Affetti in prestito

I bambini che temporaneamente trovano posto nelle famiglie italiane sono spesso sottoposti a dinamiche complesse che hanno risvolti psicologici a volte traumatici. In realtà hanno bisogno di protezione, assistenza e, soprattutto, di percorsi di reinserimento nel tessuto sociale del paese d’origine. In quest’ottica è meglio quindi pensare anzitutto a programmi di sostegno a distanza, a interventi di cooperazione internazionale effettuati nel Paese d’origine

 Laffido familiare è un intervento istituito dalla legislazione italiana al fine di aiutare il bambino durante una difficoltà temporanea della famiglia di origine. La coppia affidataria deve provvedere a mantenerlo, educarlo ed istruirlo e mantenere e favorire i legami con la sua famiglia d’origine, nella quale rientrerà appena le difficoltà saranno risolte. L’affido è quindi un istituto totalmente diverso dall’adozione, che invece è permanente, richiede la totale interruzione dei rapporti con la famiglia d’origine e rende il minore a tutti gli effetti figlio legittimo dei genitori adottivi.

A causa della differenza politica, economica, giuridica e sociale con nazioni lontane i bambini in affido temporaneo internazionale vengono sottoposti però a dinamiche complesse con risvolti psicologici spesso traumatici. I minori interessati a tali programmi devono aver compiuto i sei anni e possono restare in Italia per un periodo massimo di tre mesi estendibile a cinque, con il permesso di ripetere il soggiorno per più anni consecutivi presso la stessa famiglia. Spesso i bambini affidati sono in grave stato di abbandono, provengono da istituti assistenziali dove i diritti dell’infanzia non vengono presi in considerazione e l’esperienza del soggiorno temporaneo provoca al minore un grave disorientamento proprio per le notevoli differenze sociali e culturali e per il periodo temporale che risulta troppo breve per garantire uno sviluppo psicologico corretto ma abbastanza lungo da permettere lo sviluppo degli affetti. Su tali presupposti si colloca la vicenda di Maria e dei coniugi  Giusto di Genova che ha diviso l’opinione pubblica italiana. Si è evidenziato un completo sostegno dalla comunità e dalla parrocchia di Cogoleto dove abita la famiglia, comprensione sul piano umano, da parte di tutti, ma critiche sostenute dalle organizzazioni che seguono da anni le famiglie “affidatarie”. Certo è che bambini come Maria e come gli altri minori vittime di sfruttamenti e abusi, hanno bisogno di assistenza psicologica, protezione, ma soprattutto di percorsi di reinserimento nel tessuto sociale del paese d’origine che ne garantiscano la tutela; strade difficilmente percorribili o almeno  difficilmente valutabili a causa di difficoltà burocratiche, legislative ed economiche. In quest’ottica è meglio quindi pensare anzitutto a programmi di sostegno a distanza, a interventi di cooperazione internazionale effettuati nel Paese d’origine, a progetti che non richiedano l’allontanamento del minore né dalla sua famiglia né dalla sua terra.  Il nostro compito è quello di informare e aiutare questi Paesi a raggiungere l’autonomia necessaria perché i governi locali possano sviluppare un’organizzazione sociale che conosca la difesa e la promozione dei diritti dell’infanzia. In modo da offrire condizioni di vita dignitose e delle prospettive durature per evitare che questi bambini divengano preda di traffici illeciti e disumani.

Il bambino dovrebbe quindi poter arrivare in Italia solo nel caso sia possibile definire un’adozione ma soprattutto dopo aver valutato l’abbinamento minore-coppia genitoriale grazie ad un corretto sviluppo nel paese di origine delle procedure internazionali di accertamento dell’adottabilità.  Inoltre, ancora oggi, le procedure di adozione sono caratterizzate da processi estremamente lunghi mentre bisognerebbe sia velocizzare il sistema, valutando dal sevizio sociale italiano l’idoneità degli aspiranti con interventi  all’arrivo in Italia del minore, sia rendere più snello e trasparente l’iter adottivo in modo da evitare ingorghi burocratici e soprattutto speculazioni economiche.

Alessandra Guerra
Consigliere regionale Friuli Venezia Giulia
già presidente regione Friuli Venezia Giulia

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