Quel virus sintetico che ci avvicina alla creazione dell’uomo.

L’uomo sta raggiungendo le capacità del suo creatore. Oggi è in grado di costruire una vita diventando a sua volta il Dio di nuovi esseri ed in seguito il passaggio a forme di vita più complesse potrebbe essere solo formalità. Le notizie apparse recentemente sulla “costruzione” di virus in laboratorio spingono i nostri pensieri verso fantasie fantascientifiche che sconfinano con il soprannaturale. Già nel 2002 il mondo scientifico mondiale era stato messo in allarme da una notizia comparsa sulle prime pagine dei giornali americani che segnalava come un gruppo di ricercatori aveva assemblato in modo artificiale il virus della poliomelite. Un nuova forma di vita costruita ad immagine e somiglianza di quella già esistente; processo questo che è stato anche alla base della “creazione” di PhiX, un virus sintetico identico a quello naturale, uscito recentemente dai laboratori dell’università del Maryland.

Ma cosa si intende per essere vivente e cos’è un virus? La vita come noi la conosciamo esiste in funzione della replicazione dell’essere, cioè solo chi è in grado di generare una progenie può essere considerato un essere vivente. Ed è proprio l’essere vivi che permette all’organismo di potersi adattare alle mutazioni dell’ambiente. Il regno vegetale ed animale evolve perché figlia, quindi perché vive. Un vantaggio indiscutibile che ha però nella morte dei singoli organismi il rovescio della medaglia. Gli elementi del regno minerale invece sono statici, non si duplicano, non figliano, quindi non vivono e di conseguenza non muoiono. Una legge inderogabile alla quale però un piccolo essere non vivente riesce a sfuggire: il virus.  Questo ha la staticità del regno minerale, non muore e quindi non vive fino a quando non incontra un organismo superiore. Come i cristalli i virus rimangono inalterati nel tempo fino a quando il loro involucro entra in contatto con una  cellula animale o vegetale.  Quando questo avviene l’involucro spinge all’interno della cellula ospite  un piccolo codice genetico. Il virus quindi muore perché si priva dell’unica molecola che possiede, ma con questa operazione costringerà la cellula “infettata” a costruire nuovi virus che in seguito la uccideranno per uscire.

L’importanza dei metodi che da circa un anno vengono messi appunto per la sintesi artificiale di virus è dovuta al fatto che nulla di naturale viene utilizzato per il loro assemblaggio. Fino ad ora per creare un virus in laboratorio si introduceva in cellule animali o batteriche una sequenza di geni virali e si aspettava che la cellula costruisse nuovi virus. Oggi invece non abbiamo più bisogno di una mamma-cellula per fare questo, siamo in grado in laboratorio di costruire le scatole di contenimento e di introdurre all’interno i codici genetici che vogliamo senza utilizzare la sintesi proteica della cellula.

Questo ci permette virtualmente di ottenere qualsiasi tipo di virus, ma se l’involucro che costruiamo non ha la forma esatta per attaccarsi alla superficie della cellula che vogliamo “colpire”  la nostra costruzione sarà molto più simile ad un minuscolo sassolino che ad una piccola forma di vita. Infatti se il virus sintetizzato non sarà in grado di attaccarsi ad una parete cellulare non potrà duplicarsi e quindi non potrà vivere.

Le potenzialità di queste tecniche in campo medico sono molteplici, all’interno di virus artificiali, opportunamente costruiti per attaccarsi, e quindi infettare cellule bersaglio, possono essere inseriti i codici genetici mancanti o terapeutici necessari alla cura di varie malattie. La difficoltà attuale è quella però di costruire degli involucri capienti e capaci di poter interagire con le pareti cellulari umane ma diversi da quelli naturali già esistenti. Prospettive affascinanti che stanno suscitando l’interesse del governo statunitense e l’inquietudine di scienziati che vedono i finanziamenti a queste ricerche un trampolino di lancio verso nuove strategie terapeutiche ma anche verso nuove strategie militari.

Quello che l’uomo sta costruendo nei laboratori è quindi molto più simile ad una costruzione di “meccano” che ad una nuova forma di vita.  L’uomo non è un Dio e prima di tutto deve imparare il rispetto, poi assumere l’umiltà e la conoscenza dei processi naturali tenendo ben presente le conseguenze di quello che può accadere continuando a giocare a fare il Dio.

Massimiliano Fanni Canelles

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