponenziale. Di certo non un incentivo alla cooperazione internazionale. In questi anni il Parlamento ha avuto a disposizione parecchie proposte di legge su questa materia, proposte che non hanno mai avuto l’onore dell’aula. Se da un lato l’affido internazionale, ben gestito ma soprattutto dato in mano a professionisti del settore quali gli Enti già autorizzati dalla Cai, o comunque Enti iscritti ad un apposito albo con ben chiari requisiti professionali ed organizzativi, (e non da “associazioni” e singoli improvvisati anche se pieni di buona volontà) potrebbe essere una bella occasione per migliaia di bambini non in stato di adottabilità ma di certo in stato di grande necessità, è ben vero che potrebbe diventare il classico sistema per aggirare l’ostacolo in assenza dei requisiti per l’adozione internazionale. Non dimentichiamoci poi che chi accoglierà questi minori non dovrebbe mai incorrere nell’errore, e nella tentazione, di farsi chiamare “mamma o papà” perché cosi non è. Anche se i fatti di cronaca ci portano a prendere atto di come l’impreparazione verso una scelta di questo tipo crei a volte danni irreparabili.

Ecco, questo è forse il solo “grande” timore che gli addetti ai lavori paventano. Senza dimenticare poi quali interessi economici gravitino attorno alle accoglienze di minori stranieri. Denari ed interessi che coinvolgono molte realtà dagli alberghi alle compagnie aeree, senza dimenticare di come spesso tra bambini in stato di necessità reale vengano inserite persone che a vario titolo si inseriscono nel gruppo per una vacanza extra. Non riusciamo a dimenticare, e vorremmo, la pietosa vicenda della Bielorussia dove gli interessi dei bambini di quel Paese erano condizionati da quelli delle organizzazioni accompagnatrici e dove la totale mancanza di serietà di quel governo ha impedito il rispetto di accordi sottoscritti con l’Italia. Del resto se fu proprio il ministro Bindi a sottolineare la necessità di rendere più severi i controlli sugli Enti che seguono le adozioni internazionali è auspicabile che lo stesso discorso valga nel caso degli affidi. In un paese dove ancora si confonde il “sostegno a distanza” con l’“adozione a distanza” (semplice questione linguistica ma varrebbe la pena di analizzare quanto i mezzi di informazione e le stesse organizzazioni ne siano responsabili) e dove diventa difficile spiegare che un sostegno non significa che il bambino diventi “tuo figlio”, dove un soggiorno estivo diventa il pretesto per farsi chiamare papà e mamma per rivendicare diritti mai acquisiti su una bambina al punto di rapirla, dove molti sostenitori a distanza hanno bisogno della letterina e della foto sulla mensola della libreria con l’immagine del “loro” bambino africano o asiatico che sia, dove il ritardo dell’arrivo della cosiddetta letterina basta per mandare in crisi il progetto su una vita, viene da chiedersi quanto la nostra società e la nostra cultura siano preparate in questo senso. Auspichiamo che nel momento in cui l’affido internazionale dovesse diventare una realtà ci fosse la volontà assoluta di controllare le singole situazioni, affinché l’affido diventi davvero un progetto di sussidiarietà del minore e che, se mai adozione ci dovesse essere, questa avvenisse per espressa richiesta di un maggiorenne che ne comprendesse il pieno significato. Per comune memoria rammento che la realtà dell’affido sarà possibile solo dopo accordi con i Paesi di provenienza dei minori senza i quali nulla è realizzabile: non dimentichiamoci che l’Italia non è proprio ai vertici europei della stipula di accordi in materia.

Gianfranco Arnoletti
Presidente Cifa Ong For Children

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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