Il padre, i figli e la scuola

Giovanni Paolo II disse che se si vuole il bene dei bambini è necessario adoperarsi per la presenza del padre anche in ambito educativo

Lo aveva già rilevato (oltre 20 anni fa!) Giovanni Paolo II «Come l’esperienza insegna l’assenza del padre provoca squilibri psicologici e morali…(e perciò, Ndr) soprattutto là dove le condizioni sociali e culturali spingono facilmente il padre ad un certo disimpegno rispetto alla famiglia o comunque ad una sua minor presenza nell’opera educativa, è necessario adoperarsi perché si recuperi socialmente la convinzione che il posto e il compito del padre nella e per la famiglia sono di un’importanza unica e insostituibile» (cfr. L’uomo sposo e padre in Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Familiaris Consortio, 25).

L’autore di questo articolo, in quanto insegnante ed educatore, ha condotto nel 2004 in provincia di Varese una serie di incontri dedicati ad un problema che, date le difficoltà che genera, attira l’attenzione di molti docenti e maestri: quali possono essere nei bambini e nei ragazzi gli effetti dell’assenza del padre, come si caratterizzano in ambito scolastico, e soprattutto qual è in Italia l’attenzione dedicata a questo problema? Agli incontri, intitolati “Essere educatori nella società senza padre”, parteciparono alcune maestre delle scuole elementari molto preoccupate per ciò che riscontravano nella loro esperienza, alcuni genitori, uno studioso di scienze della famiglia rappresentante un’associazione di volontariato, una donna single che diceva di aver preteso una relazione con un uomo al solo fine di ottenere il concepimento e poter crescere il figlio da sola (ma aveva male interpretato il titolo degli incontri e sperava di poter avere informazioni su come fare a crescere il figlio senza che quest’ultimo avesse una figura paterna accanto), e tre persone autodichiarantesi esponenti di un’associazione che si era battuta storicamente in favore del divorzio e che ammetterono da subito di essersi presentate per mostrare che l’assenza del padre (dovuta appunto alla separazione) non rappresentava certo una questione di cui preoccuparsi.

Gli incontri svilupparono il tema in oggetto a partire innanzitutto dalla segnalazione chiara già data da una pubblicazione dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia che aveva rilevato, in relazione a questo tema e soprattutto per i figli maschi, il crescente disagio giovanile generato dall’eccessiva distanza della figura paterna, chiedendo da subito efficaci interventi (si veda Eventi drammatici di disagio giovanile in Ufficio scolastico Regionale della Lombardia, Oltre il disagio, testo in genere disponibile presso i Provveditorati e gli Istituti Scolastici lombardi).

In secondo luogo, durante gli incontri la riflessione fu condotta a partire dagli studi più autorevoli a nostra disposizione: quelli dello psicanalista Claudio Risé (che riprenderemo nei prossimi articoli indicandone tuttavia già ora il sito www.claudio-rise.it così come le fondamentali opere Il padre, l’assente inaccettabile (2003) e Il mestiere di padre (2004), per San Paolo Ed.) e in particolare il breve saggio Anger in the Bosom of our Children. The effects of fatherlessness on anger in middle school children dello psicologo americano Cornelius Evans (il libro, pubblicato da iUniverse Publ., New York, 2003, è facilmente reperibile anche in Italia nei pricipali bookstores on line).

Quest’ultimo contributo si è rivelato particolarmente adatto come introduzione al problema grazie soprattutto alla cospicua indicazione di dati riguardanti le conseguenze dell’assenza del padre: il capitolo 2 dello studio di Evans prende infatti il titolo Problems caused by the absent father: frightening statistics. Statistiche agghiaccianti dunque: secondo molti studiosi l’assenza del padre è, negli Usa, la principale causa di molti problemi sociali derivanti dal malessere dei giovani: violenza, arresti, povertà, abbandono scolastico, delinquenza… Secondo Evans, infatti, il benessere di bambini e giovani si sarebbe deteriorato in modo significativo negli ultimi 30 anni, parallelamente alla diffusione del problema dell’assenza paterna: l’abbandono e l’abuso sui bambini si sono quintuplicati dal 1976, disordini alimentari e depressione si sono ulteriormente diffusi, il suicidio giovanile (sul quale anche in Italia ha a lungo riflettuto il Comitato Nazionale di Bioetica con il Parere disponibile in www.palazzochigi.it/bioetica/testi/170978adolescenti.html ) è triplicato, la povertà sta raggiungendo anche il 40 per cento tra i bambini. E tutti questi fenomeni, con gli altri che tratteremo in modo dettagliato nei seguenti articoli, troverebbero la loro principale ragione non tanto nelle condizioni economiche ma nell’assenza del padre. Invitiamo con ciò chiunque fosse interessato a sviluppare e studiare questo argomento a scriverci alla mail dell’autore di questo articolo: Antonello Vanni e-mail: nellova@libero.it

Vorremmo concludere ricordando che la donna single che aveva partecipato al primo incontro non si era presentata più ai seguenti, dicendosi molto preoccupata pensando ai problemi che il figlio (che lei voleva intenzionalmente crescere senza padre) avrebbe probabilmente incontrato, ma era tornata all’ultima serata per dirci che negli ultimi giorni stava tentando di riconciliarsi con l’uomo con cui aveva generato il bambino affinché quest’ultimo avesse un padre. Delle tre persone appartenenti all’associazione pro-divorzio, due non si presentarono più, mentre tornò sempre un uomo che ci disse di aver partecipato agli incontri perché gli era stato affidato il figlio di un suo amico purtroppo deceduto in un recente incidente stradale. Quest’uomo voleva ascoltare, disse, per poter fare il meglio possibile per quel ragazzo, rappresentandone in qualche modo, con la sua presenza attenta anche in ambito scolastico, una figura vicariante il padre scomparso.

Antonello Vanni
Scrittore e docente universitario di bioetica
www.antonello-vanni.it

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