La recrudescenza delle azioni criminali non è da sottovalutare, anche se spesso è da riconnettere a mutamenti e tendenze in atto nella società nel suo complesso, dove isolamento, crisi della famiglia e dei valori tradizionali possono ingenerare reazioni violente nei soggetti in formazione
Il fenomeno della criminalità minorile negli ultimi anni, nonostante i casi eclatanti portati all’attenzione dai mass media non registra un aumento dal punto di vista quantitativo bensì qualitativo.
La recrudescenza in taluni casi delle azioni criminali, non è, comunque, un aspetto da sottovalutare anche se spesso è da riconnettere a mutamenti e tendenze in atto nella società nel suo complesso, dove isolamento, crisi della famiglia e dei valori tradizionali spesso ingenerano reazioni particolarmente violente in soggetti in formazione. La risposta di giustizia alla delinquenza minorile è stata, pertanto, in questi ultimi anni, una risposta che ha perseguito l’obiettivo di un giusto equilibrio tra l’esigenza di recuperare il soggetto deviante alla società e l’esigenza di “stigmatizzare” il comportamento criminale portandolo anche alle sue estreme conseguenze in termini di limitazione della libertà personale.
Tutto ciò all’interno di un sistema, quello dei servizi della giustizia minorile e dell’organizzazione giudiziaria dei Tribunali per i Minorenni, che riconoscendo la specificità dell’intervento processuale e di esecuzione della pena nei confronti del soggetto minore di età, perseguono finalità di giustizia unitamente all’esigenza di promuovere, fin dal primo ingresso nel circuito penale minorile, percorsi di responsabilizzazione. Tali percorsi precisano e chiarificano il significato della condotta deviante posta in essere e le sue conseguenze sociali, nonché proseguono o avviano a programmi di educazione e formazione, quali interventi prioritari nei confronti di soggetti in età evolutiva .
Al minore occorre attribuire la responsabilità delle sue azioni e delle conseguenza delle medesime. Ma tale processo deve avvenire in via privilegiata attraverso progetti di recupero del minore alla società, impegnandolo attivamente in attività di studio e lavoro anche all’interno delle mura carcerarie quando non ci sono i presupposti per l’applicazione di istituti alternativi alla detenzione.
L’attenzione si è rivolta, inoltre, anche a rendere tale sistema sempre più in grado di dare risposte adeguate ed efficaci alle problematiche della devianza minorile anche mediante il coinvolgimento degli enti locali.
Tuttavia, non si può non sottolineare che ogni ipotesi di modifica in materia viene aprioristicamente rifiutata sebbene sia elaborata sulla base dell’esperienza di chi quotidianamente si confronta con le criticità di un meccanismo che risente del sempre più rapido mutamento delle condizioni sociali, tanto più rispetto a diciassette anni fa’ quando il processo penale minorile fu approvato.
In particolare con il Disegno di legge presentato dal Ministro della Giustizia l’1 marzo 2002 n.2501, si è inteso intervenire su alcune disposizioni normative che si sono rivelate poco funzionali al meccanismo di trattamento e recupero del minore detenuto. Ad esempio ai sensi dell’art.24 del d.lvo 28 luglio 1989 n.272 , per i condannati ultradiciottenni e fino ai ventuno anni, per reati commessi da minorenni, oggi è prevista l’esecuzione della pena esclusivamente negli istituti per minorenni. Questo ha creato numerose situazioni di incompatibilità di trattamento tra soggetti minori di età e soggetti già maggiorenni, che presentano una maggiore strutturazione nelle condotte devianti e costituiscono spesso un modello imitativo per i minorenni, soprattutto nei casi in cui i giovani adulti abbiano già scontato un periodo di detenzione nelle carceri per adulti. A tal fine è stata proposta la possibilità per il giudice di valutare caso per caso, se proseguire l’esecuzione negli istituti per adulti o in quelle per i minori, tenuto conto della personalità del soggetto e delle esigenze trattamentali.
Per quanto riguarda la disciplina processuale, nel disegno di legge anzidetto, non è stata esente da critiche la proposta di modifica all’art.23 del DPR 448/88, per sanare una mera “svista” del legislatore che, all’indomani delle modifiche introdotte con la legge 128/2001, ha di fatti reso inapplicabile la custodia cautelare nei confronti del minorenne autore di furto in abitazione, quando la medesima risulta applicabile per reati ben meno gravi. Tali correttivi erano peraltro stati sollecitati sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte di Cassazione.
L’adeguamento del sistema degli interventi di giustizia previsti per far fronte al fenomeno della criminalità minorile richiede, pertanto, la possibilità di poter rivedere e riformulare la normativa, laddove non più rispondente alle esigenze operative del trattamento, ovvero non più idonea a porre in essere azioni di contrasto e contenimento efficaci alle esigenze sociali di recupero della marginalità e della devianza minorile e ciò ripropone, per diversi aspetti, l’attualità del disegno di legge proposto dal Ministro Castelli.
Sonia Viale
Avvocato
Vice Capo del Dipartimento per la giustizia minorile