Famiglie sempre unite, anzi no

La proposta di legge sull’affidamento condiviso ad entrambi i genitori in caso di separazione desta molte speranze ma altrettante preoccupazioni. “Rischia di aumentare i conflitti” la critica, “Garantisce continuità ai giovani” la replica

Articolato e profondo: così si può definire il dibattito sul progetto di legge n. 66 recante disposizioni in materia di affidamento condiviso che ha animato la mattinata del convegno “I nuovi genitori … dalla parte dei figli”. In particolare si sono confrontati sul tema l’onorevole Marcella Lucidi (DS), il magistrato Arrigo De Pauli e il presidente nazionale Onlus Papà Separati, Ernesto Emanuele, che hanno evidenziato i punti di forza e di debolezza della legge presentata in Parlamento dall’onorevole Paniz (Forza Italia).

Fortemente voluta dalle associazioni di padri separati, che rivendicano il loro diritto a non essere più ridotti al ruolo di “papà bancomat”, e da alcune associazioni femminili, che vi vedono uno strumento per costringere gli ex mariti a non sparire dalla vita dei figli, la legge ha suscitato e continua a suscitare accese discussioni e schieramenti bipartisan: molti, infatti, anche nella maggioranza, temono che una legge che obblighi ad andare d’accordo sia destinata a non funzionare.

Ma quali sono i fondamentali cambiamenti che porterà questa legge? Il punto principale è la rivoluzionaria affermazione del diritto-dovere alla bigenitorialità: entrambi i genitori, d’ora in poi, avranno il diritto di decidere su temi quali la scuola, la salute e l’educazione del figlio, sia che si tratti di scelte principali sia che si tratti di scelte riguardanti l’ordinaria gestione della vita del figlio.

Mentre fino ad oggi, insomma, vigeva il regime esclusivo, cioè la patria potestà spettava ad un solo genitore e l’affidamento congiunto veniva concesso solo se richiesto da entrambi e dunque volontario, il progetto di legge n. 66 introduce il regime condiviso, in base al quale l’affidamento spetta di regola ad entrambi i genitori ed un genitore può essere escluso solo se il contatto con lui può essere di pregiudizio per i figli.

Di più: se prima il genitore non affidatario aveva la facoltà e non l’obbligo di visitare il figlio con le nuove norme i genitori avranno l’obbligo di essere presenti e di partecipare alla vita del figlio.

Se prima i tempi delle visite erano rigidamente stabiliti fino a nuova sentenza ed erano previste pene severe, anche detentive, per eventuali ritardi nel rientro dal genitore affidatario, con il progetto di legge n. 66 i figli saranno liberi di vedere i genitori secondo le loro esigenze rinnovate senza sentenza.

Per quanto riguarda l’eventuale conflittualità tra genitori, si può dire che se prima essa era sufficiente per escludere un genitore dall’affidamento, anche se idoneo e incolpevole, ora interviene solo sul tipo di gestione.

Se i genitori, entrambi idonei, non sono in grado di collaborare, il giudice fissa preventivamente specifici ambiti di competenze per ciascuno, entro cui ha l’ultima parola in caso di disaccordo, rendendo possibile l’esercizio differenziato della potestà.

Il principale punto di forza della legge, ammesso da tutti, è che questa, per la prima volta, riconosce il principio della bigenitorialità: su questo punto non ci sono voci di dissenso.

Ernesto Emanuele, il presidente nazionale della Onlus Papà Separati e Famiglie Separate Cristiane, ricorda che la bigenitorialità è un principio di grande civiltà: se, infatti, la legge attuale esclude di fatto uno dei genitori dalla vita quotidiana di suo figlio, il padre, come afferma l’onorevole Paniz, non deve assolutamente sentirsi solo un ufficiale-pagatore.

Anche l’onorevole Marcella Lucidi, Segretario Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati, si esprime molto chiaramente. “Credo proprio che si possa chiedere – sostiene la Lucidi – che il diritto affermi espressamente la bigenitorialità come principio orientativo di ogni decisione da assumere. Va benissimo che si riconosca ai figli il diritto ad avere e mantenere rapporti continuativi e significativi con entrambi i genitori ed anche che si affermi che la responsabilità dei genitori verso i figli prosegue oltre lo scoglio della separazione, non viene meno, deve da ciascun genitore essere riconosciuta per sé e per l’altro”.

Ma la legge ha suscitato anche non pochi motivi di dissenso. Ci si domanda, in particolare, se non ci sia il rischio che l’obbligatorietà dell’affidamento congiunto possa generare un’accentuazione dei conflitti fra i genitori e possa pertanto avere anche ripercussioni negative sui figli. “L’esperienza ha reso evidente – sostiene al riguardo Arrigo De Pauli, magistrato, procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Trieste e presidente di Tribunale a Gorizia e a Trieste – che l’affidamento congiunto costituisce un’eccezione in un orizzonte altrimenti connotato da un’elevata conflittualità. Soltanto isole felici per radicati valori etici o per reciproco disinteresse hanno reso percorribile un percorso altrimenti insidioso, in quanto implicante una frequenza di contatti che potrebbe facilmente rinnovare alterchi e dissapori.

La riforma dell’affidamento si segnala per rigidità normativa, invasività dei giudici e dei mediatori, concezione adultocentrica (si impongono condotte ai genitori, mentre i minori restano sullo sfondo), così da suscitare problemi maggiori di quanti intende risolverne, in particolare moltiplicando le occasioni di contatto conflittuale nella coppia scoppiata”.

Affini le considerazioni dell’onorevole Marcella Lucidi che, affermata la necessità di un riequilibrio della legislazione sull’affidamento con l’affermazione del principio della bigenitorialità, si domanda se ne debba conseguire sempre l’affidamento condiviso dei figli. “In altre parole – si chiede l’onorevole – è sempre possibile concepire che su ogni scelta quotidiana relativa ai figli entrambi i genitori possano esercitare la loro potestà? Per ragionare di questo intendo partire dal principio del superiore interesse del minore, che considero una lente con la quale osservare e valutare la praticabilità concreta di qualsiasi regime di affidamento.

Qualsiasi regime di affidamento, infatti, può astrattamente servire più di un altro a garantire l’interesse del minore e può essere valido se risponde meglio di un altro a quell’interesse. Se ci sono stati casi in cui l’affidamento esclusivo rigidamente affermato e praticato ha, nei fatti, ostacolato se non ingiustamente escluso un genitore dalla vita di un figlio, ci sono stati sicuramente casi nei quali si è rivelato una buona scelta”.

La proposta, insomma, sarebbe quella di non sostituire alla rigida applicazione dell’affidamento esclusivo quella altrettanto rigida dell’affidamento congiunto ma piuttosto riconoscere che l’affidamento condiviso è una priorità da perseguire ove corrisponda all’interesse del figlio. “Non basta rispondere – continua Lucidi – che il testo attuale salvaguarda l’interesse del minore quando esclude l’affidamento condiviso ove sia di pregiudizio al minore. Dire che si vuole l’interesse del minore, infatti, non è lo stesso che dire di non volere il suo pregiudizio.

Dire di voler fare il bene non è lo stesso che dire di non voler fare il male”.

Per Ernesto Emanuele, invece, la solo eventuale accentuazione dei conflitti fra genitori costituirebbe uno problema assolutamente irrilevante rispetto all’indiscutibile miglioramento causato dall’introduzione del principio della bigenitorialità, principio fondamentale ed imprescindibile per ogni essere umano.

Opinioni differenti anche in merito all’estensione del disegno di legge n. 66 alle situazioni già coperte da sentenza. Emanuele sostiene che la legge debba essere applicata anche alle coppie che sono già separate, allineandosi sulle posizioni dei promotori che, in caso contrario, vedrebbero un violazione del principio di uguaglianza.

 Lucidi, invece, si domanda anche a questo proposito se si possano riaprire procedimenti a prescindere da una attenta analisi dell’interesse del minore: infatti, secondo lei, potrebbe prevalere una modifica normativa che recuperi alla vita di un figlio una figura genitoriale ingiustamente esclusa, ma potrebbe anche verificarsi il caso di una forzatura di circostanze concrete già valutate ed indagate  che avevano portato a scegliere, tra le varie forme di affidamento, quella ad un solo genitore come meglio rispondente all’interesse del minore.

 Martina Seleni (giornalista pubblicista)

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